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Implant Tribune Italian Edition No.2, 2016

16 Implant Tribune Italian Edition - Maggio 2016 L’Opinione C’era una volta un dentista Marco Mozzati Leggendo il titolo di questo mio con- tributo si può intuire da quanti anni io viva nel mondo dell’odontoiatria. Un mondocheoggihodecisodiosservare dall’esterno, in modo critico, al fine di comprendere meglio i cambiamenti che l’hanno coinvolto. Consapevole di quanto tutto si sia modificato, e fa- cendo una proiezione in un prossimo futuro, ho la conferma che abbiamo appena varcato la soglia di una vera rivoluzione. Rivoluzione che ha colpito tuttiicampidelnostrolavoro. Chi ha accumulato almeno vent’an- ni di esperienza e si volta indietro, si rende conto che del vecchio studio odontoiatricononrestapiùnulla.Sono cambiati il lavoro, le regole, le tasse, il rapporto con i dipendenti e soprattut- to il rapporto con i pazienti. Questa mia non vuole essere una memoria nostalgica di quello che era, ma un’os- servazione critica per comprendere meglioquellochesarà. La certezza assoluta è che se pensiamo di continuare a fare i dentisti come una volta, probabilmente molto pre- sto incorreremo in grosse difficoltà sia di carattere gestionale sia di carattere economico. Pensiamo solo a come il medico abbia subito un cambiamento di immagine. In poco meno di dieci annilafiguraprofessionaledelmedico èstataridimensionata,messaalcentro della critica dall’opinione pubblica, sminuitanellasuarealeimportanza. I giornali, la televisione, e i media in genere, hanno ripetutamente messo in evidenza solo eventi negativi, co- struendounveroepropriomonumen- to della “malasanità” a discapito di tut- to quello che di buono ha prodotto la classemedicaitaliana.Lagentesilascia condizionaredallenotizie,dalledisgra- zieedatuttociòcheènegativo. Se oggi la figura del medico è in crisi, pensiamo come può essere quella del dentista che da sempre è considerato un medico di serie B. Queste riflessio- ni sono importanti per comprendere meglio quanto il rapporto tra medico e paziente sia cambiato. Siamo passati da uno strapotere del medico a disca- pito del paziente, a un paziente che non riconosce più l’importanza della figura del medico. Quando all’inizio della mia carriera professionale facevo esperienza in un importante studio di Torino, i pazienti che vi afferivano era- nototalmentedevotiallastrutturaeal loro capo, che aveva potere decisionale assoluto sul loro tempo e sulla salute dellalorobocca.Esistevailconcettodel- lafidelizzazionedituttalafamigliache, insieme ai beni comuni, tramandava anche il dentista. Generazioni intere avevano come denominatore comune un professionista di cui si fidavano. Le attese erano enormi, anzi, era uso sup- porre che più attendevi per una visita, più ildentista era bravo.Lavisita molto spesso era a senso unico, cioè il pazien- te poneva un quesito, quindi apriva la bocca per la visita e subito dopo il me- dico pronunciava un verdetto che qua- si sempre era unico e incontestabile. Su queste basi ho costruito la mia profes- sionalità iniziale, cercando di acquisire quel carisma nei confronti del paziente chemiavrebberesolastradaindiscesa. Per molti anni le cose hanno funzio- nato esattamente così. Non esisteva la concorrenza, si avevano pochissime contestazioni e il rapporto medico- paziente era molto confidenziale sen- za mai superare più del dovuto questa barriera professionale di rispetto verso lacategoriadeimedici.Unodegliobiet- tivi primari per un paziente era pro- prio quello di raggiungere quel grado di confidenza che gli avrebbe permes- so di superare un po’ quella barriera esistente fra medico e paziente e che avrebbe reso il rapporto sempre più famigliare. La fidelizzazione era la fase successiva: se riuscivi a garantirti la fi- ducia del soggetto dominante di una famiglia, automaticamente acquisivi tutti i suoi componenti. La domanda che sorge spontanea adesso è: quanto la qualità del lavoro era importante? Domanda molto crudele, ma neces- saria. Direi molto meno di quanto lo sia ora. Infatti, quello che il paziente ricercava era sicuramente un buon esitodellecure,associatoperòallacon- sapevolezza che non necessariamente questefosserolemigliori. > > pagina 17

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