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Dental Tribune Italian Edition No. 9, 2016

44 Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2016 Se si consulta il vocabolario Treccani, alla voce “fiducia”, ecco cosa si trova: «Atteggiamento verso altri o verso se stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, rela- zioni per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquil- lità». E se penso alla parola fiducia, immediatamente mi viene in mente una pubblicità di quando ero bambina – esisteva ancora Carosello – in cui uno slogan recitava: «La fiducia è una cosa seria». Certo che lo è. Ma è altrettanto certo che costruire un rapporto di fiducia non è semplice: richiede tempo, impegno, attenzione, sincerità, capacità di mettersi in discussione. Al congresso dell’International College of Dentists, tenutosi dal 30 giugno al 2 luglio a Milano, la parola fiducia ha fatto da sfon- do alle relazioni di Paolo Tarantino, ex comandante delle Frec- ce Tricolori; Sergio Borra, CEO di Dale Carnegie Italia; Cristina Brondoni, criminologa e giornalista forense. E allora, con chi confrontarsi sull’importanza della fiducia nel- la professione odontoiatrica, se non con il professor Mauro La- banca, che di quell’evento è stato l’ispirato organizzatore? A lui chiedo di contestualizzare la fiducia nel rapporto con il paziente, con i collaboratori e con i colleghi, con la comunità scientifica. E come sia possibile far sì che tali rapporti siano im- prontati alla responsabilità nei confronti di se stessi e degli al- tri e non solo a un operato svolto in funzione di un compenso, seppure giusto e dovuto. M.L. – Inizio a rispondere ampliando il contesto: è innegabile il fatto che oggi la professione odontoiatrica sia in sofferenza. È quindi fondamentale riportare l’attenzione sul valore della no- stra professionalità. Troppo spesso noi stessi ci sentiamo medici di serie B rispetto alle altre figure mediche. E questa è anche la percezione che la comunità medica e i pazienti hanno di noi. La responsabilità è nostra. Abbiamo perso fiducia nella nostra pro- fessionalità, invece di essere i primi a dimostrare che essa non ha nulla da invidiare alle altre figure mediche. Non ci impegniamo a sufficienza nel far capire ai pazienti quali sono i valori importan- ti che determinano la scelta di un odontoiatra rispetto a un altro. Sviliamo la nostra identità ogniqualvolta portiamo il nostro operato a un aspetto puramente operativo. Ogniqualvolta la visita non è più un atto medico, bensì l’elaborazione di un pre- ventivo. Ogniqualvolta un nostro intervento altro non è che una prestazione meccanica. Quando sulla poltrona ho un paziente che piange dal male, devo anche essere in grado di astenermi da un operato, se non sono convinto di quello che c’è da fare. Devo avere l’umiltà e il senso di responsabilità di confrontarmi con al- tre figure mediche. Capire che, a volte, la diagnosi corretta è il momento più alto e importante, e non tutto si risolve necessaria- mente strappando un dente o devitalizzandolo, se questo non è la causa del problema. Il non essere disposti a fare questo comporta lo svilimento della professione, comporta il fatto che non sei più un medico alla pari degli altri e comporta il fatto che il paziente non ti riconosca più come tale. Quindi, in questa situazione, risulta giustificato il fatto che il paziente pensi «ma perché spendere di più per una pulizia dei denti? Tanto, se la qualità è la stessa e la professionalità è la stes- sa, allora vado nel low cost sotto casa, dove magari me la fanno anche gratis». E se il paziente non viene più nel nostro studio e si ri- volge a questi centri (che in realtà, a conti fatti, sono tutt’altro che a basso costo), siamo sicuri che non abbia fatto questa scelta perché ha percepito che in fin dei conti la qualità delle nostre prestazioni non è superiore? Non è che nell’ot- tica del risparmio siamo scesi a compromessi con la qualità dei nostri servizi? Aggiungo anche un altro elemento: quanti sono i professionisti che si aggiorna- no, che partecipano ai congressi, che consultano la letteratura internazionale? Ci preoccupiamo solo del numero dei crediti ac- quisiti, senza interrogarci se siamo veramente aggiornati sullo stato dell’arte della professione. L’aggiornamento è questione di etica, professionalità, onestà intellettuale. L’aggiornamento deve essere vissuto come un’apertura mentale che ci deve portare all’interdisciplinarità – e non come un obbligo sancito dall’otte- nimento di crediti. Percepisco in questa risposta una fiducia tradita: la fiducia dell’odontoiatra nei confronti della propria categoria e della propria capacità di rappresentare una realtà di valore sul mer- cato. Esprimo questa mia sensazione al professor Labanca che, sorridendo, annuisce e dice: «È proprio così». Proseguo allora con un’altra domanda: «Se – come è normale che sia – il pazien- te non ha competenze specifiche, come fa a capire se un odon- toiatra è meglio di un altro? Come fa a decidere di chi fidarsi per la propria salute orale?». – L’elemento che fa la differenza è la reputazione, costruita sul- la fiducia che genera il passaparola. Non bisogna affidarsi al marketing – che è certamente importante, ma che è acquista- bile – bensì alla reputazione. La presenza sul territorio, la storicità, la reputazione non si comprano. Possono essere supporta- te da azioni di marketing e comunicazione. Ma le fondamenta devono essere ben salde. Partendo dal nulla, posso anche iniziare a sviluppare una strategia di marketing per mettermi in evidenza. Tecnicamente, questo è possibile, ma non mi accredita automati- camente come professionista di riferimento. Se devi portare la tua macchina dal mecca- nico, la porti dal professionista che è presen- te da vent’anni con la sua officina o la porti da uno che oggi c’è e domani magari chiu- de? Sicuramente la porti da un meccanico di cui ti puoi fidare. Quindi: a chi affidi la tua salute? L’affidi a un centro che ha aperto da poco e che magari domani chiude per una pura logica imprenditoriale, di cui non sai nulla, che non sai da chi è gestito, non sai nulla dei medici che ti cureranno, o ti affidi a un professionista di riferimento, presente sul territorio da tanti anni, con una reputazione consolidata anche dal passaparola? E anche i giovani dovrebbero pensare a questo, non al facile e im- mediato guadagno: pensino a costruire il proprio futuro, non ad avere subito in tasca dei soldi. Chi come me viene dalla chirurgia generale sa cosa significa la gavetta, intesa come anni spesi ad acquisire competenze e a rubare il mestiere. Oggi, chi si presenta in studio da noi più anziani non pensa alla grande opportuni- tà di crescita che potrebbe avere, ma a quanto portare a casa la sera. Non sempre, certo, ma troppo spesso accade. Ecco che allora ritorna il valore della fiducia: su di essa, infatti, si basa il passaparola. Chiedo allora al professor Labanca come, nel suo studio, si costruisca il rapporto di fiducia che porterà poi il paziente a ritornare e a consigliare lo studio ad amici e parenti. – Prima di ogni cosa: mi preoccupo sinceramente delle esigenze del mio paziente. Lo ascolto per capire cosa vuole realmente da me. Credo che l’elemento fondamentale sia questo. Troppe volte noi ci limitiamo a trovare la risposta tecnica: vedo che al pazien- te manca un molare, allora gli metto l’impianto; magari invece il suo cruccio principale è il diastema sui centrali. Certo, ho risolto il problema dell’edentulia, ma non ho soddisfatto il paziente. Se io non lo ascolto e non capisco, non riesco a risolvere completa- mente il suo problema. L’ascolto e l’interesse sincero nei confronti del tuo paziente sono fatti di tante cose: la telefonata dopo un trattamento particolar- mente fastidioso; il preoccuparsi in maniera non redditizia, ma sincera e onesta; il far vedere che sei disposto ad affrontare tu dei disagi per andare incontro alle esigenze reali del paziente. Il paziente deve percepire che realmente sto facendo qualcosa per lui. Questo genera automaticamente fiducia nei miei confronti. Se sono sinceramente interessato al mio paziente, lui si fiderà di me, perché sarà sicuro che sceglierò insieme a lui il trattamento più indicato. L’altro elemento importante è investire nella propria professione. Far capire al paziente che fai questo lavoro perché ci credi, che sai quello che fai perché ti impegni nella tua formazione e nel- la specializzazione, facendo vedere che investi in nuovi prodotti realmente utili. E poi c’è il lavorare in team. Il nostro è un lavoro difficile, di alta professionalità, che necessita di un team affiatato. Bisogna aver voglia di essere costanti nel fare riunioni con il personale, nel ret- tificare e correggere laddove necessario, nel motivare al lavoro di squadra. Anche in questo caso, bisogna instaurare con i propri collaboratori un rapporto di fiducia reciproca. Per determinati trattamenti, mi avvalgo della collaborazione di altri professionisti. Il confrontarmi costantemente con loro mi permette anche di essere sicuro che siano sempre aggiornati e competenti e che il paziente venga trattato esattamente come se lo facessi io in prima persona. Il paziente riesce a percepire tutto questo? – Sì, soprattutto perché io comunque sono presente. Quando un mio paziente sta eseguendo una seduta di igiene orale, comun- que passo a salutare, chiedo all’igienista come sta andando e chiedo al paziente se è tutto a posto. Mi informo sullo stato del trattamento e sul fatto che il paziente sia soddisfatto. Valorizzo, di fronte al paziente, la professionalità di chi ha fatto il tratta- mento. Questo porta a valorizzare il team, a far sì che il team lo percepisca e porta il paziente ad aver fiducia nel fatto di esser- si affidato a un professionista serio e competente. Tutto questo perché il paziente che suona il campanello del mio studio si sta rivolgendo a me, ha scelto me come riferimento per la sua salute orale. Il paziente si aspetta che sia io a prendermi cura di lui, co- adiuvato da altri professionisti che condividono con me i valori fondamentali del nostro lavoro. È lo stesso discorso che facevamo all’inizio: se il paziente non avverte che c’è un reale interesse per la sua salute, allora sceglie- rà di andare dove costa meno o dove è più comodo per il par- cheggio. Ma la comodità non è certamente una caratteristica di valore se ho un problema. Il nostro compito, quindi, è quello di aiutare il paziente a dare un valore alla propria condizione fisica, a essere consapevole del fatto che anche la bocca è un organo del proprio corpo e come tale bisogna affidarlo a uno specialista, che si occuperà di tale organo nel modo più corretto e specifico. A questo punto, dopo aver parlato dell’importanza del lavoro in team e del rapporto di fiducia che si deve instaurare tra i collaboratori, vorrei chiedere al professor Labanca se, nella sua esperienza di relatore e organizzatore di eventi, ritrova questi concetti anche nell’organizzazione di un congresso e nella scel- ta dei relatori. Ma il tempo a mia disposizione è finito. Mi tengo questa domanda per la prossima volta. Cristina M. Rodighiero L’Intervista Mi fido di te La fiducia come valore della professione

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