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Dental Tribune Italian Edition

10 Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2015Politica Sanitaria Nuovo progetto di ricerca per trasformare il futuro della cura dentale in Europa LEEDS (Regno Unito) – Le cure odontoiatriche hanno un co- sto stimato di 79 miliardi euro all’anno in tutta l’UE, eppu- re molte malattie dentali sono quasi del tutto evitabili. Un nuovo progetto di ricerca, finanziato dall’UE con uno stan- ziamento di 6 milioni di euro, si propone di modificare le pratiche terapeutiche concentrandosi sulle estrazioni e ot- turazioni per trarne cure più efficaci e prevenendo in tal modo, le malattie. Il progetto quadriennale verrà condotto dall’Università di Leeds in collaborazione con l’Academic Centre for Dentistry Amsterdam and Heidelberg Universi- ty, l’NHS in Inghilterra e con università e società assicura- trici di tutta Europa. Lavorando su milioni di report clinici da tutta Europa, i ri- cercatori opereranno con odontoiatri e assicuratori identi- ficando le strategie efficaci per frenare la malattia nei vari Paesi, fornire un feedback continuo verso pratiche migliori, per sviluppare un insieme di indicatori grazie ai quali denti- sti e sistemi di assistenza sanitaria potranno autovalutarsi. «L’Organizzazione Mondiale della Sanità dice che le malat- tie dentali sono le più comuni malattie croniche che l’uo- mo conosca. Noi vogliamo cambiare questo stato di cose» ha detto la professoressa Helen Whelto, rettore dell’Uni- versity of Leeds’s School of Dentistry e responsabile del progetto. «La speranza è che con un osservatorio costante sulle prestazioni effettuate dai professionisti e dai sistemi sanitari per il mantenimento della salute orale, possa de- terminarsi un modo nuovo di operare in seno allo studio incoraggiando l’attenzione verso cure odontoiatriche più che altro a carattere preventivo». «Useremo cartelle sani- tarie coperte dall’ano- nimato per sviluppare un modello attento alla prevenzione e che darà ai dentisti e ai sistemi sani- tari la possibilità di valu- tare il grado di successo nel rendere i loro pazien- ti più sani» ha spiegato Whelton. «Analizzeremo per quanto tempo i denti rimangono intatti, ossia senza necessità di inter- venti, e quanto si spen- de per le estrazioni ogni anno sul territorio nazio- nale. Queste informazio- ni possono essere messe a confronto in Paesi e siste- mi diversi». Il progetto potrà avva- lersi di 8 banche dati di pazienti europei di vari Paesi tra cui Gran Bretagna, Dani- marca, Germania, Ungheria, Irlanda e Paesi Bassi. Oltre ad ascoltare il punto di vista di professionisti e di assicura- zioni, il progetto prenderà contatto con i pazienti dei vari Paesi partecipanti per scoprirne le preferenze e far tesoro del loro giudizio sulle cure che riceveranno. «È un fanta- stico esempio di collaborazione tra università, tra pubblico e privati – conclude Whelton – per cercar di migliorare la salute orale di un intero continente e nella speranza che si arrivi a una riforma globale dei sistemi sanitari». Dental Tribune International Qual è il sistema sanitario europeo più efficiente? Mantenendo la piena autonomia nella scelta e gestione dei propri sistemi sanitari, a causa della crisi l’Unione Europea ha visto messa alla prova i principali modelli a cui si ispirano tali sistemi: quello bismarkiano, francese e tedesco, che prevede il finanziamento con l’iscrizione obbligatoria all’as- sicurazione sanitaria, che poi rimborsa le spese mediche ai cit- tadini; e il modello di Beveridge, presente anche in Italia, finanzia- to in prevalenza dal gettito fiscale e organizzato in sistema sanitario nazionale. Come ormai risaputo, tutti i Pa- esi UE hanno dovuto (chi più chi meno) affrontare tagli alla sanità. Una realtà che è stata posta in una prospettiva interessante durante il convegno “Modelli sanitari eu- ropei a confronto tra innovazio- ne e tecnologia”, organizzato da Motore Sanità. Durante i lavori congressuali sono stati posti que- siti e analisi che hanno mostrato anche temi come la migrazione dei medici da un Paese all’altro, quella dei pazienti, e altri fattori che hanno portato a tratteggiare un’analisi che tenta di cogliere la migliore o minore efficienza di un sistema sanitario sull’altro. In Italia, secondo i dati del Mi- nistero della Salute, ci sono 1091 istituti di cura, di cui il 53% pub- blici e il rimanente 47% compo- sto da centri privati accreditati. Inoltre, sono presenti 9268 centri per l’assistenza specialistica am- bulatoriale, 6526 per l’assistenza territoriale residenziale, 2787 per l’assistenza territoriale semire- sidenziale e 1027 per l’assistenza riabilitativa. In sanità sono impie- gate 629.713 unità e il personale è ripartito per il 70,9% nel ruolo sa- nitario, il 17,7% nel ruolo tecnico e l’11,2% nel ruolo amministrativo. In particolare, in Italia lavorano: 243 mila medici (il 51% nel sistema sanitario o SSN, il 33% è conven- zionato con il SSN, e il 16% lavora in strutture private equiparate al pubblico o case di cura); 332 mila infermieri, di cui l’86% alle diret- te dipendenze del SSN, e 49 mila unità di personale con funzioni riabilitative. Un altro dato inte- ressante è il r i s p a r m i o delle spese per il perso- nale che nel 2010 am- montavano a 38 miliardi e che nel 2013 “grazie” al ri- sparmio dovuto principalmente al blocco del turn over del perso- nale si assestava a un ammontare di 36 miliardi. Nel 2013, secondo gli ultimi dati disponibili della Ragioneria, la spesa sanitaria in Italia è stata di 109 miliardi di euro, pari al 7% del PIL (e al livello del 2009, mentre dal 2010 al 2012 è stata di 110 mi- liardi di euro). Secondo la classifi- ca internazionale stilata annual- mente da Bloomberg, e tenuta in considerazione dai vari organismi sanitari, l’Italia è al terzo posto al mondo (prima fra i Paesi europei) per efficienza, per le aspettative di vita del paziente (quasi 83 anni in media), per il costo pro capite del sistema sanitario (3 mila dol- lari). Un’incoronazione che quasi è giunta a sorpresa per l’opinione pubblica del nostro Paese. La medesima classifica di Bloom- berg vede al sesto posto (secondo tra i Paesi europei) la Francia. Ciò nonostante Serdar Dalkilic, medi- co francese e vicepresidente della Federazione europea dei medici salariati, ha voluto raccontare più nel dettaglio un Paese con il modello vigente che ricordiamo è basato su quello bismarkiano, il quale pare avere più risorse del nostro e che le ripartisce me- glio: «Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la sanità francese è una delle migliori al mondo, anche rispetto all’Italia. In Francia esistono casse di previ- denza sociale che attraverso quo- te trattenute dal salario finan- ziano il 75% della spesa sanitaria nazionale, mentre l’11% è sostenu- to attraverso la spesa privata. La previdenza sociale francese ha un budget complessivo di 624 miliar- di di euro, pari a un terzo del PIL. Una vera e propria macchina da guerra, che copre anche le spese per le pensioni, i sussidi di disoc- cupazione, e per i migranti irre- golari. Per la sanità si spendono il costo pro capite della sanità è pari a 4 mila dollari». Questo sistema implica quindi un maggiore gettito di denaro per le spese, ma dall’altra parte si deve segnalare che la spesa per la sa- nità francese è così una delle più alte al mondo, pari a 240 miliar- di di euro, di cui 180 miliardi ap- punto provenienti dalle casse di previdenza sociale, a fronte di un servizio pubblico statale di 2751 ospedali, 427 mila posti letto, 198 mila medici, di cui 64 mila gene- rici e 41 mila specialisti. Come la Francia, anche la Ger- mania si basa, naturalmente, sul modello bismarkiano, e le assi- curazioni sanitarie, che sono ob- bligatorie, coprono il 90% della popolazione (esistono anche assi- curazioni pubbliche). Nel 2013, se- condo l’ufficio statistico federale tedesco, si sono spesi per la sanità 293 miliardi di euro (pari, esat- tamente come in Francia, all’11% del PIL). Nel sistema tedesco, i contributi alle assicurazioni sono versati in parte dal lavoratore e in parte dal datore di lavoro. La particolarità della sanità tede- sca è che malgrado essa impieghi già il 10% degli occupati del Pae- se, siano ancora disponibili posti lavoro con una forte richiesta di medici provenienti anche dall’e- stero. Erich Merholz, del direttivo del sindacato tedesco dei medi- ci ospedalieri, ha spiegato che «i giovani laureati in medicina tede- schi non bastano a coprire la ne- cessità e servono ulteriori 3 mila medici. A oggi abbiamo 9,8 infer- mieri ogni 1000 abitanti, più che in Italia (7 infermieri ogni 1000 abitanti, nda) e 5 medici ogni mille abitanti (in Italia 4, nda). In Svezia, il sistema sanitario è in- vece più simile a quello italiano, ma le risorse sono ripartite, pro- porzionalmente, in modo miglio- re. Infatti, a fronte di un diverso numero di abitanti (10 milioni in Svezia, 64 milioni in Italia) si spende quasi la stessa percentua- le del PIL nei due Paesi, il 9%. In Svezia si spende pro capite legger- mente più che in Italia, in media 3400 dollari (contro i 3 mila ita- liani) e si ha quasi lo stesso nume- ro di medici (3,9 per mille abitanti in Svezia), ma un numero maggio- re di infermieri, presenti in modo capillare, 12 ogni mille abitanti contro i nostri 6». Surgical Tribune Italia

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