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Dental Tribune Italian Edition No. 12, 2016

4 Dental Tribune Italian Edition - Dicembre 2016 Gestione dello Studio Il passaggio generazionale alla luce delle nuove normative Nel 2016 ci sono stati grandi cam- biamenti, poiché sono state intro- dotte leggi che modificheranno la famiglia, come la legge n. 76 del 20/05/2016 denominata legge Ci- rinnà; la legge n. 122 del 22/06/2016 denominata legge “Dopo di noi”, a favore delle persone con disabilità; oltre all’introduzione del bail in nel sistema bancario, che ha creato e sta creando sicuramente attenzioni di- verse sulla salvaguardia del denaro depositato nelle banche. Non si può dimenticare a questo proposito la tematica successoria, in quanto potrebbe modificarsi anche la normativa fiscale per impensie- rire ulteriormente il risparmiatore. Massimo Doria, presidente della so- cietà di consulenza Kleros di Milano, pone l’attenzione sulle importanti novità che stanno maturando e che probabilmente modificheranno la fi- scalità in tema di passaggio genera- zionale e sulla tutela del patrimonio. Ne rappresentiamo alcune. • La riforma del catasto, diventata legge (n. 23/2014), si tramuterà in una variazione delle rendite riferite agli immobili, con con- seguente aumento delle imposte ipocatastali in successione e/o in donazione. • Il certificato successorio euro- peo, diventato operativo in Eu- ropa dal 17 agosto 2015, potrà modificare sensibilmente la te- matica successoria in Italia. • Le imposte successorie potreb- bero essere soggette a variazioni in aumento (considerando che al momento l’Italia applica imposte sensibilmente minori rispetto alle altre nazioni) e inoltre po- trebbero diminuire sensibilmen- te le franchigie ereditarie a dispo- sizione degli eredi (attualmente a quelli in linea retta spetta la fran- chigia di un milione pro capite). A titolo di esempio viene riportata (si veda Tab. 1) una simulazione sui possibili impatti economici. • Nella prossima revisione per la riduzione e/o eliminazione del- le esenzioni fiscali potrebbero essere coinvolti anche i prodotti assicurativi e i titoli di Stato (a oggi gli unici rimasti esenti in successione). • Le semplificazioni fiscali in- trodotte con il D.lgs 175 del 23 novembre 2014, sulla presenta- zione della dichiarazione di suc- cessione, potrebbero agevolare gli eredi nell’incombenza am- ministrativa richiesta nel mo- mento successorio usufruendo nel contempo di vantaggi fiscali. • Una corretta pianificazione del passaggio generazionale azien- dale o del trasferimento delle partecipazioni societarie agli eredi, consente di usufruire di risparmi fiscali evitando, ove possibile, plusvalenze sulle fu- ture cessioni. Simulazione dell’effetto imposte in seguito a variazioni sulla normativa fiscale La simulazione considera il caso di una famiglia composta da due geni- tori sposati con due figli, situazione familiare più favorevole in termini di imposte successorie. Vengono ipo- tizzati casi di possibili variazioni sul- la normativa per rilevare i cambia- menti del loro effetto nelle imposte di successione. Come si vede dalla tabella le ipote- si elaborate dalla società Kleros Srl, nel caso di cambiamenti della nor- mativa fiscale, potrebbero incidere pesantemente sul patrimonio. Per questo motivo riteniamo sia indi- spensabile, per difendere il patrimo- nio della famiglia, valutando atten- tamente con esperti del settore una corretta pianificazione successoria. Massimo Doria Esempio: marito imprenditore, moglie casalinga e due figli studenti. 1 milione di euro di patrimonio intestato al marito imprenditore. Totale tasse: 600 mila euro valore immobiliare catastale e 400 mila denaro. (rapporto Banca Italia 60% immobili/40% denaro) Muore il marito si apre la successione. A oggi la franchigia degli eredi (1 milione di euro pro capite) assorbirebbe totalmente il milione di euro ereditato e il patrimonio verrebbe attribuito per un terzo al coniuge e due terzi ai figli. Si pagherebbero solo le imposte ipocatastali: 3% sul valore catastale degli immobili (qualora gli eredi non possano godere dell’agevolazione prima casa). Totale imposte da versare: 18 mila euro per la dichiarazione di successione. IPOTIZZIAMO PROBABILI CAMBIAMENTI 1) Diminuzione della franchigia da 1 milione di euro a 200 mila pro capite per erede mantenendo l’aliquota successoria al 4%. In questo caso le imposte (successorie e ipocatastali) si quantificherebbero in un importo pari a 35,6 m ila euro*. 2) Diminuzione della franchigia da 1 milione di euro a 100 mila pro capite per erede mantenendo l’aliquota successoria al 4%. In questo caso le imposte (successorie e ipocatastali) si quantificherebbero in un importo pari a 48,8 mila euro*. 3) Diminuzione della franchigia da 1 milione di euro a 200 mila pro capite per erede e un aumento dell’aliquota successoria al 10%. In questo caso le imposte (successorie e ipocatastali) si quantificherebbero in un importo pari a 62,0 mila euro*. 4) Diminuzione della franchigia da 1 milione di euro a 100 mila pro capite per erede e un aumento dell’aliquota successoria al 10%, In questo caso le imposte (successorie e ipocatastali) si quantificherebbero in un importo pari a 95,0 mila euro*. 5) Diminuzione della franchigia da 1 milione di euro a 200mila pro capite per erede e aumento dell’aliquota successoria al 20%. In questo caso le imposte (successorie e ipocatastali) si quantificherebbero in un importo pari a 106 mila euro*. 6) Diminuzione della franchigia da 1 milione di euro a 100mila pro capite per erede e un aumento dell’aliquota successoria al 20%. In questo caso le imposte (successorie e ipocatastali) si quantificherebbero in un importo pari a 172,0 mila euro*. * È stato inserito nel calcolo l’aumento del 10% a forfait oltre le franchigie applicato dall’Agenzia delle Entrate. Massimo Doria, presidente della società di consulenza Kleros, Milano. Tab. 1 - Simulazione dell’effetto imposte in seguito a variazioni sulla normativa fiscale. A fine 2016 scade il super-ammortamento, occasione interessante che non va sprecata < < pagina 1 Il problema che più frequentemen- te si rivela essere artefice di questa asimmetria tra risultati e at- tese è il computo delle spese di studio. In un’ottica trasparente e anche un po’ ingenua, il professionista è solito sottrarre ai propri profitti i costi sostenuti ritenendo che solo il residuo, che poi è quanto realmente è rimasto in cassa, possa essere oggetto di at- tenzioni da parte dell’erario. Così accade in molti Paesi esteri in effetti. Ma non in Italia. Da noi il fisco consente ai contribuenti di scalare dai profitti solo alcuni tipi di spesa ritenuti di particolare rilevanza, ignorando tutte le altre. Come se non fossero mai state sostenute. In sostanza è possibile dedure solo i costi indispensa- bili al raggiungimento della propria attività, ossia strumentali ad essa. Ma come sapere quali costi vadano considerati tali? Ogni attività è un caso a sé, per gestione come per sviluppo, e non è possibile stereotiparla. Ci sono poi i cosiddetti “costi promiscui”, ossia quelli che servono per acquistare beni o servizi potenzialmente in grado di soddisfa- re le esigenze dell’attività di lavoro autonomo e quelle di interesse personale. Lo Stato non è in grado di verificare analiticamente, per ognuno di noi, quale parte di costo sia effettivamente desti- nata all’uno e quale all’altro. Pertanto interviene definendo delle percentuali forfettarie massime di deducibilità. È il caso dell’auto, del telefono, dello studio professionale all’interno della propria abitazione, ecc. Così scopriamo che l’uso dell’abilitazione a scopi professionali ci permette di dedurre solo il 50% dei canoni paga- ti, che la formazione professionale è anch’essa solo parzialmente deducibile, che solo il 20% delle spese sostenute per l’autovettura con la quale visitiamo i clienti può essere portata in sottrazione dal reddito ed egualmente che solo i tre quarti delle spese soste- nute per vitto e alloggio, anche se sorte per effetto di un’indiscu- tibile esigenza di lavoro, sono da computarsi nel nostro bilancio. L’elenco in realtà è molto lungo. Si aggiunga che per essere consi- derate nella dichiarazione, le spese devono essere state sostenute nel corso dell’anno per il quale essa viene presentata, anche se le relative prestazioni sono eseguite in anni precedenti. Va da sé che con queste premesse il disallineamento tra i costi realmente sostenuti e quelli fiscalmente riconosciuti sarà sempre incolma- bile. Talvolta anche con gravose conseguenze fiscali. Memore di queste sue “mancanze” sporadicamente l’erario propone nuove misure ad hoc volte a compensare fiscalmente talune spese pro- fessionali. Chiariamocelo subito: non si tratta di un ravvedimen- to del legislatore in nostro favore, quanto piuttosto di una stra- tegia economica che mira a indurre verso determinati consumi. È in quest’ottica che va inquadrato il cosiddetto “super-ammor- tamento” introdotto con la scorsa finanziaria 2016, un incentivo che è legato agli investimenti in beni strumentali effettuati tra ottobre 2015 e dicembre 2016, attraverso il quale gli studi che in- vestono in beni strumentali possono ammortizzare fiscalmente il bene al 140 per cento in luogo del 100 per cento ordinario. È il caso per esempio dell’acquisto in proprietà o in leasing dell’auto, ma in senso lato ogni spesa di rilievo, purché chiaramente atti- nente l’attività professionale, può essere ricondotta nella sfera di applicazione dell’incentivo. Per esempio, se una clinica acquista un cespite per un costo pari a 1.000 euro e il relativo coefficiente di ammortamento è pari al 10% per 10 anni, con il super ammortamento questa clinica avrebbe diritto a dedurre fiscalmente il 14% (in luogo del 10). Alla fine del periodo di ammortamento, quindi, il totale dedotto dal reddito sarebbe di 1.400 euro a fronte dei 1.000 spesi. Non male, ma ovviamente non è tutto oro quello che luccica, per- ché restano le consuete storture tipiche della machiavellica men- te del nostro legislatore. Non è dato di sapere, ad esempio, perché i beni oggetto del super ammortamento siano soltanto quelli il cui coefficiente di ammortamento civilistico è pari o superiore al 6,5%, o perché il super-ammortamento valga ai fini Irpef ma non ai fini Irap. O, ancora, perché possa essere applicato al leasing di un’autovettura, ma non al suo noleggio – in particolare pensando a quanto simili siano strumenti quali la locazione e il leasing (non a caso chiamato anche “locazione finanziaria”). O, infine, perché pensare a una maggiorazione della deducibilità del coefficiente di ammortamento quando sarebbe invece parso più sensato (e soprattutto più semplice) permettere l’ammortamento integrale del bene? Va considerato, infatti, che se acquistiamo un’autovet- tura, ci è concesso di dedurre esclusivamente il 20% del mezzo. Questo significa che con la vecchia norma avremmo potuto am- mortizzare il 100% del 20% del valore di acquisto dell’auto, men- tre con il super-ammortamento ammortizziamo il 140% del 20% del valore di acquisto dell’auto. Sarebbe interessante poter comprendere le ragioni di certe ca- prioletributarie.Aldilàdiogniosservazione,però,sesièconvinti di voler investire su noi stessi e sulla nostra attività, il super-am- mortamento resta un’interessante occasione e non va sprecata. E se si è anche quest’anno alle prese con i conti, è il momento giusto per definire la nostra pianificazione fiscale e farci un serio pen- siero. Ma in fretta. A fine hanno l’opzione scade, e il 31 dicembre inizia a farsi vicino. Alfredo Piccaluga, dottore commercialista

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