Please activate JavaScript!
Please install Adobe Flash Player, click here for download

implants - international magazine of oral implantology No.2, 2017

special _ emostasi sanguinamenti che si verificano in ambito chirurgi- co possono essere provocati da un qualsiasi difetto emostatico, ma generalmente sono imputabili a una inefficace emostasi locale. I procedimenti utilizzati di routine in chirurgia a scopo emostatico sono classificabili in: 1_ chimici: alcol, cianocrilati e cellulose; 2_ meccanici: compressioni, legature/suture, clips, staples, cellulose, bisturi, ultrasuoni e water-jet; 3_ termici: laser, microonde, infrarossi, criote- rapia e radiofrequenza. Tuttavia, questi sistemi potrebbero non essere sufficienti per ottenere una buona emostasi pro- vocando, al tempo stesso, danni tissutali. La ricer- ca di materiali che accelerino l’emostasi a livello dei tessuti lesi, in corso di intervento chirurgico, può, a tal proposito, rappresentare un efficace rimedio per limitare le perdite ematiche peri-operatorie e, di con- seguenza, ridurre la morbilità indotta dall’accumulo di sangue o di altri fluidi nei tessuti limitrofi. _I biomateriali I biomateriali rappresentano oggi la risposta a questa problematica. Essi infatti riparano i tessuti lesionati e contemporaneamente arrestano il san- guinamento. La ricerca di collanti naturali che imi- tassero i processi fisiologici dell’emostasi, in caso di lesioni tissutali, ha sempre affascinato e stimolato i ricercatori nel corso dei secoli. Nel 1905 Morowitz aveva dimostrato che il meccanismo fondamentale della coagulazione è rappresentato dalla trasforma- zione del fibrinogeno in fibrina a opera della trombi- na; ma fu solo negli anni Quaranta, grazie agli studi sperimentali di Young e Medawar sull’uso della fibri- na, del fibrinogeno e della trombina per l’anastomosi di nervi periferici e il fissaggio di innesti cutanei in alternativa alla sutura, che le proprietà collanti della fibrina vennero puntualizzate2-3. La scoperta del fat- tore XIII di stabilizzazione della coagulazione (di Laki e Lorand, 1948) e il suo isolamento da parte di Loewy nel 1961 diedero nuovo impulso all’idea di utilizzare il fibrinogeno quale collante naturale. Trascorse tut- tavia un altro decennio prima che venisse realizza- ta una colla di fibrina umana trattata con moderni mezzi di crioprecipitazione e liofilizzazione e di ve- derla utilizzare con successo da Matras e Kudema per la sutura di nervi periferici prima su animali da esperimento (1972) e poi sull’uomo (1975). In quello stesso periodo venivano sintetizzati nuovi materiali definiti cianoacrilati dal notevole po- tere collante, ma con il grave limite di essere poco elastici, non riassorbibili se non addirittura istotos- sici; pertanto furono quasi subito abbandonati. La colla di fibrina, invece, ha visto ampliarsi nel tempo il campo delle sue applicazioni in virtù dei fonda- mentali requisiti di totale biocompatibilità e di atos- sicità. Per biocompatibilità si intende la capacità di un biomateriale di interagire favorevolmente con il tessuto con cui viene a contatto. Oltre a valutare la biocompatibilità, è necessario stabilire la resistenza del materiale al processo di degradazione, gli effet- ti che esso ha sui tessuti, la sicurezza biologica, le caratteristiche chimico-fisiche e le proprietà mec- caniche, nonché la sterilità, l’assenza di capacità immunogena e di reazioni da corpo estraneo. I bio- materiali possono essere di origine biologica (emo- derivati come le colle di fibrina), naturale (collagene, osso, cute) o sintetica (polimeri di varie sostanze con composizione chimica e configurazione fisica dif- ferenti). Attualmente i biomateriali vengono impie- gati in chirurgia per sostituire i tessuti, farne aderire lembi e favorirne la cicatrizzazione, come sigillanti (il sigillante è utilizzato per prevenire la fuoriuscita di liquidi, gas o solidi; lo si può applicare sulle superfici tissutali asciutte o clampate per creare una barrie- ra al flusso ematico) ed emostatici (un emostatico viene utilizzato per bloccare l’emorragia; lo si può applicare direttamente sul punto dell’emorragia e agisce in presenza di sangue che scorre attivamen- te). I biomateriali, rispondendo alle caratteristiche basilari di bioriassorbimento, biodegradazione e bio- funzionalità, una volta inseriti nell’organismo sono in grado di assolvere alla loro determinata funzione garantendo nello stesso tempo la naturale dissolu- zione attraverso attività biologiche; ovviamente, dif- ferenti indicazioni orienteranno la scelta di specifici biomateriali con determinate caratteristiche. Prima di esporre nei dettagli i mezzi di supporto farmaco- logico per l’emostasi chirurgica è opportuno esporre il concetto generale di questi prodotti. Essi sono co- stituiti da vari tipi di combinazione di agenti dotati delle seguenti azioni: materiale “collante”, destinato ad assicurare l’emostasi e a “sigillare” la breccia tis- sutale; materiale “di riempimento”, destinato a occu- pare spazio, concettualmente si tratta di un effetto di “tamponamento”; materiale di “impalcatura” che ha lo scopo di solidarizzare il tessuto leso, mantenere il materiale collante a contatto con la ferita e impe- dirne la dispersione, permettere la azione di “sigillo” della breccia tessutale, fornire uno “scheletro” per il processo di riparazione tessutale. I collanti/adesivi sono utilizzati al fine di uni- re organi, strutture e tessuti. Il materiale “collante” comprende colle sintetiche e materiale di origine biologica; la colla biologicamente più efficace è la fibrina, prodotto finale della coagulazione del san- gue. La fibrina è un mezzo eccellente per ottenere l’emostasi chirurgica in quanto ha una forte azione adesiva, un forte potere emostatico (Y formazione del coagulo), innesca la coagulazione endogena e il suo uso sfrutta meccanismi del tutto fisiologici. Per funzionare, la fibrina deve formarsi in loco, e per- 16 2_2017

Sito