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implants - international magazine of oral implantology No.1, 2017

41 1_2017 l’intervista _ Protesi cementata _Perché è stata scelta una protesi ce- mentata? Innanzitutto, perché le soluzioni cemen- tate forniscono senz’ombra di dubbio mi- gliori performance in termini di resa estetica rispetto a quelle di tipo avvitato. Aggiungo che i dati a nostra disposizione secondo la mi- gliore evidenza scientifica dimostrano che le soluzioni implanto-protesiche avvitate siano maggiormente associate a problemi di natura meccanica e/o tecnica, in primis fratture del rivestimento estetico. Le protesi cementate sono invece maggiormente a rischio di com- plicazioni biologiche (mucosite, perimplanti- te) che sono correlate a una predisposizione individuale e comunque da valutare conte- stualmente a altri fattori di rischio (tabagismo, standard di igiene domiciliare e compliance a quella professionale). Dato il basso profilo di rischio biologico posseduto dalla paziente, e da quanto sopra detto, la soluzione cementata è risultata essere la diretta conseguenza del processo logico decisionale. _Il caso è stato risolto utilizzando tec- niche odontoiatriche interdisciplinari (en- dodonzia, ortodonzia, chirurgia, implan- tologia, protesi, tecniche digitali quali il CAD/CAM). Chi ha svolto il ruolo di guida? Il protesista, il chirurgo o l’ortodontista? La protesi costituisce sempre l’elemento chiave in un percorso terapeutico riabilitati- vo e/o restaurativo. Questo è particolarmen- te vero nei settori a elevata valenza estetica come nel caso presentato. Essa rappresenta il progetto finale; tutte le altre discipline sono importanti per poterne conseguire la realizza- zione ed entrano in gioco a seconda delle pro- blematiche che si presentano di volta in volta. _Quali devono essere le capacità dell’o- peratore e del team per affrontare con queste tecniche i piani di trattamento? Il successo di un trattamento interdisci- plinare implica innanzitutto la presenza di più operatori con diverse competenze specialisti- che e tra queste una figura che funga da co- ordinatore. Inoltre, è fondamentale che ogni componente del team sia consapevole delle conseguenze in positivo e in negativo sulle fasi cronologicamente successive a quella di cui è responsabile. Pertanto, al verificarsi di imprevi- sti clinici – sempre frequenti nei casi complessi – deve immediatamente informare gli altri e il piano di trattamento dovrebbe essere ridiscus- so in modo collegiale e debitamente modificato. Si può capire quindi come il lavoro interdiscipli- nare non sottintenda solo capacità tecniche/cli- niche, ma sia anche sinonimo di responsabilità, versatilità, prontezza di comunicazione. _Dott. Carmignani, lei opera in un am- bulatorio odontoiatrico multidisciplinare. Lei stesso ha un’esperienza formativa, di clinica e di insegnamento in differenti di- scipline. In particolare abbiamo letto che si occupa di gnatologia. Quanto è impor- tante una formazione multispecialistica per la risoluzione di questi casi? Importantissimo direi. La bocca, oltre le al- tre funzioni note, è l’apparato cui è preposta la gestione dello stress psichico che ciascuno di noi vive. Attraverso il serramento e il bru- xismo scarichiamo il nostro sistema limbico. Il problema è che l’intensità delle forze che noi applichiamo sulle nostre arcate dentarie è drammaticamente aumentata rispetto al pas- sato, parallelamente allo stress e alle tensioni emotive che viviamo. È pertanto necessario

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