Please activate JavaScript!
Please install Adobe Flash Player, click here for download

Dental Tribune Italian Edition No. 6, 2016

8 Dental Tribune Italian Edition - Giugno 2016 Attualità Dal Workshop ANDI di Villa d’Este a Cernobbio arriva il monito: “O cambiare o perire” Che ne sarà della futura odontoiatria? Questo l’interrogativo fondamentale emerso sabato 14 maggionelWorkshopANDIdiEconomiainOdon- toiatria che si è tenuto a Villa d’Este a Cernobbio. In sala i maggiori responsabili ANDI ed esponenti ordinistici,intuttocirca200persone.Inchemodo «analizzare lo stato attuale della professione carat- terizzatodallanecessitàdiprolungareilperiododi attività lavorativa», senza mettere in crisi il patto generazionale? Questa la sintesi giornalistica di Franco Di Mare, giornalista Rai e arguto coordina- torechehacontinuatodicendo:«Ènecessariocam- biare oppure perire!», questo è il rischio. Ne sanno qualcosa i 270 mila avvocati italiani, un numero abnorme (come i dentisti!), ma in realtà non vi è categoria (nemmeno i notai!) che non rischi mu- tamentiepocali.LeanalisidettagliatediFaustoCo- lombo (ordinario presso l’Università la Cattolica); di Maurizio Memo, secondo cui ai «neuroni piace lavorare indipendentemente dall’età»; di France- sco Verbaro della Scuola di Amministrazione; e di Mario Del Vecchio, dell’Università degli Studi di Firenze, hanno delineato i contorni del problema, fino alla vivace chiusura di Maurizio Quaranta, vice presidente ADDE, lucido suggeritore di “atter- raggimorbidi”versolaquiescenza. m.boc I “giovani anziani” Opportunità e anomalie nel settore dentale Nell’introduzione al VI Workshop di Economia in Odontoiatria che si è svolto a Cernobbio il 14 maggio, il gior- nalista Rai Franco di Mare esordisce riportando l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera a firma di Di Vico, evidenziando le opportunità spesso inutilizzate dal nostro Paese in questo momento storico: costo del denaro a zero; prezzo del petrolio molto basso. Diverso è invece lo scenario in altri Pa- esi quali la Spagna dove, nonostante la più grave crisi immobiliare, la ripresa risulta più pronunciata. Intercettare e utilizzare le opportunità di cambia- mento, questa è la chiave del successo. E in Italia invece che cosa succede? La disoccupazione giovanile non si sbloc- ca.Perinquadrarequestifenomenian- che nel settore dentale i relatori si sono interrogati su chi siano i “giovani an- ziani”, che cosa succede quando sono i pazienti del nostro studio, che cosa accadrebbe se, nella professione, non si è mai pronti a lasciare il lavoro. Di Mare conclude affermando: «Noi sessantenni siamo i “giovani anziani” del futuro e nessuno si sente pronto a lasciare l’occupazione che ci mantiene giovani. Come fare con i trentenni che hanno difficoltà a entrare nel mondo del lavoro?». Fausto Colombo ha analizzato il feno- meno dei “giovani anziani”, coloro che oggi hanno tra i 64 e i 74 anni. In Ita- lia la popolazione invecchia, ma nor- malmente è in salute, vitale e attiva. Questa fascia ha diversi tratti comuni: sono figli della rivoluzione culturale del ’68, hanno avuto esperienze di vita comuni, sono stati i primi consumato- riautonomiaincrementarel’industria cosmetica,dellamodaedell’automobi- le. È una generazione che ha fatto della giovinezza un mito irrinunciabile, che possiede capacità relazionali e di spesa che favoriscono un invecchiamento tardivo. Mentre le precedenti genera- zioni di over 65 rinunciavano agli in- terventiesteticieallecuredentali,que- sta generazione potrebbe accrescere le prestazioni dello studio odontoiatrico, e questo è un aspetto positivo da tene- re in considerazione, anche per la fa- scia oggi cinquantenne. Al contrario se è il professionista il “giovane anziano” si creano delle anomalie. Continuare a lavoraredàun’ideadiforza,inoltresifa fatica a immaginare di affidare lo stu- dio a terzi, quando la successione non avvieneinfamiglia..Unfenomenoevi- dente se si guarda all’età media – sem- pre più elevata – dei titolari degli studi. Unostudioguidatodagenerazionima- ture è meno portato al rinnovamento e alla formazione, preferendo seguire pratiche e consuetudini già acquisite. Colombo invita a un patto generazio- nale che favorisca l’ingresso dei gio- vani, prendendo spunto da altri Paesi o realtà quali la Fondazione Ferrero. Perché non continuare ad essere attivi mettendo a disposizione dei giovani, o di popolazioni in via di sviluppo, la propria esperienza, traendo forza e soddisfazione in queste attività, non necessariamente con un compenso? MaurizioMemoinvitaavalutareilcon- cettodigradualità,l’ideadiuncammi- no progressivo che non implichi bru- schi cambiamenti. Bisogna avvalorare il concetto di condivisione: gratifica- zione della professione, produttività, trasferimento delle conoscenze e stato di benessere. E per quanto riguarda la “patente del professionista”? Memo risponde che certamente la “patente” fornisce più garanzie, ma si dovrebbe rilasciare a prescindere dall’età, così come avviene per la patente di guida, e con verifiche periodiche. Francesco Verbano della Scuola Su- periore della Pubblica Amministra- zione evidenzia che, dal punto di vista lavorativo, in Italia non esiste una programmazione, se pur gli sce- nari si determinano con 20 anni di anticipo. Oggi i cambiamenti sono rapidissimi, eppure molti non rie- scono a guardare oltre l’immediato. Per non portare al collasso il sistema pensionistico occorre valutare tutti e tre i momenti della vita: il tempo della formazione; quello del lavoro; e quello della pensione. Finora sono stati considerati in modo separato: lo studio era scollegato dal mercato del lavoro e solo gli ultimi tre anni ci si preoccupava della pensione. Oggi bi- sogna pensarci sin dalla formazione. Meglio il “patto attivante familiare”: piuttosto che sostenere economica- mente i giovani, occorre aiutarli a in- serirsi professionalmente. Anticipare il loro ingresso nel mercato del lavoro e ridurre il gap tra generazioni occu- pate e nuovi assunti è l’unico siste- ma per garantire da un lato le future generazioni, dall’altro il pagamento delle pensioni. Fondamentale è ave- re una visione. Cinquant’anni di vita lavorativa possono essere attraver- sati da enormi cambiamenti e crisi periodiche: fattori che bisogna saper prevedere e gestire in tempo, con una pianificazioni individuale e garantirsi contro i rischi. PatriziaGatto Relazionata dai professori Del Vecchio e Mallarini, l’inchiesta svolta sui soci ANDI aveva come obietti- vo quello di disporre delle informazioni per creare una strategia non autoreferenziale sulla base delle esigenze e delle attese dei soci. Sono stati intervistati telefonicamente 3000 soci ANDI. L’età anagrafica media è di 53 anni, la maggioranza sopra i 45 anni. Tipologia al 75%, studio monoprofessionale. Le percezioni: Per l’80% degli intervistati la professionalità del pro- prio studio è superiore alla media, mentre scarsa è la consapevolezza imprenditoriale. I pazienti scelgono lo studio per il rapporto relazionale con il dentista, sono attenti al prezzo, alcuni rinunciano alle presta- zioni anche quando sono necessarie, si informano su Internet. Si evidenzia la diminuzione della domanda e più di un terzo dichiara che il fatturato è diminu- ito. Il 60% dichiara che prevede lo stesso fatturato dell’anno precedente per l’anno in corso. Nell’ultimo anno, la maggioranza non sa quanto ha investito, probabilmente l’investimento è stato nullo sia in tec- nologie sia in formazione.Vista l’età media, c’è una difficolta ad adeguarsi alle nuove tecnologie. L’11% non percepisce che la concorrenza stia aumen- tando.Il 38% non intraprenderebbe nuovamente la professione. Lo studio successivo ha condotto a individuare secondo i relatori due sfide da tenere separate: – aumentare la domanda; – tenere testa alla concorrenza. Ricette proposte: – valorizzare la salute orale, la comunicazione e aumentare le capacità dei pazienti; – finanziare e condividere i rischi con il paziente anche con formule assicurative e prestiti al con- sumo, come avviene già all’estero; – investire in tecnologie, rinnovamento e forma- zione attivando reti d’impresa, scegliendosi tra studi simili e compatibili. Questo tipo di organizzazione potrà essere in grado di tenere testa alla concorrenza, che in realtà non sono i centri low cost, quanto piuttosto l’avvento dei grandi gruppi sanitari privati e di strutture complesse. Maurizio Quaranta, nell’ultima relazione della giornata di approfondimento che si è te- nutaaCernobbio,haaffrontatoiltemadellastaffettagenerazionale.Comefareavende- re il proprio studio professionale? Intanto è importante pensarci per tempo: una decina di anni prima per esempio. Un tempo si pagava un anno di fatturato, oggi se il fatturato dichiarato è 100.000 euro nessunospenderà100.000europerquellostudio.Èimportantequindiincrementareil fatturatoerenderlobenvisibile.Perchéungiovanepuòtenereinconsiderazioneunfat- turato di 400.000 euro ma insieme a questo hanno valore anche tanti altri asset dell’a- zienda quali ad esempio: gli investimenti; il design; il team; la presa in carico del cliente (proprio come nelle cliniche). La ricetta potrebbe essere: – programmarsi in tempo; – circondarsidiunteameconsulentichediventinosemprepiùautonominell’attività; – creare utili e rinvestirli nello studio in high-tech; – quandosiarrivaall’etàdi55anniiniziareapensarediguadagnaremeno,introdurre due o tre giovani che saranno i successori e coloro a cui vendere nel futuro lo studio; – pianificare una cessione graduale. Lostudioassociatononèpiùlasoluzioneottimale,larispostaècondividereicosti,inve- stire e smetterla di essere una maggioranza che ha paura della minoranza (le cliniche), insomma,comeaffermainconclusioneDiMarzo:«Siinvesteinsestessi,perchésicrede in se stessi». Staffetta generazionale: «Come faccio a vendere lo studio?» Inchiesta sui soci ANDI

Sito