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cosmetic dentistry Italian Edition Vol. 1, 2018

special _ polishing Il polishing: da cosmetico a terapeutico Autori_Consuelo Sanavia*, Alessia Maria Iommiello* * Igienista dentale _Introduzione D urante le sedute ordinarie di richiamo igieni- co, solitamente, il clinico rimuove i depositi calcificati e attua il deplaquing con strumenti ultrasonici e/o manuali per poi pulire e lucidare le superfici dentali con strumenti rotanti e pa- ste da profilassi. Quando si utilizza l’espressione “polishing” ci si riferisce a un duplice processo conosciuto come cleaning and polishing1. Nel 2012 l’American Dental Hygienists’ As- sociation (ADHA) ha redatto un Position Paper sul tema dove si evidenzia la differenza tra i due termini, definendo cleaning come “l’abilità di ri- muovere detriti e materia estranea dai denti” e polishing come “l’implementazione nel rendere la superficie dentale liscia e brillante”2. Negli ultimi decenni l’ADHA e l’AAP (Ameri- can Academy of Periodontology) propongono una visione differente in merito allo stesso trat- tamento. Gli igienisti dentali propongono, già dal 1976 con Ester Wilkins, il concetto di polishing selettivo, ovvero l’utilizzo della procedura solo laddove vi sia presenza di pigmenti estrinseci, mentre i parodontologi propongono il polishing come mezzo profilattico per ridurre la ricoloniz- zazione batterica, indicandone l’attuazione dopo ogni trattamento di scaling3. La posizione degli igienisti dentali è sostenu- ta dal fatto che le paste abrasive sono in grado di ridurre il tessuto dentale eliminando così anche lo strato superficiale di fluoro presente in esso e che rendere lucida la superficie dentale non può comunque impedire la colonizzazione batterica sulle superfici trattate. Il termine di “polishing selettivo” ha avuto sempre più consensi nella comunità odontoiatri- 34 cosmetic dentistry 1_2018 ca rafforzando il concetto che il trattamento do- vrebbe essere rivolto alle uniche aree visibilmente pigmentate, dopo la procedura di debridement4 e che denti appena erotti, corone e ricostruzioni in composito non dovrebbero essere trattate per prevenire eventuali danni alle superfici5. Anche nell’ultimo trattato della E. Wilkins 2013 si riba- disce il concetto che questa procedura dovrebbe essere eseguita solo per ragioni puramente este- tiche e non come trattamento di profilassi6. Probabilmente il termine più accurato per questa procedura sarebbe selective stain removal (rimozio- ne selettiva dei pigmenti) che indica la rimozione dei pigmenti usando coppette di gomma, spazzolini ro- tanti, paste da profilassi o sistemi di air-polishing in base alle esigenze individuali del paziente7. Tra l’aspetto cosmetico e profilattico delle due posizioni, una considerazione importante che si dovrebbe fare quando si parla di polishing è che ci sono anche le aspettative dei pazienti i quali apprezzano molto l’aspetto e la sensazione dei denti lucidati. La realtà è che malgrado i limiti posti dalla po- sizione dell’ADHA, pochi igienisti dentali riescono a sottrarsi all’eseguire la procedura del polishing an- che quando non è necessaria perché la sensazione piacevole delle superfici lucidate, il buon gusto e l’odore della pasta utilizzata rendono questa pro- cedura molto gradita e gratificante per il paziente rispetto al solo debridement, creando un feedback positivo con il trattamento professionale. Questa importante esigenza clinica ha porta- to le aziende a migliorare la tecnologia utilizzata nel produrre le paste per il polishing offrendo l’opportunità di trasformare questa procedura in un nuovo concetto di “polishing terapeutico”, ovvero un mezzo per continuare a gratificare il

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