Please activate JavaScript!
Please install Adobe Flash Player, click here for download

Dental Tribune Italian Edition

6 Dental Tribune Italian Edition - Dicembre 2015L’Intervista << pagina 1 La prima: la responsabilità di “in- serirsi” come una figura credibile all’interno della Commissione, cer- cando cioè di acquisire prima di tut- to uno spazio di ascolto. La seconda considerazione riguarda l’auspicio di sapere trasformare l’attenzione della Commissione in sostegno e adesione alle eventuali nuove pro- gettualità formative tarate speci- ficatamente per l’universo odon- toiatrico. La terza considerazione: rispondere alle alte aspettative della categoria che a ogni nuovo cambio di persona (pur nello stesso ruolo) si attende dal rappresentante neo inserito. L’ECM oggi è un vantaggio o un peso. Lei come lo vede? La domanda di per sé, così come è impostata, sembra suggerire la dico- tomia implicita nella sigla ECM, ri- versando su ogni iscritto all’ordine il dilemma (quasi shakespeariano) sul significato stesso del senso dell’ECM. Avere crediti (da inserire nella costru- zione del credito personale) oppure essere obbligati a incasellare crediti con una raccolta punti triennale? La vita insegna che ogni situazione ha due facce, due prospettive, due angolazioni. L’ECM è nato nei Paesi anglosassoni dove l’aggiornamento risponde prima di tutto a un dovere etico inscritto nel dna dell’essere me- dico e odontoiatra. In Italia invece il recepimento dell’ECM è stato inizial- mente indirizzato verso gli opera- tori sanitari del SSN, come obbligo, scegliendo come “unità di misura” il tempo dedicato all’aggiornamento durante le ore di lavoro all’interno della strutture ospedaliere. In segui- to al coinvolgimento della libera professione, era inevitabile che la pur corretta indicazione a favorire l’aggiornamento (nell’ambito del SSN) diventasse una zavorra per i li- beri professionisti, già per conto loro abituati a investire in formazione post-laurea, conoscendo le regole della competizione professionale che privilegia la competenza del- le prestazioni efficaci, come frutto dell’aggiornamento al servizio effet- tivo della professione. L’ECM, nella sua essenza di “allert” contro la rou- tine e le abitudini di ogni operatore sanitario, può comportare stimoli nuovi alla sedentarietà intellettuale, ma nello stesso tempo se l’ECM si ab- bina semplicemente a una quantifi- cazione temporale (svincolata dal suo valore etico tendente a miglio- rare i comportamenti professionali) è ovvio che si vivrà soltanto come obbligo, come imposizione sterile, come incombenza da risolvere come un cruciverba, incrociando contenu- ti verticali e orizzontali per riempi- re le caselle dei crediti necessari. La ricetta perfetta non esiste. Scienza e coscienza sono “sorelle” da sempre, ma è la più adulta (la coscienza) a di- rigere la più giovane e imprevedibile (la scienza). Il dilemma di questo ECM tutto italiano esiste, anche perché abbiamo un’anima mediterranea, non anglosassone. Il nostro senso del dovere e di autoverifica è meno forte della nostra fantasiosa lista dei dirit- ti e l’ECM, così com’è impostato, non convince perché la verifica dell’ap- prendimento suona come una sto- natura all’interno di uno spartito che non appartiene alla categoria odon- toiatrica. Dovremmo però sempre ricordarci che la coscienza “contiene” la scienza, non il contrario. Il codice deontologico, depositario delle regole comportamentali della professione, è sempre impolverato sullo scaffale là in alto dello studio, dimenticato dai gesti quotidiani della professione. Ci indichi i valori presenti in questo aggiornamento forzato. L’aggettivo “ forzato” è tendenzio- so e mi obbliga a difendere il tanto bistrattato aggiornamento, perché inevitabilmente qualsiasi situazione, evento, atteggiamento “ forzato” po- trà solo e sempre essere vissuto male. Una partenza forzata, un bacio for- zato, un addio forzato, una scelta for- zata contengono sempre malessere, rancore, disaffezione. Quindi se ab- biniamo all’aggiornamento dell’ECM l’aggettivo “ forzato”, avremo sempre un risultato negativo, tanto più che siamo latini e ci irrita enormemente tutte le volte che siamo obbligati a fare qualcosa. Per cercare di difende- re e dare una possibilità di recupe- ro di immagine all’aggiornamento forzato dell’ECM devo fare appello a una verità incontestabile. Anche l’o- peratore sanitario (medico oppure odontoiatra) poco convinto e disat- tento all’ECM, prima o poi, incontra lungo il percorso di ricerca dei cre- diti un corso, una conferenza, una lettura, una FAD che gli trasmette un brivido, gli suggerisce una nuova visione procedurale, gli risolve un dubbio. Il valore della cultura ha in- fatti una peculiarità che condivide con il valore del tempo: l’impreve- dibilità. Può accadere che, anche se obbligati e forzati ai lavori intellet- tuali di un corso, ognuno di noi pos- sa improvvisamente essere colpito da un raggio di luce capace di fare chiarezza intellettuale alle aree buie del sapere. Ognuno di noi ha zone culturali “deboli”, ovvero zone dove nebbia e confusione possono ren- dere indeciso il passo clinico e tre- molante la mano chirurgica. Ecco il valore della cultura (forzata e non): obbligarci ad approfondire le aree grigie dei nostri dubbi professionali. Parafrasando Erasmo da Rotterdam (a cui chiedo perdono), il valore del dubbio è sempre da elogiare perché indica il nostro fermarci, riflettere e osservare, prima di agire. Il dubbio diagnostico deve accompagnare la decisione in medicina e chirurgia: grazie all’aggiornamento, qualunque esso sia, potremo sempre imbatterci in attimi di luce, capaci di indicare la strada giusta tra le diagnosi differen- ziali e le alternative terapeutiche. Quali correzioni vorrebbe fossero apportate alla normativa e quali migliorie? Tutto si trasforma, anche il modo di proporre l’aggiornamento. Più che correggere una normativa (a che titolo potrei pensare di essere il correttore?), credo sia importante convergere. Convergere progettuali- tà concentrando sull’odontoiatra le coordinate della salute a trecentoses- santa gradi del paziente. Il paziente, inserito nella rete informatica, chie- de al “dott. Google” risposte e infor- mazioni, ritenendolo il depositario delle conoscenze universali. Questa presunzione del paziente di potersi “aggiornare” su Internet ha messo in discussione il rapporto tra il paziente stesso e il suo curante, considerato come esecutore dell’arte medica-chi- rurgica, non più come portatore del suo valore intellettuale diagnostico, prima che terapeutico. Così come il paziente si è trasformato, anche l’aggiornamento deve trasformarsi interpretando i nuovi bisogni dell’o- dontoiatria, proponendo percorsi misti tra professionisti, nella ricerca di una visione complementare tra diverse aree della medicina e odon- toiatria. Dove potremmo migliorare? Nella progettazione di nuovi stru- menti formativi e di nuove modalità di raggiungimento dei crediti ECM, sempre più a misura della realtà pro- fessionale di ogni giorno. Penso che si possa migliorare anche sul versante della progettazione delle domande nell’ambito delle verifica dell’appren- dimento: piuttosto che puntare il dito su un’unica opportunità che consen- te di “sbagliare” una sola volta nella risposta al questionario, penso si dovrebbe attivare una maggiore re- sponsabilità dei provider per quanto riguarda l’analisi di ciò che “manca” nel panorama intellettuale dell’odon- toiatria, invece di osservare ciò che già si conosce e si continua a ripete- re. Troppi eventi culturali sono cloni ripetuti di argomenti scontati, che si sovrappongono intasando l’offerta formativa. Credo invece che si possa percorrere e favorire processi forma- tivi sui nuovi percorsi appropriati del- le prescrizioni radiologiche, chirurgi- che, cliniche, farmacologiche. Non credo si possa cambiare la normativa a uso e consumo dell’odontoiatria. Si potrebbero invece analizzare i nuovi bisogni della professione e aiutare gli odontoiatri a pianificare la propria formazione verso aree di competenza che a loro volta potranno generare “lavoro” sul campo. Sicuramente l’in- troduzione in futuro del dossier for- mativo (oggi in fase sperimentale) potrebbe essere un’altra occasione per trasformare un obbligo (vissu- to come una nuova imposizione) in una opportunità per indagare se- riamente la progettazione e piani- ficazione della cultura, esattamente come architetto e ingegnere devono prevedere quando hanno l’obbietti- vo di realizzare strutture che sfidino la forza di gravità. Anche la profes- sione sanitaria subisce la forza di gravità intellettuale e deve teme- re le cadute, le crepe, il crollo della propria mission originale, secondo il giuramento di Ippocrate (altro testo dimenticato sullo scaffale dello stu- dio). L’ECM, nella sua provocazione di numeri (triennali) e tempo (un’ora uguale a un credito), lascia spazio alla qualità dei contenuti: un miglio- ramento potrebbe essere indirizzato all’approccio trasversale dell’odonto- iatria con le discipline mediche, allar- gando i campi di indagine a favore di una figura odontoiatrica inserita in un contesto di medicina generale, at- tivamente propositore di stili di vita proattivi della salute, piuttosto che processi formativi concentrati solo sulla terapia. L’aggiornamento che lascia traccia nei comportamenti (successivi a ogni evento culturale) si basa sulla sua capacità di rimette- re in discussione una visione rigida dell’odontoiatria (ingabbiata in se- quenze operative tecniche ripetitive e poco collaborante con altre figure cliniche trasversali professionali). Questa è una area di miglioramen- to che l’ECM di domani potrebbe individuare e sostenere. In definiti- va, se la normativa dell’educazione continua in medicina lo permetterà, si potrebbero ipotizzare nuovi per- corsi di aggiornamento, collocando l’odontoiatra al centro di una visio- ne umanistica della salute e della malattia, incrociando competenze e nuovi bisogni del paziente e dell’o- dontoiatra (come la detrazione fi- scale della fatturazione). Incentiva- zione dei crediti ECM con un sistema di premi? Ma quale sistema di pre- mi? E solo verso chi ha assolto tutti i crediti obbligatori? Come verificare la qualità dei risultati dell’aggior- namento? La compilazione di un questionario non potrà mai essere la “prova” dell’aggiornamento effet- tuato bene. Ma qui rientra in gioco la sorella coscienza, la quale, nel suo silenzio strategico, ci lascia liberi di scegliere quando, come e perché vi- vere l’aggiornamento professionale come dovere etico oppure avvertirlo come un soffocante obbligo, che af- fatica il respiro. >> pagina 7 Stefano Almini, Giuseppe Renzo, Peter Asselmann. L’educazione continua in medicina? Un dovere verso il paziente e verso se stessi

Sito