19 Speciale Perio Tribune Italian Edition - Ottobre 2016 Il posto della parodontologia Il dott. Blanco Carrion (in foto), professore di Parodontologia alla facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Santiago de Compostela, in Spagna, ha assunto la carica di nuovo presidente della European Federation of Periodontology (EFP), che sta celebrando il suo venticinquesimo anniversario quest’anno. Nell’intervista condivide con noi le sue idee e i suoi propositi per il futuro. EFP: Prof. Blanco, quali sono i principali obiettivi della sua presidenza? Prof. Juan Blanco Carrion: mi aspetto un anno estremamente interessante per l’EFP e la squa- dra di parodontologia. Dobbiamo continuare a lavorare a contatto con le altre organizzazioni che possono aiutarci a migliorare la nostra po- sizione globale, come l’Union Europea e l’Orga- nizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre, il numero di programmi in parodonto- logia accreditati con l’EFP deve aumentare. Al momento ce ne sono dodici in dieci Paesi. Dob- biamo anche condividere il bagaglio acquisito da tutte le società nazionali europee impegna- te in progetti di ricerca, inclusi gli studi epide- miologici, i legami tra la parodontite e la ma- lattia sistemica, come anche gli studi genetici. Infine abbiamo un grande bisogno di migliora- re la comunicazione e le campagne, in modo da veicolare la nostra visione e la nostra esperien- za. Abbiamo necessità che i media, specializzati e non, ci aiutino a intessere un rapporto tra la parodontologia e il grande pubblico. A chi pensa come parte del team di parodontologia? Vedo la comunità di parodontologia come una categoria che comprende i dentisti specialisti, gli igienisti dentali, gli studenti, i cardiologi, i diabetologi, i ricercatori e gli altri professionisti della salute. Qual è la sua strategia vincente? Aprire una discussione sulla parodontologia a un livello nazionale, europeo e globale, sarà di aiuto per dare alla parodontologia stessa il po- sto che si merita in termini di riconoscimento ufficiale. Allo stesso tempo servirà per aumen- tare la consapevolezza tra i politici, i giornalisti, i pazienti e i professionisti della salute. Facendo questo, l’EFP adempierà al suo ruolo di divulga- tore di conoscenza, contribuirà inoltre al mi- glioramento della salute orale in Europa e nel mondo. È importante considerare che io prose- guo il grande lavoro fatto dai miei predecessori, il prof. Søren Jepsen, il prof. Phoebus Madianos e il dott. Michèle Reners, solo per citarne tre. Il compito dell’EFP è quello di servire non solo la comunità di parodontologia ma anche l’inte- resse più generale del pubblico. Che ruolo giocherà la comunicazione? Una migliore comunicazione con le istitu- zioni, le università, i media e le organizza- zioni medicali è di fondamentale importan- za per i nostri obiettivi strategici. Questo porterà a un cambiamento di comporta- mento in termini di igiene periodontale. Il nostro programma di affari pubblici ci per- metterà di impegnarci con alleati in grado di supportarci nel veicolare il messaggio a una platea sempre più vasta e con sempre maggior successo. Dobbiamo inoltre guar- darci dentro e migliorare anche la comuni- cazione interna. Il supporto che diamo ai nostri centri accre- ditati, i quali sono impegnati nei program- mi post-laurea e nell’incoraggiamento del- la cooperazione scientifica tra le società nazionali a noi affiliate, non è sufficiente. Vorrei spingere la coordinazione tra i comi- tati EFP e mostrare come possiamo effica- cemente aiutare le nostre società affiliate. Come contribuiscono all’EFP le 29 società nazionali? Insieme siamo più forti. Agendo collettivamente, scambiandocistrumentierisorseeimparandoreci- procamente,riusciremoacambiareilmodoincuisi guardaallaparodontologia.Conleattivitàorganiz- zateintuttaEuropaperilgiornodellaparodontolo- gia,abbiamodimostratochepossiamofarlo. A quali collaborazioni pensa? Il professor Jepsen ha stretto relazioni con i membri del Parlamento Europeo, dell’OMS e con la Federazione Internazionale per il Dia- bete, tra gli altri influenti alleati. Voglio conti- nuare il suo lavoro, sviluppando questi legami durante la mia presidenza. Che cosa prevede quindi l’agenda di EFP per il futuro? Stiamo lavorando a un altro grande passo avanti con il giorno della parodontologia del prossimo maggio 2017 e attendiamo il con- gresso di EuroPerio9 ad Amsterdam a giugno 2018. Stiamo anche pianificando workshop e meeting per il prossimo anno. Sarà un tempo di sfide ma credo fermamente che l’EFP possa fare la differenza per quanto riguarda la salute orale in Europa e non solo. A cura della European Federation of Periodontology Il prof. Juan Blanco Carrion, presidente della European Federation of Periodontology a una conferenza stampa in Germania (Photograph: Claudia Duschek, DTI). Intervista: “La perimplantite, una malattia provocata dall’uomo?” Il prof. Tomas Albrektsson cominciò a lavorare con il prof. Per-Ingvar Brånemark nel 1967 per sviluppare gli impianti osteointegrati, craniofacciali e ortopedici. Da allora, Albrektsson ha pubblicato diversi articoli contribuendo in maniera significativa alla consapevolezza sull’osteointegrazione e sul meccanismo biologico che sta alla sua base. Al meeting dell’European Association for Osseointegration (EAO) di quest’anno, a Parigi, Albrektsson ha presentato lo stato dell’arte riguardo all’osteointegrazione e Dental Tribune Online ha l’onore di discuterne con lui. Dental Tribune Online: Prof. Albrektsson più di 50 anni fa il prof. Per-Ingvar Brånemark ha scoperto il processo di osteointegrazione, gettando le basi per l’odontoiatria implantare. Da allora il concetto è stato accettato su larga scala e sono stati condotti numerosi studi. Quali sono i più recenti sviluppi? Prof. Tomas Albrektsson: Durante i primi decenni l’osteointegrazione era percepita come la risposta naturale dell’osso agli impianti in titanio, in un processo di “ ferita e rimarginazione” dell’osso. Con il tempo questa concezione è stata smentita dalla ricerca. Oggi la consideriamo come una reazione da corpo estraneo che serve a proteggere il corpo da un potenziale pericolo, come quello del titanio o della ceramica degli impianti. Nella sua ricerca enfatizza la conoscenza delle basi biologiche che sottostanno al concetto di osteointegrazione, come anche degli aspetti immunologici, al fine di migliorare i risultati dei trattamenti implantari. Quanto è stato fatto in questo campo, e quanto c’è ancora da fare? Di certo c’è bisogno di più ricerca. Molti articoli hanno trattato il tema del rapporto tra l’impianto e la legatura come combinazione di due corpi estranei. Anche nella ricerca clinica si è affrontato un simile tema, questa volta riguardante le particelle di cemento che accidentalmente entrano nei tessuti molli intorno all’impianto. Si può considerare di successo quell’impianto che raggiunge un delicato stato di equilibrio, detto equilibrio da corpo esterno. Se altri eventi, o certe condizioni del paziente (tabagismo, predisposizioni genetiche, medicinali come gli antidepressivi), sono presenti, questo equilibrio può esse- re disturbato e si può arrivare a un riassorbimento osseo. Altri fattori come l’eccessiva forza o la rottura di componenti possono esacerbare la situazione e portare a reazioni osteolitiche. C’è stato un acceso dibattito sulla perimplantite negli ultimi anni e non c’è un consenso unanime sul fatto se si possa considerare una patologia o una reazione da corpo estraneo nella cavità orale. Qual è il principale problema e quale la sua opinione in merito? Secondo me la perimplantite potrebbe essere una patologia artificiale, provocata dall’uomo. L’osso in- tornoall’impiantopuòandarperdutoattraversounareazioneasettica.Siarrivaaunasituazioneincui viene alterato il delicato equilibrio tra gli osteoblasti e gli osteoclasti, in favore di questi ultimi. In ogni caso, gli impianti problematici esistono, anche se in numero minore di quanto ipotizzato in pas- sato. Oggi si parla di una percentuale di impianti che compromettono l’osso del 1-2%. Come possono le ultime scoperte biologiche e in osteointegrazione aiutare gli implantologi nel loro lavoro, soprattutto per quanto riguarda il trattamento delle perimplantiti con perdita di osso? Attualmente non disponiamo di mezzi efficaci per trattare tutti i casi. Anche se i problemi immuno- logici rappresentano un rischio marginale di perdita ossea, i batteri possono esacerbare la situazione nel tempo. In questo caso si rende necessario l’uso di antibiotici. Non conosciamo il ruolo dei batteri in questo contesto: rappresentano solo una colonizzazione secondaria? Attivano le cellule che riassorbo- no l’osso? Insieme al biofilm contribuiscono alla reazione da corpo estraneo risultante in un’ulteriore perdita ossea? Ancora, i dentisti devono attivarsi per capire il motivo della perdita di osso. Potrebbe essere a causa di particelle di cemento? Detto questo, anche l’allarmismo esasperato ha portato a casi di sovra-trattamento. In molti casi è sufficiente seguire con un attento follow-up l’impianto in modo da stabilire se esiste davvero un peggioramento delle condizioni o se si è raggiunto un equilibrio senza ulteriori perdite di osso. Il prof. Tomas Albrektsson ha presentato il suo articolo dal titolo “What is osseointegration in 2016 and why are we losing bone around dental implants?” il 30 settembre, alle ore 13.30 presso l’anfitea- tro blu del palazzo dei congressi di Parigi. L’argomento verrà trattato durante il 4° Congresso dell’Istituto Stomatologico Toscano, dal titolo “Le patologie perimplantari”. Maggiori informazioni sono disponibili a pag. 37. Dental Tribune International Prof. Tomas Albrektsson al congress EAO 2015. Albrektsson lavora at- tualmente come professore emerito presso il dipartimento di biomate- riali dell’Univrsità di Goteborg, in Svezia. (Foto: Claudia Duschek, DTI).