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Dental Tribune Italian Edition

8 Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2015Attualità Il dentista? Un lusso. Secondo l’ISTAT il 12% degli italiani rinuncia a curarsi per motivi economici* Nel 2013 il 12% degli italiani dai 14 anni in su ha rinunciato, nei 12 mesi precedenti, a una visita odontoiatrica o a tratta- menti per motivi economici. Si conferma che nel nostro Pa- ese le cure odontoiatriche hanno subito una flessione negli anni della crisi economica. La quota di popolazione che du- rante l’anno si è rivolta al dentista o all’ortodontista è pari al 37,9% nel 2013, dal 39,3% del 2005. Risulta invece in aumento, dal 24% al 29,2%, la percentuale di persone che hanno dilazio- nato le visite in un arco temporale più lungo, da 1 a 3 anni. È quanto emerge dal rapporto “Il ricorso alle cure odontoiatri- che e la salute dei denti in Italia 2013” dell’ISTAT. Sul totale di chi rinuncia alle visite, i motivi economici in- cidono per l’85,2%. Lo svantaggio del Mezzogiorno è molto evidente: solo il 27,7% della popolazione di 3 anni e più ha fatto ricorso alle cure odontoiatriche rispetto alla media na- zionale del 37,9%; inoltre è più alta la quota di chi rinuncia per motivi economici (14,5% rispetto al 12% osservato a li- vello nazionale). Anche per le visite per prevenzione o per la pulizia dei denti professionale, la quota di persone rileva- ta nel Meridione (16%) è la metà di quella del Nord (30,7%), mentre è doppia rispetto al Nord la percentuale di coloro che non sono mai stati da un dentista (12% contro 6,2% ). A livello nazionale, però, migliora complessivamente la salute dei denti rispetto al 2005. La quota di persone di 14 anni e più che conservano tutti i propri denti naturali (28) passa dal 37,8 al 41,4%, mentre coloro che hanno perso tutti i denti naturali si riducono dal 12 al 10,8%. Per tutti gli indicatori di accesso alle cure e della salute orale perman- gono le diseguaglianze sociali. Il ricorso al dentista nell’anno supera il 50% tra le persone con titolo di studio alto e scende al 27,6% tra chi ha conseguito al massimo la licenza media. Le persone anziane senza al- cun dente naturale sono il 17,9% tra coloro che hanno almeno la laurea e il 41,6% tra quanti hanno un basso titolo di studio. Si riduce dal 39,4% del 2005 al 34% del 2013 la quota di bambini (3-14 anni) che non sono mai stati dal dentista, percentuale che scende al 32,2% per quelli con almeno un genitore laureato, e sale al 41,5% se i genitori hanno al massimo la licenza media. Tra i bambi- ni stranieri raggiunge il 46,3%. Si riduce poi il numero di trattamenti effettuati: le persone che si sono sottoposte a un solo tipo di trattamento nell’anno sono il 70,7% (49,3% nel 2005). Diminuisce il ricorso ai dentisti che esercitano la libera professione (la percentuale passa dal 34,7% nel 2005 al 32,3%), mentre rimane molto contenuta la quota coperta dal settore pubblico o convenzionato, pari al 5% e stabile rispetto al 2005. Fonte: Adnkronos * Ma per l’ISTAT (vedi www.dental-tribune.com) “cresce la spesa delle famiglie per le prestazioni sanitarie e per i servizi che riguardano la salute”. Rosso: «Situazione non particolarmente peggiorata, lievemente cambiate le abitudini degli italiani» Credo valga la pena di riordinare un po’ le idee relativamente ai dati dello studio “Il ricorso alle cure odontoiatriche e la salute dei denti in Italia 2013”, pubblicato da Istat. Alcune interpretazioni dei risul- tati della ricerca, molti titoli al- larmanti e, a volte, qualche stru- mentalizzazione dell’importante lavoro dell’Istituto di statistica nazionale rischiano di presentare un panorama pessimistico rispet- to alla precedente rilevazione del 2005. Ma, pur in un quadro ogget- tivamente negativo per la salute orale degli italiani, a mio modo di vedere, la situazione non è parti- colarmente peggiorata; semplice- mente sono lievemente cambiate le abitudini degli italiani, in parte a causa della situazione recessiva or- mai di natura strutturale e in parte per l’evoluzione demografica che, nel frattempo, ha subito il Paese. Veniamo quindi ai numeri e alle conseguenti osservazioni. Innan- zitutto il 38% degli italiani è an- dato dal dentista nel corso dell’ul- timo anno, mentre nel 2005 la percentuale è stata di poco su- periore al 39%, con un lieve calo percentuale (− 1,4%). Ma in termi- ni assoluti, considerando che nel frattempo la popolazione italiana è aumentata di circa il 4%, il nu- mero totale di pazienti è rimasto invariato e si calcola intorno ai 23 milioni di cittadini. Dato peraltro coerente con i consumi rilevati da Key-Stone; ad esempio, nel 2015 si sono consumati 30 milioni di tubofiale di anestetico, circa 70 milioni di aspi- rasaliva, oltre 120 milioni di salviette plastificate, ecc. I circa 23 milioni di pazienti sono in- dubbiamente pochi, ma non abbiamo assistito a un crollo, bensì a un ristagno. Il problema è sem- mai per i dentisti e gli studi odontoia- trici, che nel frat- tempo sono aumen- tati del 13% circa nello stesso periodo (rispettivamente da poco più di 53.000 a 60.000 e da 35.000 a quasi 40.000), con un indubbio peggio- ramento dei pazien- ti pro-capite. Affermare peraltro che il 38% è andato dal dentista nell’ultimo anno non significa che questa sia la porzione di italiani che si rivolge allo specialista odontoia- trico almeno una volta all’anno, poiché tra questi una buona par- te ha avuto accesso alle strutture occasionalmente, quindi sotto il profilo della “cultura della pre- venzione” il nostro Paese è davve- ro molto indietro. Decisamente positiva invece la situazione di coloro che non sono mai andati dal dentista, che migliora in modo sensibile soprattutto nelle aree che mag- giormente sentono questo pro- blema, cioè nel Sud e per le fasce economiche più deboli. Proba- bilmente è aumentata la percen- tuale di coloro che, se costretti da una situazione di urgenza, non rinunciano al dentista, ma ha di certo influito anche il len- to e inesorabile invecchiamento della popolazione. Interessante anche notare l’an- damento delle risposte inter- medie, che classificheremmo secondo due differenti principi. Nel caso di chi è andato dal den- tista nel periodo da 1 a 3 anni, è probabile prevalga una porzione di italiani che frequentano ab- bastanza abitualmente lo stu- dio, seppur non ogni anno. Tra coloro che invece mancano dallo studio da oltre tre anni, trovia- mo probabilmente molti che hanno “dimenticato” di tornare a farsi perlomeno controllare da ormai troppo tempo. Somman- do i primi due scaglioni, quindi considerando coloro che sono stati dal dentista per lo meno negli ultimi tre anni, la percen- tuale aumenta del 4%, passando dal 63% del 2005 al 67% del 2013. Possiamo quindi affermare che i due terzi degli italiani vadano di fatto dal dentista, ma con una frequenza insufficiente rispetto a quanto raccomandato nelle Li- nee guida nazionali del Ministe- ro della Salute. In ultimo, il fatto che l’85% di coloro che non hanno avu- to accesso agli studi dentistici nell’ultimo anno sia stato fre- nato da ragioni economiche, la dice lunga sulla problematica di fondo che riguarda l’odonto- iatria nostrana, tuttora troppo costosa per gran parte della po- polazione. Nonostante il modello di busi- ness dello studio tradizionale e il suo conto economico sempre più al limite, non consentano ogget- tivamente di ridurre oltre modo i prezzi delle prestazioni, sarà in- dispensabile prendere provvedi- menti di welfare odontoiatrico, che ancora non è minimamen- te nell’agenda politica italiana, pena il rischio di un enorme in- cremento dell’odontoiatria low- cost, che andrà a colmare una domanda latente ma impellente. Augurandoci che la nostra salute sia comunque garantita. Roberto Rosso

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