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Dental Tribune Italian Edition No. 7, 2016

13 Dental Tribune Italian Edition - Luglio+Agosto 2016 Strutture Odontoiatriche Cliniche odontoiatriche o studi mono professionali? Il dibattito visto con l’occhio del professionista “Cliniche odontoiatriche o studi mono professionali. Quali fatto- ri condizionano la scelta dei pa- zienti?”, questo il titolo dell’in- contro tenutosi a Expodental Meeting il 20 maggio, al quale hanno preso parte Enrico Gher- lone (dell’Istituto San Raffaele), Roberto Callioni (ANDI), Laura Filippucci (Altroconsumo) Marco Rotelli in rappresentanza del fra- tello Paolo (AD del Gruppo San Donato), Matteo Anzani (Dental Pro) e Monica Dezzani (Cliniche Bona). Gli interlocutori si sono impegnati nella disamina del de- licato tema da vari e qualificati punti di vista. Assenti, “perché non invitati” come ha tenuto a precisare l’organizzatore, i rap- presentanti sindacali. Per tre ore sono stati presentati dagli operatori intervenuti dati e diagrammi, scandendo i vari punti di forza e le criticità. Ne è emerso un quadro variegato, che riecheggiava le risultanze emerse dal IV Workshop di Economia in Odontoiatria di Cernobbio nella relazione di Mario Del Vecchio e di Erika Mallarini dell’Università Bocconi. Secondo i dati del Servizio studi ANDI, non sarebbero le catene low cost le responsabili dell’erosione della clientela degli studi mono- professionali, rappresentati per circa l’80%, ma i grandi gruppi sa- nitari in grado, attraverso un’im- magine di struttura efficiente, di far percepire la qualità mediante un sistema integrato delle disci- pline mediche e chirurgiche con un nuovo servizio: l’odontoia- tria. La loro azione andrebbe dal reclutamento dei più qualificati operatori all’ottimizzazione degli acquisti, all’assistenza, alla pro- duzione di letteratura scientifica, in un quadro a tutto tondo. Il dentista, così come viene inte- so oggi, ha quindi un antagonista non facile, dalle indubbie qualità professionali e manageriali con cui interfacciarsi. Non un collega ma un’azienda dotata di figure professionali in grado di soddi- sfare le varie esigenze presenti sul mercato della sanità e ora di for- nire anche prestazioni odontoia- triche di qualità. Contrariamente a quanto vagheggiato da sempre da coloro che non sono in grado di promuovere campagne pubbli- citarie, questo dato vale circa un 5% stando ai dati forniti dai grup- pi privati presenti al dibattito. Molto più importanti risultano la dedizione e l’ascolto offerti al potenziale paziente. Nelle catene low cost questo ruolo è svolto da personale all’uopo dedicato, con- trariamente a quanto accade in genere negli studi, dove il poten- ziale paziente, dopo essere stato sottoposto a un accurato esame clinico e anamnestico, viene in- formato del piano terapeutico ritenuto più consono alla sua patologia. In genere, si indicano inoltre le priorità necessarie. Se il paziente necessita di ulteriori chiarimenti sul piano di cura, si rivolge alla persona che gli illu- stra preventivo e modalità di pa- gamento. Nelle catene questa fondamenta- le funzione è interpretata da una persona dotata di peculiari carat- teristiche comunicative in grado di trasmettere la qualità della prestazione erogata, a fugare, ancor prima che nascano, even- tuali dubbi circa gli interventi contemplati nel piano di cura. In tal modo il potenziale paziente muta repentinamente il suo stato di diffidenza, diventando cliente. Questo è sicuramente una delle ragioni del successo delle catene. Dal 2009 anno, in cui la crisi si espresse con maggiore virulenza, la maggior parte dei dentisti ha contratto gli investimenti come risposta ai ridotti introiti. Le leggi dell’imprenditoria insegnano che queste situazioni devono essere fronteggiate investendo, decisio- ne che richiede una lungimiranza non comune. Dall’analisi svolta dai relatori della tavola rotonda è emerso che i dentisti sono la causa della crisi e devono mette- re in campo le migliori risorse di cui dispongono, pena l’inazione dell’attività fino alla sua scom- parsa o peggio al sopraggiungere dell’antieconomicità. I grandi gruppi sanitari hanno come obbiettivo la colonizza- zione del settore odontoiatrico, attraverso l’erogazione di presta- zioni di qualità paragonabile alle strutture private mediate da un marchio ad alta affidabilità. Gli antagonisti dei professionisti si sono già organizzati, mentre essi essendo per definizione “liberi” non lo stanno facendo. Alla tavola rotonda tuttavia non era presente un protagonista si- gnificativo, che spesso brilla per la sua latitanza, ossia la miriade di professionisti. Per la precisione dei 60.597 iscritti all’albo odon- toiatri (dato del dicembre 2015) dei quali 36.341 “liberi professio- nisti”, a rappresentare il tessuto connettivo dell’odontoiatria ita- liana, presenti ovunque già prima della comparsa delle catene o dei gruppi sanitari. Professionisti di scarse attitudi- ni manageriali, ma buone capa- cità terapeutiche, conquistate sul campo, coltivate attraverso corsi e congressi finanziati in proprio, distillando il sapere utile ai pazienti attraverso la sperimentazione clinica quoti- diana, verificando la veridicità di quanto spesso spacciato per vero da relatori sponsorizzati. Data l’attualità dell’argomen- to trattato, il suo impatto sulla professione, e considerando la miriade di persone presenti a Expodental Meeting, tuttavia erano pochissimi quelli parte- cipi a una tavola rotonda orga- nizzata con grande diligenza, superando le difficoltà di riuni- re figure da vari ambiti (ma non quella libero professionale). Nella disamina dei dati forniti dai due rappresentanti del marketing delle catene presenti all’incontro non è stata focalizzata la figura dell’addetto commerciale o alla comunicazione, il quale spesso pilota il cliente ad accettare il preventivo caldeggiandone il pa- gamento mediante un finanzia- mento. In questo modo il centro verrà immediatamente liquida- to dalla finanziaria, accollando spesso al cliente le spese, mentre il lavoro già pagato verrà nel tem- po eseguito Non si è focalizzato abbastanza l’aspetto legato ai finanziamenti, ai quali generalmente i pazienti non hanno necessità di ricorre- re, perché sono i dentisti stessi a fungere da finanziaria, dilatando i tempi di pagamento a scapito del loro guadagno. Né si è accennato alla consulenza economicamente disinteressata che il professioni- sta elargisce ai pazienti rispetto a quelli fornita ai clienti delle catene con spiccata tendenza alla mercificazione delle patologie (leggi, ad esempio sulla conser- vazione delle strutture dentali rispetto alla sostituzione con im- plantoprotesi). E ancora non si è fatto cenno alle valutazioni circa l’abilità profes- sionale riguardanti l’arruolamen- to degli odontoiatri da parte delle catene. Si sarebbe chiarito “come mai” molti neolaureati vi trovino impiego e invece professionisti più esperti, spesso se ne distac- chino. La connotazione low cost che spesso identifica le catene, si è detto ancora, non è corretta (infatti è stata rifiutata anche dai rappresentanti presenti alla ta- vola rotonda), dal momento che i loro prezzi sono spesso simili a quelli dello studio. Le aspettative dei pazienti sono cambiate in funzione della com- parsa dei social network e di nuo- vi sistemi di comunicazione di massa più specifici e peculiari, in grado di raggiungere anche fran- ge di popolazione prima non in- formate. Queste tecniche comu- nicative hanno dirottato notevoli gruppi di persone verso coloro i quali le hanno adottate, stornan- dole dai precedenti obiettivi. È necessario di conseguenza che i professionisti rivedano le tecni- che comunicative e prendano in considerazione l’associazionismo. Una soluzione che assomiglia tan- to all’uovo di Colombo. Luigi Grivet Brancot < < pagina 12 Uno è quello degli studi dentisti- ci che si aggregano in network di servizi con l’obiettivo comune di aumentarne visibilità ed efficien- za (in media 60 studi affiliati). Fenomeno piuttosto recente e di rapida diffusione, in quanto l’ap- partenenza a un network permet- te ai singoli studi di mantenere la propria individualità e godere dei vantaggi di essere membro di un gruppo: strategie di marketing e comunicazione condivise; acquisti centralizzati; partnership e rete di consulenti; definizione di requi- siti e standard comuni ecc. Si può identificare un’analogia con la di- stribuzione organizzata nata negli anni Settanta in antitesi alla gran- de distribuzione, un cambiamento storico nel commercio di massa, sfociato spesso in iniziative im- prenditoriali condivise. Vi è poi il modello dei “grandi cen- tri odontoiatrici”, con strutture da varie decine di poltrone, organizzate dal punto di vista strut- turale come ospedali (spesso attrezzati inter- namente con sale opera- torie e pronto soccorso), ma specializzati in odon- toiatria con un’estesa gamma di trattamenti odontostomatologici generalmente offerti a prezzi competitivi, spes- so in convenzione. A dif- ferenza delle catene, la logica che regola le stra- tegie dei grandi centri è quella di attrattività, attirando pazienti anche da zone lontane, ma senza perdere la credibilità e la qualità del dentista di prossimità. È chiaro quindi quanto l’arena competitiva dell’offerta odon- toiatrica sia oggi abitata da di- verse tipologie di attori. Questo fermento contribuisce alla sen- sibilizzazione della popolazione alla cura orale e al contempo of- fre al cittadino diverse tipologie di strutture in cui recarsi, intercettando vecchia e nuova domanda, in una condizione non più isolata, ma di confronto, di compa- razione e di competizione. Affinché sia positiva deve passare attraverso sistemi di garanzia della qualità della prestazione nel lungo periodo e non limitata da arcaici progetti di difesa corporativa, che potrebbe- ro allontanare oltremodo il paziente dallo studio den- tistico tradizionale. Roberto Rosso

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