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Dental Tribune Italian Edition No. 12, 2017

Hygiene Tribune Italian Edition - Dicembre 2017 Speciale 15 Il polishing: da cosmetico a terapeutico Consuelo Sanavia*, Alessia Maria Iommiello* * Igienista dentale < pagina 9 Nel 2012 L’American Dental Hygienists’ Association (ADHA) ha redatto un Position Paper sul tema dove si evidenzia la dif- ferenza tra i due termini, definendo cleaning come “l’abilità di rimuovere detriti e materia estranea dai denti” e polishing come “l’implementazione nel rendere la superficie dentale liscia e brillante”2. Negli ultimi decenni L’ADHA e l’AAP (American Academy of Periodontology) propongono una visione differente in merito allo stesso trattamento. Gli igienisti dentali propon- gono, già dal 1976 con Ester Wilkins, il concetto di polishing selettivo, ovvero l’utilizzo della procedura solo laddove vi sia presenza di pigmenti estrinseci, mentre i parodontologi propongono il polishing come mezzo profilattico per ridurre la ri-colonizzazione batterica, indicandone l’attuazione dopo ogni trattamento di scaling3. La posizione degli igienisti dentali è sostenuta dal fatto che le paste abrasive sono in grado di ridurre il tessuto dentale eliminando così anche lo strato superficiale di fluoro presen- te in esso e che rendere lucida la superficie dentale non può comunque impedire la colonizzazione batterica sulle super- fici trattate. Il termine di “polishing selettivo” ha avuto sempre più con- sensi nella comunità odontoiatrica rafforzando il concetto che il trattamento dovrebbe essere rivolto alle uniche aree visibilmente pigmentate, dopo la procedura di debridement4 e che denti appena erotti, corone e ricostruzioni in composito non dovrebbero essere trattate per prevenire eventuali danni alle superfici5. Anche nell’ultimo trattato della E. Wilkins 2013 si ribadisce il concetto che questa procedura dovrebbe esse- re eseguita solo per ragioni puramente estetiche e non come trattamento di profilassi6. Probabilmente il termine più accurato per questa procedura sarebbe selective stain removal (rimozione selettiva dei pig- menti) che indica la rimozione dei pigmenti usando coppette di gomma, spazzolini rotanti, paste da profilassi o sistemi di air-polishing in base alle esigenze individuali del paziente7. Tra l’aspetto cosmetico e profilattico delle due posizioni, una considerazione importante che si dovrebbe fare quando si parla di polishing è che ci sono anche le aspettative dei pa- zienti i quali apprezzano molto l’aspetto e la sensazione dei denti lucidati. La realtà è che malgrado i limiti posti dalla posizione dell’ADHA, pochi igienisti dentali riescono a sottrarsi all’ese- guire la procedura del polishing anche quando non è neces- saria perché la sensazione piacevole delle superfici lucidate, il buon gusto e l’odore della pasta utilizzata rendono questa pro-cedura molto gradita e gratificante per il paziente rispet- to al solo debridement, creando un feedback positivo con il trattamento professionale. Questa importante esigenza clinica ha portato le aziende a migliorare la tecnologia utilizzata nel produrre le paste per il polishing offrendo l’opportunità di trasformare questa procedura in un nuovo concetto di “polishing terapeutico”, ovvero un mezzo per continuare a gratificare il paziente por- tando sulle superfici dentali agenti terapeutici come remine- ralizzanti, desensibilizzanti e antimicrobici. Questo articolo esaminerà i principi delle paste per il polishing in generale, le caratteristiche delle nuove tecnologie applicate ai materiali e un nuovo prodotto per il trattamento one-step e desensi- bilizzante. Caratteristiche delle paste da profilassi Le paste per profilassi contengono sostanzialmente: abrasivi, leganti, umettanti, coloranti, conservanti e aromi in propor- zioni variabili8. L’abrasivo contenuto in esse è ciò che permet- te la rimozione dei pigmenti (cleaning) e la lucidatura delle superfici trattate (polishing). Gli abrasivi sono disponibili con particelle di misura variabi- le (grosse, medie e fini) e con diverse forme (rotonde, irregola- ri, piatte etc.). Gli abrasivi maggiormente utilizzati nelle paste per profilassi sono riportati nella Tab. 1. Le paste più avanzate tecnologicamente hanno particelle abrasive che si modellano durante l’uso diventando sempre più fini e adatte alla lucidatura9. ABRASIVI Potassium Sodium Alluminium silicates Sodium bicarbonate Calcium carbonate Alluminium trioxide Phosphate salts (pyrophosphate, dibasic calcium phosphate, tricalcium phosphate) Calcium sodium phosphosilicate Perlite Silica Pumice Zirconium silicate Alluminium Oxide Diamante 0,04 0,05 2 2,5 3 2,5-3,5 5 6 6 6-7 6-7 6,5-7,5 7-9 10 Tab. 1 - La tabella mostra gli abrasivi più utilizzati nelle paste per la profilassi e la loro durezza secondo la scala di Mohs11. Parametri che determinano l’abrasività delle paste L’abrasività della procedura del polishing può variare per di- versi fattori che vanno dalle caratteristiche della pasta come la forma, la grandezza e la concentrazione delle particelle abrasive; tipo di mezzo usato (gommino, spazzolino), velocità o giri/sec. del rotore; le variabili dell’operatore che possono modificare la pressione sul substrato, il tempo di applicazio- ne e la quantità di pasta applicata. Vediamo in seguito alcune di questi fattori nel dettaglio: a) la durezza delle particelle è un parametro importante in quanto se una particella possiede una maggior durezza, rispetto la superficie da trattare, risulterà più abrasiva. La scala di Knopp e quella di Mohs vengono impiegate nella classificazione della durezza dei materiali. In particolare la seconda che utilizza come riferimento dieci minerali ordinati per durezza progressivamente maggiore tali che ciascuno scalfisce quello che lo precede ed è scalfito da quello che lo segue. In linea teorica questo può significare che l’abrasivo contenuto nella pasta deve avere una du- rezza inferiore rispetto alla superficie da trattare per non arrecarne danno10. (Tab. 1, Tab. 2). b) La grandezza delle particelle aumenta l’abrasività della pa- sta sulla superficie. Le particelle grosse sono efficaci nella rimozione dei pigmenti ma essendo più abrasive possono creare dei solchi in grado di modificare la superficie tratta- ta favorendo un maggior trattenimento di placca batterica e pigmenti. Viceversa più sono piccole le particelle, più le rigature saranno fini e quindi la superficie risulterà più li- scia12. Alcuni testi riportano una classificazione della grana delle paste, come, fine da 0 a 10 micron, media da 10 a 100 micron e grossa tra 100 e 500 micron. Tuttavia questo non è un metodo standardizzato, e a oggi non esiste una classifi- cazione universale della grandezza delle particelle13. c) Le particelle con forme sferiche sono meno abrasive di quelle larghe, irregolari o angolari (Figg. 1, 2). d) La concentrazione delle particelle abrasive contenute nella pasta, ne influenza la capacità abrasiva. La concentrazione è il numero di particelle abrasive contenute nella pasta rispet- to al lubrificante (acqua o umettante) e in generale più la pa- sta è riempita più risulta essere abrasiva, un esempio sono le polveri di abrasivo che essendo prive di acqua risultano molto efficaci ma altamente abrasive e possono facilmente causare il surriscaldamento del substrato. e) Il tempo di contatto influenza l’abrasività del mezzo, quindi maggiore è il tempo di contatto nell’area da lucidare, mag- giore sarà l’abrasività. Alcuni studi hanno dimostrato che può verificarsi una perdita di 4 micron di smalto se il dente viene lucidato per un tempo di 30 secondi utilizzando una pomice14. La tempistica raccomandata per lucidare una su- perficie varia tra i 5 e i 20 secondi in base alle caratteristi- DUREZZA MOHS MATERIALE DUREZZA MOHS Cemento Resine Acriliche Dentina Oro Amalgama Composito Smalto Titanio Ceramica 2-3 2-3 3-4 3-4 5-6 5-7 5,5-6 6 6-7 Fig.1 Tab. 2 - La tabella mostra la durezza dei tessuti e i materiali presenti nel cavo orale secondo la scala di Mohs12. Fig.2 che del substrato (smalto, dentina o composito) e della pasta. Riducendo il tempo di contatto, si riduce la frizione e quindi la generazione di calore, fattore importante per evitare il sur- riscaldamento del dente e la preservazione della brillantezza dello smalto15. f) La velocità del rotore è intesa come numero di giri al minuto del dispositivo rotante, maggiore è la velocità maggiore sarà l’abrasività sul substrato. In uno studio in vitro è stato dimo- strato come l’aumento dell’abrasione di smalto e dentina è direttamente collegato all’aumento delle rotazioni16. La velo- cità raccomandata deve essere al di sotto dei 2500-3000 giri al minuto, la letteratura raccomanda di usare la velocità più bassa per ridurre la frizione ed evitare il surri-scaldamento del dente. Oggi le tecnologie ci mettono a disposizione riuniti dotati di display che indicano il numero di giri del manipolo e che possono aiutare l’operatore a mantenersi al di sotto della velocità consigliata. g) La pressione applicata al mezzo contro la superficie da luci- dare può aumentare significativamente l’alterazione del sub- strato. La letteratura raccomanda poca pressione e intermit- tente, comunque non superiore ai 150 grammi. Questo è un fattore operatore/dipendente, pertanto ci si può esercitare ad acquisire una pressione ideale utilizzando una bilancia da cu- cina14,16,17. h) La quantità di pasta deve essere adeguata all’utiliz- zo in quanto ne influenza sia l’efficacia sia la sicurezza. Se si interpone poca pasta tra il mezzo (coppetta o spazzolino) la rimozione dei pigmenti risulterà poco efficace e si aumente- rà la frizione. La quantità di pasta va modulata in base alla pre- senza o meno di pigmenti e alle caratteristiche della pasta18. Indice di abrasività Come abbiamo potuto vedere nei punti elencati precedentemen- te, esistono molti parametri da valutare al fine di sapere quanto può essere o meno abrasivo un trattamento di polishing sulla su- perficie dentale o proteica rendendo difficoltosa una comparazio- ne tra le differenti paste in commercio. A tale scopo è stato messo a punto un indice denominato PPI (Pro- phylaxis Paste Index) che viene calcolato separatamente per lo smalto e per la dentina con la seguente formula : Valori alti di PPI indicano un alto potere pulente e ridotta abrasi- vità della sostanza dentale che risulta in una superficie liscia. Questo indice, potrebbe essere un ottimo indicatore sugli ef- fetti delle paste, ma a oggi viene poco utilizzato dalle case produttrici. > pagina 16

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