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Implant Tribune Italian Edition

6 Implant Tribune Italian Edition - Novembre 2015Clinica & Ricerca Ricerca ed evoluzione per le tecniche di riabilitazione implantoprotesica Prof. Ruggero Rodriguez y Baena, prof.ssa Silvana Rizzo Dipartimento di Scienze clinico-chirurgiche, diagnostiche e pediatriche – Sezione di Odontoiatria – Corso di Laurea magistrale in Odontoiatria e Protesi dentale, Università degli Studi di Pavia La riabilitazione implantoprotesica, affermatasi negli ul- timi decenni come tecnica chirurgica affidabile e di in- dubbio successo è, come è noto, fortemente condizionata dalla scarsità di osso determinata dalla lunga edentulia, da pregressi traumi e svariate patologie. La sfida dell’odontoiatria moderna è quindi rivolta al modo di trovare le tecniche atte a garantire un ancorag- gio protesico anche in soggetti privi di una quantità di osso sufficiente. Tale esigenza sarà sempre più sentita dal momento che, secondo i dati statistici, l’Italia si colloca nelle prime po- sizioni per invecchiamento della popolazione. L’OMS cal- cola che nel 2045 gli anziani in Italia saranno 6 milioni in più, con una aspettativa di vita di 85 anni per le donne e di 80 per gli uomini. I pazienti che nel prossimo futuro si sottoporranno a cure odontoiatriche saranno quindi sempre più anziani, e sempre più frequentemente presen- teranno l’esigenza di ripristinare le funzioni masticato- rie, estetiche e fonetiche, senza tuttavia accontentarsi più della protesi rimovibile, vuoi per questioni di relazioni sociali vuoi per semplice autostima. Normalmente, in caso di deficit osseo, l’incremento osseo viene ottenuto attraverso tecniche di chirurgia avanzata tra le quali citiamo, come le più affidabili: • innesti di osso autologo, con prelievo da diversi siti ossei, extra e/o intraorali: a questi interventi si asso- ciano alcuni svantaggi, come l’aumento della morbi- lità post-operatoria, il rischio di mancata integrazio- ne dell’innesto o di necrosi o il riassorbimento dello stesso; • innesti di osso di banca, limitato dal rischio di una mancata integrazione e di eventuale, anche se rara, trasmissione di malattie infettive oltre che appesanti- to da una procedura burocratica alquanto complessa e dalla scarsità delle banche dell’osso sul territorio; • rialzo del seno mascellare, limitatamente all’arcata superiore nei settori posteriori, con impiego di osso autologo, eterologo o di osteosostitutivo di tipo allo- plastico; • osteodistrazione, con aumento dei tempi di guarigio- ne, difficoltà tecniche di grado elevato, complicanze dovute ad errori, scarsa predicibilità dei risultati, in- dicazioni limitate, necessità di elevata compliance del paziente; • tecniche di split crest con limitate indicazioni e mode- sto recupero di osso; • tecniche di rigenerazione ossea guidata con impiego di osso di varia origine o sostituti dello stesso e di mem- brane riassorbibili e non. In alternativa si sono raffinate tecniche che consentono di sfruttare al meglio l’osso disponibile mediante i pro- grammi di implantologia computer guidata che permet- tono all’implantologo di creare progetti chirurgici preci- sissimi, spesso ricorrendo alla sistematica “All-on-Four” che si basa sull’utilizzo di soli quattro impianti inseriti in posizioni e con inclinazioni strategiche. Bisogna inoltre considerare le tecniche di mantenimento della cresta ossea, che, dopo estrazione di elementi den- tari, tende a collassarsi sia in senso verticale che orizzon- tale, impedendo, a volte, l’inserimento di impianti a gua- rigione avvenuta. A tale scopo l’inserimento di impianti post-estrattivi non permette di prevedere il reale livello osseo che si raggiungerà durante la fase di guarigione. Per questa ragione vengono utilizzate tecniche di man- tenimento della cresta ossea (Socket Preservation) che, mediante l’inserimento di osteosostitutivi, con e senza membrana, riducono il riassorbimento osseo conseguen- te all’estrazione dentaria. Nuove possibilità di ottenere, in maniera non invasiva, nuovo osso autologo si basano sulle cellule staminali non embrionali ottenute da differenti tessuti dello stesso pa- ziente. Nel panorama della medicina rigenerativa le cellu- le staminali occupano un posto preminente e, nel bene o nel male, occupano le pagine dei giornali anche per i non addetti ai lavori. Sembra comunque opportuno partire da una breve disamina di quelle che sono le giuste defini- zioni per sgomberare il campo da inutili fraintendimenti. Parlando di cellula staminale, cioè la cellula totipotente in grado di differenziarsi dando origine a tutti i tipi di tessuti del corpo umano o animale, l’unica cellula a pos- sedere tali peculiarità è lo “zigote”, cioè la cellula uovo fecondata. Altro discorso riguarda invece le cellule multipotenti in grado di differenziarsi in una serie di cellule specializzate in diversi campi, quali ad esempio le cellule della linea ematopoietica. Infine, abbiamo le cellule specializzate a riprodurre un solo tipo di tessuto, come ad esempio la cute, l’osso, ecc. Attraverso anni di studi, i biologi hanno tuttavia capito che alcune cellule, in determinate situazioni, possono re- gredire e comportarsi da cellule staminali. Si parla quindi di “staminalità”, o funzione staminale di una cellula, caratterizzata dalla capacità di originare una progenie cellulare identica a se stessa e una discenden- za di cellule sempre più differenziate. Cellule staminali sono presenti in tutti i tessuti somatici dell’adulto e pos- siedono l’unica capacità di rinnovarsi e nel contempo di differenziarsi nelle cellule mature di un singolo tipo tis- sutale. La funzione di staminalità è determinata da una unità spazio-temporale, che prende il nome di “nicchia”. Nella nicchia agiscono tutti quei fattori e segnali di na- tura chimica e fisica in grado di far agire la cellula come staminale. In ambito odontoiatrico le cellule che possiamo utilizzare a scopo rigenerativo sono prelevabili dal tessuto adipo- so, dalla polpa dentaria, dalla papilla dentale, dal follicolo dentale, dal tessuto gengivale disepitelizzato e dal tessu- to periostale, ma il limite fino ad oggi insormontabile ri- guardava la manipolazione cellulare, non consentita dalla legislazione italiana. La ricerca che attualmente stiamo portando avanti nell’U- niversità di Pavia (Dipartimento di Scienze clinico-chi- rurgiche diagnostiche e pediatriche - Sezione di Odon- toiatria), validata dal Comitato Etico dell’Università di Pavia, si basa sulla possibilità di estrarre le cellule proge- nitrici (diametro inferiore a 50 µ) da un piccolo prelievo di connettivo reperibile nel cavo orale del paziente. Tale possibilità è fornita da un’apparecchiatura in grado di di- sgregare i tessuti biologici selezionando e isolando le cel- lule staminali mesenchimali, che potranno quindi essere innestate, nella stessa seduta, su uno scaffold riassorbibi- le e reinserite nella zona ossea deficitaria o nello stesso sito post-estrattivo, nel quale verrà poi inserito, dopo 2-4 mesi, l’impianto endoosseo. Con questa metodica l’inter- vento si configura quale microinnesto, risolvendo il pro- blema della manipolazione cellulare. La metodica, chiamata Rigenera®, frutto di una ricerca tutta italiana, prevede l’uso di particolari filtri, denomi- nati Rigeneracons®, che provvedono alla disgregazione del tessuto in 2 minuti circa mediante 600 lame. >> pagina 7 Cellula staminale mesenchimale, con differenziazione in senso adiposo, in anafase. Cellula staminale mesenchimale, con differenziazione in senso osteoblastico, in telofase.

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