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Dental Tribune Italian Edition No. 3, 2018

12 Speciale Gestione dello Studio Dental Tribune Italian Edition - Marzo 2018 Valutazione della contaminazione ambientale odontoiatrica aerosol correlata Durante l’attività odontoiatrica si diffondono particelle, sangue, sa- liva e secrezioni infette da pus e microrganismi che contaminano oggetti, superfici vicine e lontane. Inoltre nella placca batterica sog- giornano diverse associazioni di microrganismi in grado di causare infezioni polmonari definite “occu- pazionali” o “lavoro-correlate”. L’a- erosol rappresenta ancora oggi una grossa fonte di rischio biologico cui è esposto tutto il team odontoiatri- co e i pazienti afferenti. I termini “aerosol” e “splatter” furono utilizzati per la prima volta nel 1969 da Micik R.E. e colleghi nel loro pionieristico lavoro sull’aero- biologia. Essi definivano aerosol, particelle di diametro inferiore a 50 micrometri (μm), cioè abbastan- za piccole da rimanere in aria per un periodo prolungato prima di adagiarsi su superfici ambientali o entrare nel tratto respiratorio. Lo splatter era invece definito come particelle aerodinamiche di diame- tro superiore a 50 μm, che vengono espulse con forza dal sito operativo in una traiettoria simile a quella di un proiettile finché non si scontra- no con una superficie o cadono al pavimento. I nuclei delle goccioline possono rimanere in aria per ore e sono in grado di penetrare profondamente negli alveoli polmonari, offrendo un potenziale percorso d’infezione. Infatti, sono stati implicati nella tra- smissione di tubercolosi, malattie di origine virale, polmonite e influenza. Un’analisi qualitativa e quan- titativa della composizione degli aerosol sprigionati durante le pro- cedure odontoiatriche è estrema- mente difficile. Tale composizione è altamente condizionata sia dal pa- ziente sia dalla manovra operativa. Tuttavia, come precisato da Harrel S.K. e colleghi è ragionevole suppor- A D V ( N E W S ) 1 6 8 x 2 3 7 re che negli aerosol siano presenti componenti salivari, ematiche, se- Academy UNA COMMUNITY AL TUO SERVIZIO UNA FONTE DI INFORMAZIONI CHE TI SEGUE OVUNQUE UN PERCORSO PER LA TUA FORMAZIONE CONTINUA WWW.KOMETACADEMY.IT IL BLOG CHE TI INFORMA UN AGGIORNAMENTO COSTANTE kometacademy.it diffonde messaggi di clinica al passo con le più recenti innovazioni in campo odontostomatologico, oltre che informa zioni sul corretto uso degli strumenti rotanti e delle punte soniche, correlate da illustrazioni, video e documentazione tecnica. Vai su kometacademy.it e consulta il calendario di tutti i corsi Komet. creti nasofaringei, placca batterica e materiali impiegati nelle procedure odontoiatriche. Sebbene sia stato dimostrato che la maggior contaminazione deriva dall’utilizzo di scaler a ultrasuoni, seguito da quello della turbina e di altri dispositivi tipo airpolisher e siringa aria-acqua, occorre precisa- re che la ricerca in merito è ancora povera di dati significativi. Uno stu- dio del 2016 condotto da Singh A. e colleghi, riporta livelli insolitamente elevati di microrganismi nell’aerosol generato dall’utilizzo di manipoli a ultrasuoni. Tali aerosol si riscontra- no in massima concentrazione entro i 60 cm dal paziente, dove è normal- mente posizionato l’operatore. Veenaa H.R e colleghi hanno invece constatato che la massima contaminazione da aerosol si ri- scontra nell’area occupata dall’assi- stente alla poltrona seguita da quel- la dell’operatore. Le braccia, il petto e la superficie interna della masche- rina, le zone intorno al naso e all’an- golo interno degli occhi pare siano i siti maggiormente contaminati. Inoltre è stato dimostrato che la nube generata dalle procedure di scaling, rimane sospesa nella zona operativa per circa 30 minuti per poi disperdersi. Vi è dunque il ri- schio per i contaminanti dell’aria di entrare nel sistema di ventilazione e diffondere negli altri ambienti. In letteratura sono state do- cumentate diverse tecniche con l’obiettivo di minimizzare o eli- minare il pericolo prodotto dagli aerosol, come l’uso di barriere per- sonali (mascherina, guanti, scher- mi facciali, etc.), lo sciacquo preo- peratorio, l’utilizzo della diga, di divaricatore labiale, l’aspirazione a elevata velocità. Ma nella mag- gior parte dei casi si assiste a con- clusioni, che nonostante riportino dati significativi, non trovano una soluzione definitiva alla riduzione della contaminazione ambientale e dunque al rischio da inalazione cui si fa poco riferimento. Il rischio biologico da inalazio- ne è tuttora poco esaminato e, se si aggiunge la carenza dei dati epide- miologici, è evidente che allo stato attuale le conoscenze in merito al fenomeno non siano adeguatamen- te approfondite e questo comporta una distorta percezione del rischio. Sebbene le strutture odontoia- triche presentino un simile proble- ma, non vi sono linee guida per la progettazione di sistemi di venti- lazione dedicati e poiché i sistemi di condizionamento centrale sono quelli maggiormente utilizzati in odontoiatria, è importante precisa- re, come mostrato da Offermann F. e colleghi, che a causa di tali sistemi possono verificarsi infezioni cro- ciate tra gli occupanti nelle diverse aree operative attraverso la misce- lazione dell’aria di ritorno. Al con- trario, l’uso di un filtro d’aria può rappresentare un valido approccio per controllare la dispersione delle particelle di aerosol. «Identificare il rischio e formu- lare dei protocolli operativi per una sua corretta gestione» auspica G. M. Nardi, Direttrice del Master in Tecnologie Avanzate nelle Scienze di Igiene Orale presso l’Universi- tà Sapienza di Roma, la quale pre- cisa «nella mia pratica clinica ho adottato già da anni un sistema di filtraggio meccanico su cui stiamo conducendo una ricerca sperimen- tale con l’obiettivo di integrare nella pratica odontoiatrica un di- spositivo di purificazione dell’aria efficace per ridurre il rischio biolo- gico da inalazione». L’aria è un potente veicolo d’in- fezione e appare evidente come, all’interno di un ambulatorio odon- toiatrico, sia importante controllare il fattore di rischio insito nell’aero- sol generato. Di fatto la qualità di una struttura si misura anche in base all’attenzione rivolta alla sal- vaguardia della salute dei pazienti e di coloro che vi operano. Chiara Pergolizzi

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