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implants - international magazine of oral implantology No.1, 2017

1_2017 44 l’intervista _ Protesi avvitata zione ossea, operando nuovamente mediante pre- lievo dalla cresta iliaca e innesto in blocco di osso autologo. Rimaneva l’unico modo per essere pre- dicibili, al fine di poter arrivare a una riabilitazione implanto-protesica in tempi relativamente brevi e che potesse offrire un’adeguata soluzione estetica. Quest’ultima doveva coinvolgere sia gli elementi dentali sia le labbra e i tessuti molli periorali. _Quali alternative avrebbe avuto a tale procedura? Prof. Di Stefano – È stato spiegato alla pazien- te che, data la morfologia e l’entità del difetto, la predicibilità di risultato offerto da tecniche alter- native quali la GBR, con l’utilizzo di soli innesti eterologhi o anche miscele, non sarebbe stata sufficiente a motivare il reintervento, la prognosi sarebbe stata comunque incerta e i tempi decisa- mente lunghi. Abbiamo spiegato che ci saremmo avvalsi di membrane e osso eterologo come nelle procedure di GBR, ma solo al fine di ottimizzare il risultato dell’innesto autologo. _È stato difficile convincere la paziente a effettuare un nuovo prelievo di cresta iliaca? Dott. Greco – La paziente, data la relativa gio- vane età e la localizzazione nel sestante estetico di questo grave difetto, ha manifestato grande motivazione e in accordo con il marito ha fornito di buon grado il suo consenso a procedere come propostole. Erano stati inviati da un collega che aveva una grande stima nell’esperienza ventenna- le del prof. Di Stefano negli innesti ossei. Hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale un dialogo sereno e i mezzi comunicativi di cui dispo- nevamo: in primo luogo le immagini 3D dell’esame Cone Beam, attraverso le quali il prof. Di Stefa- no ha spiegato con grande chiarezza le modalità operative, e poi la visione della documentazione fotografica di casi clinici analoghi trattati da noi in precedenza. _Nella comunicazione con il paziente, tra- smettete molta tranquillità. È una prerogati- va di tutto il team? Prof. Di Stefano – Sicuramente sì! È fonda- mentale per noi avere un atteggiamento pacato verso il paziente, che si sente così sereno e pro- tetto nel suo percorso. Attraverso la tranquillità passa un messaggio di competenza, consapevo- lezza dei nostri atti e certezza dei risultati. Questa tranquillità precipita scaturisce dalla “forza del team”, che si caratterizza per la sua guida, per la consapevole preparazione e per un’armonia inter- na senza esclusioni. Fin dagli anni Novanta ho cre- duto in questo tipo di approccio, fatto di qualità reale senza trascurare opportunamente il modo di trasmetterla. Negli anni sono cambiate tante cose e potremmo affrontarle magari in un momento dedicato, ma penso di non aver mai perso il senso delle cose e dei mutamenti. Senza però scendere a compromessi qualitativi. Questa è la vera difficol- tà. Un grande aiuto in questo mi è stato dato dal dott. Greco in quest’ultimo decennio. Con qualche anno in meno, il suo stimolo e la grande prepa- razione protesica hanno fatto sì che si creasse il giusto mix sinergico. _Quindi oltre alla ricerca e alla clinica questo modo di operare e più in generale il management dello studio, la comunicazione con il paziente diventano armi vincenti? Prof. Di Stefano – Le riflessioni sulla qualità percepita dal paziente sono oggi più che mai ne- cessarie per poter lavorare. Dobbiamo anche pen- sare a come una realtà odontoiatrica con certe

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