2 L'INTERVISTA Dental Tribune Italian Edition | 11/2024 Il Digital Business Management I ntervista al dott. Michele Rossini Pagina 1 considerazioni extracliniche, di ge- stione del tempo, organizzative e di gestione economica. Temi di cui si faceva un po’ fatica a parlare. Per- mettimi di dire una cosa: a me fa pia- cere perché oggi mi sembra che sempre di più il concetto recepito non sia la divisione tra clinica ed ex- traclinica, cosa che secondo me non esiste, ma un’unica realtà che ha lo scopo di soddisfare i bisogni del pa- ziente e scoprire che più sono orga- nizzato, più la mia clinica sarà effi- cace ed efficiente. Cos'è per te il Digital Business Mana- gement? Digital: bisogna imparare anche a declinare questo termine e tutto quello che ne consegue all’interno della nostra vita lavorativa. Business una parola che forse era considerata un po’ tabù negli ultimi anni, oggi di- venta importantissima e io l’ho decli- nato in italiano con sostenibile. So- stenibile nel senso che ogni nostra decisione, ogni nostro investimento, che sia un investimento di tempo, economico, e il digitale richiede inve- stimento di know-how, di tempo ed economico, deve essere sostenibile per noi, per lo studio, ma sostenibile anche per il paziente, per le cure che noi andremo a fare per il paziente. Management, che io traduco con organizzazione spiegando sempre che noi abbiamo questo obiettivo di ottimizzare quello che facciamo. Ot- timizzazione è il rapporto tra l’effica- cia delle nostre cure e l’efficienza. Mentre l’efficacia non va mai toccata, è quella asticella che noi idealmente ci siamo posti, l’efficienza invece è il grande mare in cui si comincia a lavo- rare e devo dire alla fine non si finisce mai. Questo per me è il concetto di management. Hai parlato di tre pilastri: business esperienza del paziente. Questa è la parte che mi è asse- gnata all’interno di questo corso e-learning di Digital Business Mana- gement in inglese, organizzato dalla Dentsply Sirona che comprende 18 relatori internazionali. L’approccio di business non può prescindere oggi dal pensare che i nostri studi sono delle aziende, delle piccole aziende. Noi abbiamo in mente le PMI, le piccole e medie im- prese, in realtà noi siamo delle mi- croimprese, ma il fatto di essere pic- coli non può prescindere da un ap- proccio di tipo organizzativo. Nel caso del digitale, per esem- pio, io cerco sempre di spiegare cosa vuol dire cambiare il paradigma. Di solito noi ci dotiamo della tecnologia e poi vediamo se funziona. Un busi- ness approach richiede invece che tu stabilisca uno scopo, un obiettivo, dove vuoi arrivare, con chi lo vuoi fare, che bisogni vai a risolvere; a quel punto vai sul mercato e scegli la tec- nologia che può aiutare a risolvere questo problema. Quindi questa è la mia idea di business approach, cioè un approccio strategico e dall’ap- proccio strategico andiamo a sce- gliere il tool, il mezzo. Chiaramente oggi la maggior parte delle attrezza- ture che noi utilizziamo sono digitali e quindi bisogna anche capire come introdurre queste tecnologie all’in- terno dello studio e soprattutto ac- certarsi che queste tecnologie siano immediatamente efficienti e profitte- voli, perché il problema con la tecno- logia è che non posso permettermi un anno, due anni, tre anni di curva di apprendimento, perché tra tre anni, appena avrò imparato ad usarlo, dovrò cambiarla. Il cambio di paradigma è anche l’unica proiezione che noi possiamo avere di fronte alla marea del digitale che avanza, per non essere travolti. Nonostante oggi si dica che il mondo è digitale, tutto deve essere digitale, io voglio ancora pensare che il digitale sia un’opportunità più che una necessità, un’opportunità di fare meglio le cose, di venire incontro me- glio alle esigenze del paziente. Per far sì che sia un’opportunità, come dico, la scelta deve essere strategica. Per far sì che la scelta sia strategica, non mi va bene scegliere di pancia, per- ché ce l’hanno tutti, perché fa cool, perché c’è l’offerta commerciale. No, la scelta strategica prevede appunto di mettere prima l’obiettivo che è nella testa del dentista, per osmosi, non nella testa dei suoi collaboratori e delle persone che gli stanno at- torno. Pensare un obiettivo, scriverlo, dichiararlo, condividerlo, creare ap- punto coinvolgimento attorno a que- sto obiettivo e poi, ripeto, come ul- tima cosa, importante ma deve es- sere conseguenziale, andare sul mer- cato e così avremo tutti i mezzi e tutte le possibilità per scegliere lo strumento più adatto a raggiungere l’obiettivo. Tutte queste cose insieme alla fine modificano l’esperienza non solo del nostro lavoro e del nostro team, ma anche del paziente. Ma noi non lo facciamo per modificare l’esperienza del paziente, lo facciamo per venire incontro alle esigenze del paziente. Come dice il famoso allenatore di pallavolo Julio Velasco, se il mondo è com’è e non come vuoi che sia, cosa devi fare? Alla fine, devi imparare ad adattarti a quello che è il mondo in cui devi vivere e prosperare. - mento con l’analogico? Questo è un capitolo importan- tissimo perché è quello che ho vis- suto sulla mia pelle. Noi, come stu- dio, siamo entrati nel digitale nel 2009, qualche anno più o meno. E qual è stato l’approccio? È stato in- nanzitutto quello di non fidarsi. Veni- vamo da un’esperienza in cui si era sempre fatto così, come si dice, un’e- sperienza totalmente analogica. Ci sembrava all’inizio troppo bello per essere vero, poi troppo complicato, poi anche una sensazione di smarri- mento. Perché cosa si faceva 30 anni fa o meno? Quando io non sapevo qualcosa si andava dall’opinion lea- der, si andava dal guru, si andava dal professore, da chi sapeva più di noi. Quando siamo entrati nel digitale il problema è stato che quando avevi un problema non sapevi a chi chie- derlo. E quindi questa diffidenza ini- ziale, questo dover imparare, ci ha portato in un primo tempo a seguire la logica del sistema ibrido, quindi andare sulle certezze dell’analogico introducendo pian piano alcune nuove tecnologie. Questa esperienza cosa mi ha insegnato? Che non fun- ziona: ci perdevamo le certezze dell’analogico e ci perdevamo i van- taggi digitali e quindi, considerando anche che l’investimento era ed è considerevole, non potevamo per- dere da tutti e due i lati. Quello che abbiamo capito è che l’approccio nel momento in cui diventa un approccio digitale deve essere un approccio full digital, che non significa avere fiducia cieca nel digitale come se fosse il nuovo monoteismo, ma un approc- cio full digital ragionato, andando pian piano a costruire il sistema. Ma quando l’hai costruito, l’hai trovato, basta, deve essere un approccio di questo tipo. E in questo si collega anche l’impor- tanza, hai sottolineato, della cono- scenza dell’utilizzo della tecnologia. Sulla conoscenza dell’utilizzo della tecnologia userò questa parola nuova per tanti, per me ormai diven- tata familiare, quello del mindset di- gitale. Non è tanto, come dicevamo prima, la conoscenza tecnica, in re- altà è una questione proprio di mind- set, cioè di funzionamento del nostro cervello. Ho anche declinato che cos’è il mindset digitale: è la capacità di adattare il proprio modo di vivere e lavorare alle nuove tecnologie. Spesso siamo abituati a dire che le nuove generazioni utilizzano il digi- tale, loro hanno il mindset digitale, hanno il modo di pensare del mondo digitale. È vero, in maggioranza ce l’hanno, ma per alcune parti di quello che è il mindset digitale. Però atten- zione, le nuove generazioni spesso peccano nel problema di farsi travol- gere dal digitale, cioè non sapere quando spegnere. Ecco, su questo bi- sogna ragionare. Dal nostro punto di vista, se lo le- ghiamo a un problema, diciamo, pret- tamente professionale, per esempio, è far sì che il digitale non ci crei pro- blemi con quello che è il problema della gestione della privacy, con il GDPR e con tutte queste cose. Troppo spesso vedo studi, segretarie, assi- stenti, medici stessi che scambiano dati, capisco molto velocemente, in maniera molto efficiente ma in una maniera non corretta da un punto di vista proprio della gestione del dato sensibile. In questo senso l’approccio al digitale non è così naturale come potrebbe sembrare ma va costruito, va allenato perché allora diventi un vero approccio di mindset, cioè ci mo- difica il nostro modo di pensare ma ovviamente a nostro favore. A proposito di comunicazione e sicu- rezza dei dati, quali sono i vantaggi che può fornire la piattaforma DS Core di Dentsply Sirona? Ecco, esattamente questo. Tra le varie componenti e vantaggi della piattaforma c’è per esempio avere la garanzia della gestione del dato a norma, che ritengo uno dei principali vantaggi. Anche perché se non lo fac- ciamo fare outsourcing, cioè se non lo facciamo fare da un’impresa come Dentsply che lo può fare, se lo può permettere, devo dire che per noi è decisamente complicato. Sono anni che lavoriamo su questo ed essere si- curi che il dato venga protetto è sicu- ramente un lavoro. Detto questo, il Pagina 3 IMPRINT INTERNATIONAL HEADQUARTERS PUBLISHER AND CHIEF EXECUTIVE OFFICER: Torsten Oemus CHIEF CONTENT OFFICER: Claudia Duschek Dental Tribune International GmbH Holbeinstr. 29, 04229 Leipzig, Germany Tel.: +49 341 4847 4302 Fax: +49 341 4847 4173 General requests: info@dental-tribune.com Sales requests: mediasales@dental-tribune.com www.dental-tribune.com Material from Dental Tribune International GmbH that has been reprinted or translated and reprinted in this issue is copyrighted by Dental Tribune International GmbH. Such material must be published with the permission of Dental Tribune International GmbH. Dental Tribune is a trademark of Dental Tribune In- ternational GmbH. All rights reserved. © 2024 Dental Tribune International GmbH. 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