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Dental Tribune Italian Edition No. 3, 2016

8 Ortho Tribune Italian Edition - Marzo 2016 Case Report L’implantologia come ancoraggio ortodontico: caso clinico P. Borelli*, U. Marchesi**, F. Fava*** *Odontoiatra libero professionista in Torino **Odontoiatra, libero professionista in Pavia ***Odontoiatra specialista in ortodonzia, libero professionista in Torino Introduzione L’odontoiatria “monoprofessionale” sta cedendo sempre più il passo a quella specialistica e multidiscipli- nare1 . Accade infatti, con una certa frequenza, che i piani di trattamen- to, sopratutto nei casi complessi, vengano discussi e sviluppati in si- nergia tra molteplici figure profes- sionali, operanti nelle diverse bran- che dell’odontoiatria2 , per garantire al paziente una riabilitazione mag- giormente conservativa. L’evoluzione delle tecniche chirur- giche e dei materiali dedicati all’im- plantoprotesi ha fatto dell’implan- tologia una risorsa non solo per il protesista, ma anche per l’orto- dontista, che può utilizzare gli im- pianti come ancoraggio per i suoi movimenti. Infatti, molti pazienti adulti si rivolgono all’ortodontista per migliorare l’estetica del loro sor- riso, pur in presenza di occlusioni mutilate; nondimeno l’approccio delle riabilitazioni implantoprote- siche richiede sovente preparazioni ortodontiche preliminari al fine di semplificare le procedure chirurgi- che e ridurne l’impatto biologico2 , rendendo di fatto necessario il rap- porto di collaborazione tra protesi- sta e ortodontista. Nell’ambito dei piani di cura ortodontico-implanta- ri, gli ortodontisti si trovano così di fronte a una soluzione alternativa: sfruttare come ancoraggio eventua- li impianti presenti, in modo da po- ter preparare le arcate con notevole risparmio dei tessuti dentari. Gli impianti, fornendo stabilità as- soluta, consentono di realizzare con facilità anche movimenti quali in- trusioni, estrusioni, mesializzazioni o distalizzazioni, anche nei casi in cui l’ancoraggio dentale risultereb- be critico3,4 . Scopo di questo articolo è mostrare, attraverso vari passaggi di un caso esemplificativo, i vantaggi dell’ap- proccio riabilitativo combinato. Caso clinico Paziente di anni 80, V.G., si rivolge presso il nostro studio presentan- do una perdita del tessuto dentario duro, con difficoltà sempre più inci- pienti nella masticazione. All’esame obiettivo appare evidente lo sta- to di usura degli elementi dentari presenti, la mancanza di supporto posteriore e una malocclusione ca- ratterizza da rapporti tendenti alla terza classe scheletrica, senza dub- bio accentuati dall’autorotazione mandibolare conseguente alla per- dita di numerosi elementi dei set- tori posteriori. Viene eseguita una radiografia ortopantomografica (Fig. 1) dalla quale non risaltano par- ticolari problematiche. Il sondaggio Fig. 1 - Opt iniziale. Figg. 2-4 - Teleradiografie in posizione altero-laterale e postero-anteriore e tracciato cefalometrico. Fig. 5 - Visione occlusale della cresta edentula preoperatoria. Figg. 8, 9 - Fasi dell’inserimento manuale degli impianti; impianto 3.3 per 11.5 nel sito 2.4 e 3.75 x 11.5 nel sito 2.5. Figg. 11-13 - Foto intraorali: visione frontale e laterali del paziente a bocca chiusa. Si notino le grosse abrasioni dentali e il morso incrociato e l’assenza di spazio protesico per una corretta riabilitazione. Fig. 6 - Foto frontale del paziente sorridente. Fig. 7 - Osteotomia preimplantare effettua- ta con frese stoppate. Fig.10-VisioneocclusaledellasuturainPTFE(Ptfe4/0omnia). parodontale evidenzia la salute de- gli elementi residui. Il signor V.G. rifiuta qualsiasi tipo di riabilitazio- ne rimovibile e opta per una solu- zione fissa, rendendosi disponibile a una terapia ortodontica prepara- toria. Vengono quindi prescritte le teleradiografie e viene preparato lo studio del caso (Figg. 2-4). L’obiettivo della terapia ortodontica è quella di preparare gli elementi dentari alla terapia protesica, risolvendo il cross sull’elemento 2.3 (Fig. 5). Si decide per l’inserimento in posizione 2.4 di un impianto SPI 3.3 x 11.5 (Alpha-Bio Tec, Israele) e in posizione 2.5 di un impianto SPI 3.75 x 11.5 (Alpha-Bio Tec, Israele) (Figg. 7-10). Si attendono 3 mesi per l’integra- zione ossea degli stessi (Figg. 11-16), che vengono protesizzati provvi- soriamente con delle corone avvi- tate. Si opta per corone transmu- cose, in quanto la connessione è più rigida e non c’è rischio di de- cementazioni. I provvisori sono avvitati a 30 nw con chiavetta di- namometrica. > > pagina 9

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