Implant Tribune Italian Edition | 2/2023 CASE REPORT 11 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 Fig. 13 Fig. 1 - Struttura dei diversi dispositivi; Fig. 2 - Primo incontro; Fig. 3 - RX iniziale. Il Paziente ottantenne si presenta con una protesi mobile realizzata e inserita da oltre 20 anni. Il desiderio di avere i denti fissi non l’ha mai ab- bandonato. Dalla RX si evince la chiara assenza totale di osso, situazione che non permette l’inserimento degli impianti in titanio tramite intervento tradizionale. Questo caso è stato affrontato tramite l’inserimento del Pre- maxillary Device; Fig. 4 - Foto della mucosa prima dell’inserimento del de- vice; Fig. 5 - Foto durante l’inserimento del device; Fig. 6 - Foto chiusura tramite punti riassorbibili. Fine Intervento con durata massimo 18/20 minuti suture comprese; Fig. 7 - RX dopo l’inserimento del Premaxillary Device; Fig. 8 - Mucosa gengivale prima della scopertura delle viti tappo e succes- sivo inserimento dei monconi; Fig. 9 - Foto vista completa dopo aver in- serito i monconi; Fig. 10 - RX dopo 3 Mesi. Si è proceduto con l’inserimento dei monconi più provvisorio fisso; Fig. 11 - Fotografia con vista frontale prima dell’inserimento dei monconi; Fig. 12 - Inserimento provvisori - vista frontale; Fig. 13 - Senza provvisori - vista laterale; Fig. 14 - Inserimento provvisori - vista laterale; Fig. 15 - Inserimento dei denti provvisori subito dopo aver avvitato i monconi sul Device. Fig. 14 Fig. 15 Pagina 10 Discussione Gli impianti sottoperiostei, inse- riti sotto il periostio, direttamente sul tessuto osseo, sono stati proposti da Dahl in Svezia nei primi anni 40, sono stati in uso in uso negli anni 50 e 60 del secolo scorso2, 4, 8, 11-22. Successiva- mente sono andati in disuso, per le problematiche legate, soprattutto, a una notevole e non accettabile per- centuale di fallimenti. In quegli anni, la tecnica per fabbricare gli impianti sottoperiostei era molto complessa, era molto difficile ottenere un adat- tamento preciso dell’impianto al letto osseo, e la tecnica di posiziona- mento era molto indaginosa e richie- deva una notevole quantità di tempo2, 4. La struttura implantare era di grandi dimensioni e necessitava dell’esecuzione e realizzazione di lembi molto ampi per essere posizio- nata5. La necessità di un doppio in- tervento chirurgico, il primo per prendere l’impronta della struttura ossea e il secondo per posizionare l’impianto, certamente avevano un effetto negativo sui processi di guari- gione5, 11. I materiali, poi, soprattutto cromo-cobalto e vitallium non erano dei più performanti4, 5, 11. Inoltre, le tecniche radiologiche disponibili in quei tempi non permettevano un’im- magine precisa dell’anatomia della struttura ossea del paziente. Stvrecky e coll.19, nel 1993, in un lavoro retro- spettivo sui vecchi impianti sottope- riostei per un periodo di 15 anni ri- portavano una sopravvivenza a 5-10 anni del 58.3%. Dalla fine degli anni 60, gli impianti endossei proposti ini- zialmente da PI Branemark hanno completamente soppiantato e sosti- tuito gli impianti sottoperiostei4. Negli ultimi anni, grazie al notevole sviluppo sia delle nuove tecnologie digitali, CBCT, scanners intraorali, che di materiali, soprattutto metalli molto più performanti, e di tecniche di ma- nifattura e chirurgiche sempre più sofisticate, gli impianti sottoperiostei sono tornati un po’ in auge e di moda4, 5, 11. La stampa in 3D dei me- talli ha permesso un’accuratezza sempre più precisa, rispecchiando il disegno originale, durante il pro- cesso di realizzazione del manufatto implantare5, 11. La osteointegrazione del titanio è un altro fattore estremamente posi- tivo, perché permette la realizzazione di un manufatto protesico di minori dimensioni5. Infatti, ci sono delle condizioni cliniche di grave atrofia della ossa mascellari, soprattutto a livello del mascellare superiore, che possono essere trattati con grande difficoltà. Tecniche proposte sono state: • innesti ossei, tipo inlay/onlay ed impianti endossei; • rigenerazione ossea guidata (GBR); • impianti angolati; • impianti zigomatici; • impianti pterigo-mascellari; • distrazione osteogenetica; • splitting della cresta alveolare; • rialzo di seno mascellare3, 4, 6, 11. Tutte queste tecniche sono, però, molto complesse, devono essere affi- date a chirurghi orali e implantologi esperti, richiedono molto tempo per la loro realizzazione. Possono essere gravate da complicanze anche im- portanti, comportano un costo bio- logico e aggiuntivo per il paziente4. Oggi, l’utilizzo di questi impianti può offrire tutta una serie di grandi van- taggi, dalla riduzione dei tempi di trattamento, al poter evitare procedi- menti chirurgici particolarmente complessi, alla riduzione dell’onere finanziario per il paziente2. Il notevole sviluppo delle conoscenze con l’ausi- lio di nuovi hardware e software sem- pre più sofisticati hanno permesso la realizzazione estremamente precisa di modelli digitali 3D e della realizza- zione di manufatti implantari estre- mamente precisi ed efficaci2. Recen- temente, in letteratura è possibile trovare dei lavori su questa nuova ge- nerazione di impianti sottoperiostei in cui si mette in evidenza che questi impianti non sarebbero associati con segni di riassorbimento osseo, mobi- lità, infezione oppure frattura della protesi2. Soddisfacenti percentuali di sopravvivenza sono state riportate (circa 95%). Nemtoi e coll.4 riportano uno studio su 16 pazienti, seguiti per 6 mesi, con solo un impianto perso, con intervento chirurgico-protesico in un tempo medio di circa 90 minuti, senza complicazioni rilevanti. Sono stati riferiti, nell’immediato periodo postoperatorio, dolore, tumefazione ed edema, in alcuni casi sanguina- mento, in altri casi un’esposizione di parte dell’impianto senza, però, per- dita della funzionalità dello stesso. Ottima è, poi, risultata l’apposizione del dispositivo a livello del tessuto osseo, con un fit estremamente pre- ciso. Dimitroulis e coll.5 riportano uno studio su 21 pazienti, seguiti per un periodo di tempo di 22 mesi. Compli- cazioni osservate sono state: • 5 esposizioni; • 1 mobilità dell’impianto; • 1 impianto rimosso, ma per cause diverse (salute mentale). I pazienti hanno riferito dei risul- tati positivi per quanto riguarda il loro confort, la capacità della masti- cazione, e la stabilità della restaura- zione protesica fissa. Mangano e coll.11 riferiscono su 10 pazienti con una percentuale di so- pravvivenza dell’impianto sottoperio- steo del 100% a un anno, e una per- centuale di complicanze precoci del 10% e di complicanze tardive del 20%. Van der Borre e coll.10 hanno condotto uno studio su 15 pazienti, con un fol- low-up di un anno, senza nessuna complicanza e perdita di impianti. In un caso si è avuta frattura della protesi provvisoria. D’altra parte, biso- gna tener conto che si tratta di lavori con un numero esiguo di pazienti (circa 10-15), con un brevissimo o breve follow-up, da 6 mesi a pochis- simi anni. Sono presenti anche singoli case reports. L’uso, poi, di impianti sottoperiostei customizzati rende possibile una terapia rapida ed estre- mamente poco invasiva2. Uno degli aspetti più importanti in questa tipo- logia di impianti è che devono avere una stabilità meccanica sufficiente, in grado di permettere una buona resi- stenza ai carichi masticatori2. Per favorire la neoformazione di tessuto osseo, il device oggetto di questo articolo è stato fornito di fori, che servono a favorire la stabilità se- condaria dell’impianto, mentre quella primaria viene a essere garantita dalle viti di fissaggio5. Un altro possi- bile vantaggio degli impianti sotto- periostei potrebbe essere il fatto che permetterebbero una funzione este- tica, masticatoria e fonetica imme- diata3. Ringraziamenti Una menzione particolare va al Sig.re Aldo Corbo, imprenditore sanitario agrigentino meritevole di un ricono- scimento per la sua intuizione, il Pre- maxillary Device, oggetto della pre- sente ricerca. Bibliografia disponibile presso l'editore.