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Dental Tribune Italian Edition No. 5, 2018

II CONGRESSO Management dello studio e della professione odontoiatrica 8 8 Trasformare lo studio odontoiatrico in un’IMPRESA di SUCCESSO_2 Dental Tribune Italian Edition Maggio 2018 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2018 Per informazioni: Tel. +39 011 311 06 75 – Email: segreteria@tueorservizi.it - http://www.managementodontoiatrico.it/ Modelli di business futuribili dello studio odontoiatrico L’Italia è diventata un popolo di libe- ri professionisti che evidenzia come una categoria di oltre un milione e mezzo di iscritti a un albo pro- fessionale sia segmentata in modo eterogeneo a livello reddituale e ge- nerazionale e dove l’orientamento al digitale evidenzia lo spartiacque esi- stente tra i professionisti in un paese che, da sempre, soffre di dualismo. È bene quindi sottolineare, qui e subito, che i problemi che lamenta- no i liberi professionisti nel mondo odontoiatrico, non riguardano solo l’odontoiatria, perché spinosi come sono riguardano anche il mondo li- bero professionale. Da sola, e non solo, l’Italia ha su- bito un tracollo sia per l’avverso an- damento economico dal 2008 che per la deregulation che, anticipan- do di qualche anno la depressione economica, ha spinto sempre più il mercato professionale in un ambito ipercompetitivo, al quale il libero professionista non era avvezzo. Di qui l’affermazione, senza dub- bi di sorta, che se l’attività libero pro- fessionale fosse ancora soddisfacen- te così come lo è stata nella seconda metà del secolo precedente, nessuno avrebbe nulla da dire sul modello di riferimento allora adottato dallo stu- dio libero professionale. Perché quello era l’unico al quale ri- ferirsi ed era, innegabilmente vincen- te. Peccato però che dal 2006, anno in cui entra in vigore il famoso Decreto non riesce più ad avere un fattura- to sufficiente per coprire i costi e trarne il giusto guadagno, soccom- bendo sotto il peso di una burocra- zia inefficiente e misurandosi con la citata ipercompetitività, in cui il paziente tende a trasferire tutto sul piano del costo della prestazione. Ecco allora che (e solo in questi casi) diviene necessario cercare altri modelli. Per prima cosa si cerchi di ca- pire perché ieri si parlava di “modelli di riferimento” mentre oggi si par- la solo di “modelli di business”, che sembrano cozzare contro le scelte di un libero professionista che vorrebbe solamente curare il proprio paziente. Partirei dalla più bella definizione di “modello di business” mai letta e che ho anche adattato al dentale, os- sia una teoria costantemente messa alla prova dal paziente il quale da anni, ha saldamente conquistato la centralità nello studio e che, senza se e ma, il professionista deve porre al centro delle attenzioni dello studio. Su tale definizione si potrebbe an- che essere quasi tutti d’accordo, come sul “chi fa che cosa” quando, per appli- carla nel proprio studio, non sembra che il libero professionista debba tra- sformarsi anche in un manager, per quanto debba intendersi di organizza- zione e ragionare in termini di gestio- ne corretta dello studio, debitamente supportato da chi lo fa per mestiere. Il farsi supportare da una nuo- va figura può avere un costo, reale o figurato che sia. Ciò che conta è il risultato che vuol ottenere dall’in- vestimento, per operare come li- bero professionista di successo, con una remunerazione professio- nale adeguata. In Europa, grazie all’unico vero ritorno avuto dall’impegno asso- ciativo svolto da sempre in totale gratuità, ho potuto osservare per- sonalmente gli studi da un punto d’osservazione privilegiato, con- templando nuove forme di aggrega- zione che hanno rilanciato in modo vincente lo studio professionale. Nei paesi nordici, tutto nasce spesso su base spontanea, senza in- tervento alcuno per la governance di questi strumenti leggeri, in cui ogni partecipante mantiene una propria autonomia decisionale, basandosi sulla fiducia tra i soggetti parteci- panti per operare con coerenza tra aspettative e possibilità ottenibili da una tale “struttura leggera”. Non è stato così automatico, per me, poter declinare all’italiana quel modello leggero senza una vera e propria governance. In Italia si ri- schierebbe di creare un vuoto deci- sionale e un caos che metterebbe a rischio la sopravvivenza del sistema. A Settembre verrà illustrato il si- stema che ho dovuto clonare perché in Italia non vedo altre chances, so- prattutto dopo aver colloquiato con strutture associative nate per far rete di impresa che tuttavia, nella li- bera professione, dichiarano di aver completamente mancato l’obiettivo. Ma soprattutto, di essere ancora alla ricerca di una soluzione efficace. Ho poi seguito con interesse l’o- perato di qualche manager illumi- nato operante nella distribuzione e mettendo a disposizione dello studio odontoiatrico un modello di business a 360° con una visione: rappresentare per tutti gli operatori la miglior scelta per razionalizzare l’attività a costo zero, se non quasi. Non si tratta dell’ennesima azio- ne di marketing per vendere più prodotti o attrezzature al profes- sionista, ma al limite il contrario, visto che l’ideatore del sistema ha voluto condividere soluzioni e idee per accompagnare i professionisti odontoiatrici nello sviluppo della propria attività, cedendo gratuita- mente parte del proprio know how. Solo perché la galassia odonto- iatrica possa continuare a esistere con liberi professionisti che vogliano evolvere ed essere accompagnati nel loro percorso con un nuovo modello di business, basato su un rapporto trasparente, con semplificazione del- la razionalizzazione delle scorte, più che una crescita nel workflow digita- le, integrando magari quanto già in possesso dello studio per ottenere il massimo nel minor tempo possibile. Maurizio Quaranta, Vice Presidente ADDE Bersani (non certo definibile in un mo- dello di business) non possa più essere considerato come il gold standard. Anche se si continua a essere libe- ri professionisti e ci si occupa ancora, sempre e solo, della salute dei cittadini pazienti oggi servono modelli di busi- ness, per esercitare la libera professio- ne in Italia, può dispiacere, ma è così. Chi lo ritiene può benissimo con- tinuare con il vecchio modello di riferimento, soprattutto se oltre ad avere successo, ottiene risultati sod- disfacenti sotto l’aspetto economico. Se così fosse, “modello vincente non si cambia” ed io mi alzerei in piedi ad ap- plaudire, anche come paziente cittadi- no, chi sa proseguire in questo modo. Peccato però che così non sia per buona parte degli studi odontoiatri- ci monoprofessionali datati. Dove la realtà professionale è - ahimè – ben diversa visto che il professionista La proposta di valore (Value Proposition) dello studio dentistico Fare marketing significa essenzial- mente differenziarsi, cioè soddisfare esigenze e desideri dei clienti in modo originale rispetto a quello dei compe- titori. Se ciò non fosse, quale sarebbe il senso dell’esistenza stessa di un’im- presa? Il riconoscimento sociale di un’azienda è indispensabile per la sua stessa sopravvivenza, poiché una che offra soluzioni identiche a un’altra verrebbe scelta casualmente e non potrebbe contare con solidi presup- posti di sussistenza nel tempo. Ma tutto questo vale anche per lo studio dentistico? Ancora una volta vale la pena di distinguere tra lo stu- dio mono professionale, o associato, nel quale il fulcro delle relazioni (e del valore) risiede nel rapporto fiduciario tra il singolo professionista e i pazien- ti e lo studio-impresa, nel quale sono molti i professionisti coinvolti, deci- ne gli operatori complessivi, con un brand di riferimento e un sistema di relazione che si fonda su logiche più aziendali e anche, inevitabilmente, più commerciali e negoziali. Non va affatto sottovalutata tale differenza, poiché le logiche retrostan- ti sono di gran lunga diverse. Nel pri- mo caso è l’odontoiatra stesso che ero- ga il servizio a fare la differenza, con la sua personalità e peculiarità pro- fessionali e umane. Si tratta di un rap- porto di fiducia personale che a volte trascende persino il livello di servizio dell’organizzazione, poiché il paziente individua nel professionista quel rap- porto speciale, fatto di stima e fiducia, ma anche di abitudine, che rende la re- lazione duratura anche a prescindere da eventuali zone d’ombra nel servizio complessivo o nelle politiche di prezzo. Ma quando il paziente ha a che fare con uno studio dentistico più articolato, spesso con professionisti diversi in funzione delle differenti terapie e che conta decine di nuovi pazienti ogni mese, quando sceglie non solo perché un parente o amico lo consiglia, ma avendo cercato in rete o essendosi “imbattuto” nel centro casualmente, o avendolo intercettato attraverso insegna o pubblicità, allora si tratta di un rapporto con un’azien- da (sia pur erogante prestazioni sani- tarie) e in questo caso il rapporto si basa sulle logiche classiche di brand per la fase di acquisizione del pazien- te e in quella di fidelizzazione. Di fatto, il rapporto fiduciario con l’insegna (e quindi anche con l’orga- nizzazione) prevale su quello con il singolo professionista. In questa si- tuazione emerge con prepotenza l’im- portanza della “Value Proposition” (Fig. 1). Di cosa si tratta esattamente? La Proposta di Valore risponde alla domanda: “Perché i clienti dovrebbero scegliere proprio il nostro studio e il suo sistema di servizi?” È quindi un passag- gio centrale nella strategia d’impresa, una promessa di benefici unici (rispetto ai concorrenti) che può essere applicata in riferimento all’intera organizzazio- ne o per gruppi di clienti (segmenti) con esigenze simili per specifici servizi. Per poter creare una Value Pro- position efficace e riconoscibile ecco i vari passaggi: - Definire il target di riferimento primario dello studio o i segmenti quando vogliamo proporre speci- fici servizi. Ciò è molto importante poiché lavorando in logica di dif- ferenziazione occorre innanzitut- to definire a chi ci rivolgiamo. Tali gruppi destinatari di riferimento sono generalmente caratterizzati da bisogni simili, e non intendia- mo, in questo caso, solo necessità di tipo clinico, ma anche necessità e desideri di servizio più in genera- le, di posizionamento, stile di ero- gazione della prestazione, etc. - Per effettuare una proposta “differenziante” occorre inoltre sapere chi sono i concorrenti di riferimento, decidere quanto la proposta di valore è di tipo com- petitivo e quanto potrebbe anda- re verso la generazione di nuova domanda inespressa, etc.. Palese- mente, per potersi differenziare occorre prima sapere cosa pro- pongono gli altri, come e a chi. - L’elaborazione dell’offerta globa- le dello studio (tipo e gamma di > pagina 9

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