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today Expodental Meeting Rimini 2018

6 Expodental Meeting • Rimini Panorama odontoiatrico Italia: quale crescita per i centri dell’odontoiatria organizzata? Un’analisi che non vuole esprime- re un giudizio, né definire il “modello migliore”, ma presentare una pro- spettiva imparziale di scenario. Ro- berto Rosso, Autore del servizio, ci tiene a precisarlo. Si confermano le previsioni presen- tate lo scorso anno: la ricerca Key-Sto- ne “Panorama Mercato Odontoiatrico Italia – Target Emergenti”, che annual- mente analizza l’andamento di offerta, domanda e scenario in odontoiatria, evidenzia la presenza, a oggi (dati misurati a marzo 2018), di oltre 800 strutture (su poco meno di 40.000) legate a uno dei 50 brand dell’odon- toiatria organizzata con 4 o più sedi e un progetto di sviluppo. Valori quadru- plicati dal 2012 a oggi, periodo in cui si registra un incremento del numero di cliniche censite del + 300%. Da anni l’Istituto di ricerche Key- Stone monitora il mercato in una sorta di osservatorio costante sul panorama odontoiatrico e le differenti modalità di offerta, mettendo a confronto il model- lo “tradizionale” composto da singoli professionisti o studi associati, con quello delle società di capitale, il cui maggior peso è dovuto all’Odontoiatria organizzata (le cosiddette catene), ma senza trascurare l’offerta ospedaliera e quella pubblica, alla luce dei cambia- menti di scenario e di domanda. Premesso che il team Key-Stone in- contra da anni case history di successo sia tra gli studi tradizionali che di brand corporate, l’analisi non vuole esprimere un giudizio, né definire il “modello mi- gliore”, ma presentare una prospettiva imparziale di scenario. Un contesto che è radicalmente mutato nell’ultimo de- cennio, nell’offerta e, forse ancor più nella domanda, cioè nelle esigenze e nel comportamento dei pazienti. la In particolare, trasformazione ha avuto la sua genesi nella nascita e diffusione di strutture organizzate in forma imprenditoriale, aventi una forte capacità di azioni di marketing e comu- nicazione. Con il loro avvento, una doz- zina di anni fa, queste realtà (pur con un impatto minimo in termini numerici) hanno – di fatto – condizionato l’opi- nione pubblica e contribuito a portare il paziente a considerare la prestazione medico-sanitaria dentale anche come una “esperienza di consumo” tipica de- gli acquisti in altri settori. Un cambio di veduta che è comunque caratteristica del nostro tempo, nel quale siamo molto più orientati, navigando in rete, a ricer- visioni sono al netto di queste piccole realtà, il cui disegno im- prenditoriale potrebbe infrangersi o trovare sviluppo nel tempo. Considerando le ulteriori “prossime aperture” dichiarate dalle varie insegne (o previ- ste nel loro piano industriale), sarà interessante monitorare il trend evolutivo nel 2018, dopo un rallentamento della cresci- ta, parzialmente condizionato anche dall’incertezza normativa dell’ultimo biennio, che pare superata con l’ap- provazione del DDL Concorrenza. Interessante esaminare DentalPro con 133 cliniche si con- ferma il primo player del mercato italiano per numero di centri: nel feb- braio 2018 DoctorDentist (10 centri in prevalenza a Milano), entra nella fa- miglia DentalPro, con la cessione del 100% delle quote societarie. Già nel 2016 il gruppo DentalPro aveva acqui- sito le cliniche Giovanni Bona e Den- tadent. Seguono Vitaldent (99 sedi), Dentalcoop (65) e Caredent (45 + 18 prossime aperture dichiarate) (Fig. 2). l’ingresso in questo settore di investitori esteri e fondi poiché comincia a maturare an- che in Italia l’interesse di private equity nella gestione degli studi odontoiatrici. Trend consolidato negli USA dove, ne- gli ultimi dieci anni, più di 25 società di private equity hanno investito in modo significativo in questo settore. Tra queste, caso esemplare è l’American Dental Partners, partecipata princi- palmente dalla Summit Partners, che gestisce 23 brand, per un totale di oltre 300 cliniche, in 21 stati USA. In Italia il fenomeno è agli inizi; il pri- mo caso è stato nel 2015 con l’ingres- so in DentalPro della Summit Partners (per il 58% delle quote) e di Vam In- vestments (partecipazione minoritaria). A seguire, altri brand sono stati ogget- to d’interesse di fondi d’investimento, come Primo (ancora nel 2015 ArchiMed acquisisce una quota minoritaria nel Gruppo), Caredent (a giugno 2016 il fondo L-Capital - che fa capo al gruppo francese del lusso Lvmh - entra con una quota dell’80%), Vitaldent (controllata al 70% da JB Capital Markets a partire da novembre 2016), DentalCoop (a marzo 2017 acquisita al 75% dal fondo olan- dese Bencis Capital Partners Bv). Più recente, a maggio 2017, nuovo coinvol- gimento del brand DentalPro, con l’in- gresso di fondi assistiti da BC Partners. Questo fenomeno è interessante perché determina logiche di business particolari, che potrebbero sottostare a strategie più finanziarie che indu- striali. Ne è un esempio l’orientamento a una pianificazione di crescita attua- ta non solo attraverso lo sviluppo or- ganico dell’attività, ma anche tramite acquisizioni e accorpamenti. Questo aspetto non è da ritenersi assoluta- mente secondario, poiché il persegui- mento di crescita organica, attraverso lo sviluppo e il miglioramento delle proprie performance in ogni centro odontoiatrico (oltre che all’apertura di nuovi centri), è indubbiamente con- seguenza di maggiore reputazione, qualità complessiva, soddisfazione dei pazienti, etc. mentre la crescita per acquisizione è un fatto puramente finanziario, che prima o poi deve con- frontarsi con la capacità di competere sul territorio in chiave di soddisfaci- mento delle esigenze dei pazienti. In conclusione, considerando la vi- vacità del settore, le prossime aper- ture, l’ingresso di nuovi player e la diversità delle strategie adottate, sarà interessante continuare a monitorare l’evoluzione di questo segmento, alla luce dei cambiamenti del comparto vi- sto nel suo complesso. Ma sarà anche molto interessante valutare le per- formance di crescita dell’odontoiatria organizzata, e in genere di capitale, anche in chiave di sviluppo dei singo- li centri e non solo di acquisizione di nuove strutture. Per informazioni: pressoffice@key-stone.it Roberto Rosso Presidente Key-Stone care servizi, leggere pareri, com- parare offerte e servizi, anche in ambito salute. Di conseguenza, va progres- sivamente mutando la relazione medico-paziente; in particolare è aumentata l’attitudine alla negoziazione e all’informazione preventiva, che quasi “autoriz- za” il paziente a mettere in di- scussione la proposta di cura e invoglia al confronto comparativo. Composizione e numeriche del canale Come dicevamo, non esiste una defi- nizione o una normativa che definisca queste forme di offerta, comunemente chiamate “odontoiatria organizzata” o “catene” per via del modello stile fran- chising diffuso soprattutto agli esordi. In generale, con il termine centri dell’odontoiatria organizzata possiamo identificare quegli studi che erogano prestazioni sotto la stessa insegna o nome commerciale. Le cliniche posso- no essere di proprietà (studi a gestione diretta) del marchio oppure affiliate, tra- mite sistemi assimilabili al franchising. Differente, invece, il modello che abbiamo battezzato dei “network”: ag- gregazioni di studi dentistici che man- tengono comunque la loro indipenden- za e individualità, ma che collaborano per finalità comuni, sociali o profit, come acquisti centralizzati o servizi di marketing e comunicazione legati a un posizionamento comune, condivisione di forniture e costi extra-clinici come consulenti, legali, formazione, etc.. Dopo il boom iniziale, questo partico- lare fenomeno sembra si stia ridimen- sionando, mentre continua a crescere il business dei gruppi dell’odontoiatria or- ganizzata: oggi questi centri rappresen- tano il 2% delle strutture sul territorio (in numero di studi) e curano l’8% dei pa- zienti, per un fatturato di circa 800 mi- lioni di euro nel 2017, ovvero circa l’8% del valore totale del comparto. Secondo alcune previsioni, questi centri potranno raggiungere una quo- ta pari al 20% del mercato, ma diffi- cilmente la supereranno, sia per un naturale assestamento del canale, sia per l’evoluzione parallela del segmento che, in modo assolutamente non ridut- tivo, definiamo “tradizionale”, anch’es- so destinato a concentrarsi, con un numero maggiore di centri virtuosi e la fisiologica riduzione della quota degli studi piccoli e poco performanti. A questo proposito, non va dimenti- cata la curva demografica dei dentisti italiani, che fa prevedere a 10 anni una concentrazione enorme per quie- scenza degli odontoiatri iscritti all’Albo (una riduzione complessiva di almeno il 30%), delle cui conseguenze varrà la pena parlare in un contributo dedicato. Di certo possiamo anticipare che non andrà sottovalutato il grandissimo po- tere contrattuale che potranno conse- guire i dentisti “fornitori di prestazioni” dell’odontoiatria organizzata. Tornando ai dati, secondo la ricer- ca, a marzo 2018, l’odontoiatria orga- nizzata conta 807 centri di brand con 4 o più sedi, a cui presto si aggiunge- ranno una trentina di nuove sedi (già segnalate come prossime aperture nel 2018). Le previsioni indicano che il prossimo anno l’odontoiatria orga- nizzata supererà la soglia delle 1.000 strutture (Fig. 1). Per quanto riguarda la distribuzione geografica, l’area Nord-ovest registra la percentuale più alta (41%) dovuta a un’elevata concentrazione di cen- tri nelle province di Milano e Torino. Seguono il Nord-Est (27%), il Centro (21%) e il Sud Italia (11%). Le strategie adottate dai brand variano anche dal punto di vista della copertura geogra- fica e del numero di unità operative per insegna. Dai “big player” nazionali (e internazionali) con un numero elevato di cliniche, alle insegne che coprono tante regioni ma con pochi centri in ognuna (bassa capillarità) o viceversa che presidiano il territorio (alta capilla- rità), passando per i brand con un nu- mero ridotto di sedi in poche regioni. Analizzando l’andamento di questo segmento, si nota uno sviluppo più mar- cato tra il 2012 e il 2013, recuperato nuovamente nel 2015, nonostante di- verse chiusure registrate nel 2014 (es- senzialmente affiliati in franchising che non hanno avuto successo). Particolare attenzione va data al proliferare di picco- le start-up con poche aperture ciascuna, sovente si tratta di studi pilota. Le pre-

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