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Dental Tribune Italian Edition

15Dental Tribune Italian Edition - Gennaio 2016 L’architetto Per fruire in modo ottimale di spazio nello studio occorre il connubio tra funzionalità, praticità, “spazialità” ed estetica Uno dei punti più critici nella ge- stione e vivibilità dello studio, non- ché parametro di migliore qualità lavorativa, è la fruibilità ottimale dello spazio nell’unità immobiliare. Si ottiene grazie al perfetto connu- bio tra funzionalità, praticità, orga- nizzazione degli spazi e, perché no, anche con un occhio all’estetica. Oramai non si può più puntare sull’avere stanze diversificate per tipologia di prestazione medico professionale e locali di servizio (ri- postigli, archivio, stoccaggio mate- riali, ecc.), perché da un lato sempre più spesso si ha il fenomeno della condivisione degli ambienti tra di- verse figure medicali, competenze e differenziate lavorazioni che spesso si alternano nella stessa giornata, dall’altro il panorama architettoni- co disponibile e la nuova realtà so- ciale non consentono più né acqui- sto né affitto di unità immobiliari di grande taglio (oltre i 100 mq). Anzi, in questo caso l’offerta disponibile è di appartamenti medio piccoli (50/60 mq) di un’edilizia vecchia, incapace di soddisfare appieno le necessità fruitive dello studio (che rimane con spazi inutilizzabili o non sfruttati a dovere: corridoi, nicchie, angoli ciechi). Un altro aspetto importante nella vita dello studio è quando occorra adeguare lo spazio a nuove esigen- ze lavorative, problema cui si può rimediare (anche se a volte solo in parte) con un intervento invasivo di ristrutturazione strutturale in toto. Ma se ciò non può accadere, per diversi motivi, i problemi fun- zionali rimangono e con il passar del tempo si acuiscono. Una soluzione flessibile e pratica è utilizzare “elementi attrezzati”. Questi posso essere semplici “con- tenitori” studiati ad hoc per usu- fruire al meglio gli spazi (angoli ciechi, nicchie, ripostigli, corridoio ampi, suddividere ambienti) o un vero e proprio “programma strut- turale” che modifichi facilmente gli spazi disponibili in base all’oc- correnza (mettere in interrelazioni ambienti diversi, creare nuovi spa- zi di lavoro alla bisogna). In entrambi i casi sono integranti fisicamente e interagenti con l’ap- parato architettonico. Non sono mobili, ma elementi multitasking che “sostituiscono” muri e porte, implementandoli di funzioni ad essi aliene o impensabili. Svolgo- no una funzione strutturale e di complemento d’arredo, rendendo più funzionali e gradevoli gli am- bienti e sfruttandone in maniera razionale e ottimale gli spazi. Gli “elementi mobili contenitori” sono auspicabili quando non si vo- glia intervenire sullo stato di fatto dell’unità immobiliare; il “pro- gramma strutturale” è invece più funzionale con anche piccoli in- terventi alla modifica dell’esisten- te. Qualunque sia la tipologia scel- ta, questi elementi sono realizzati da diverse parti componibili con cui si crea la soluzione più adatta allo spazio e alla funzione deman- data permettendo di contenere (per chi vuole tenere tutto in ordi- ne e a portata di mano) materiali, documenti, oggetti e anche di al- loggiare strumentistica specifica, macchinari tecnici e meccanici. Non sono semplici mobili, ma ele- menti connettivi e funzionali che consentono anche connessione e passaggio di dati, informazioni, visuali, materiali e persone tra le singole parti dello studio. La loro componibilità offre un’enorme flessibilità d’uso non solo a livello compositivo del singolo elemento (parti a giorno, chiuse, mensole o stoccaggi specialistici, parti cie- che o a diversificata permeabilità visiva), ma anche un’adattabilità e modifica del layout d’insieme, po- tendo, così, variare liberamente la composizione globale in base alle nuove necessità operative dello studio. Un altro vantaggio di tali elementi è che, se correttamente progettati e realizzati, non richiedono l’in- tervento di manodopera specia- lizzata per eventuale modifica o variazione. Massimo Tiberio, architetto in Torino

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