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Dental Tribune Italian Edition

6 Dental Tribune Italian Edition - Giugno 2015Il Consulente Immobiliare Materiali antibatterici nello studio Ma che significa veramente? Spesso in commercio si sente parlare di materiali con proprietà antibatteriche, ma che cosa significa realmente? Non ci si ri- ferisce tanto al senso lessicale del termine, ma quanto alla reale efficacia attuativa dei materiali. Innanzitutto bisogna fare chia- rezza sul concetto di azione antibatterica. Ci possono essere due tipologie di azioni antibatteriche: una limitata nel tempo e una continuativa nel tempo. Al primo caso appartengono tutti quei materiali (come i prodotti disinfettanti e d’igiene) che ucci- dono i batteri presenti in un momento spe- cifico, ma non intervengono sui batteri che si depositano successivamente. Al secondo gruppo appartengono tutti i materiali che hanno la capacità di uccidere o degradare i batteri in maniera prolungata e costante nel tempo; sono questi che ormai da più di una decina d’anni hanno visto crescere la loro presenza in ambito architettonico, specialmente in quello sanitario. Semplificando, i materiali antibatterici possono essere raggruppati in base alle proprie modalità operative e tecniche: un gruppo è composto da materiali ottenuti tramite alterazioni chimiche e nanometri- che per implementare gli stessi materiali, altrimenti intrinsecamente incapaci all’a- zione antibatterica; un altro gruppo racco- glie materiali la cui proprietà antibatterica già presente nella struttura chimica del materiale stesso è stata enfatizzata (rame, argento, oro, zinco per esempio); l’ultimo gruppo è composto da materiali che pre- sentano al loro interno composti chimici (biossido di silicio, biossido di titanio) in grado di attivare reazioni chimiche natu- rali allo scopo di disattivare la carica vi- rale dei batteri. Anche se per ogni gruppo esistono diverse modalità e tecnologie an- tibatteriche, quelle ormai più consolidate nel panorama architettonico sono tre: ioni di argento (per il primo gruppo); rame (per il secondo gruppo); e il biossido di titanio (per il terzo gruppo). A differenza del primo e del secondo gruppo in cui l’agente antibatterico è inserito all’in- terno di un composito o un altro materiale, per quanto riguarda il rame (Antimicrobial Copper Cu+) è il materiale stesso che in mas- sa funziona come antibatterico, questo im- plica un utilizzo limitato a maniglie, inter- ruttori, rubinetterie, tubature (raramente per gli elevati costi) e piani di appoggio. Diversamente gli ioni d’argento (Ag+) ve- dono un uso maggiore, in materiali quali piastrelle, vernici, lastre, laminati, tessu- ti, membrane, piani in marmo e pietre ri- costruite. La loro azione antibatterica (sia nei confronti dei batteri grampositivi che gramnegativi), fungicida e inibente la cre- scita delle spore (di un certo numero di funghi patogeni), è data dal rilascio degli stessi ioni, inseriti con diverse modalità (fitoriduzione, nanotecnologie) all’interno del materiale. Discorso più complesso per il biossido di ti- tanio (TiO2), perché sfruttando il fenomeno naturale della fotocatalisi, oltre all’azione antibatterica, migliora le condizioni dell’a- ria, regola l’umidità, elimina la formazione di cattivi odori, riduce significativamente (fino al 70%) molti degli agenti inquinanti presenti nell’aria ed è repellente allo spor- co. A differenza dei due gruppi percenti poiché l’azione antibatterica è data dalla fotocatalisi in cui il TiO2 agisce solo come attivatore del fenomeno, esso non si degra- da e così non perde le proprie proprietà nel tempo, restando sempre attivo e capace di innescare continuamente il succitato feno- meno. Le sue applicazioni architettoniche sono le più ampie: piastrelle, lastre, vernici, rivestimenti, laminati, impasti, cementi, piani in marmo, pietre rigenerate, prodotti tessili e membrane. Bisogna però fare ancora alcune precisa- zioni. Qualitativamente i tre gruppi hanno un’azione antibatterica di tipo batteriosta- tica e non battericida. Quantitativamen- te bisogna fare molta attenzione a come i principi attivi antibatterici vengono inse- riti nel materiale: laminature o strati su- perficiali (spessori nanometrici) rischiano l’esaurimento, in breve tempo, dei principi attivi a causa dell’abrasione o della ridotta quantità del principio. Di solito è meglio usare materiali che hanno inseriti in massa o a strati profondi il principio attivo. Per quanto riguarda gli ioni d’argento (Ag+), questi inseriti con diverse modalità (fitoriduzione, nanotecnologie), all’interno del materiale, hanno un’attività antibatte- rica sia nei confronti dei batteri gramposi- tivi che gramnegativi e sono anche in gra- do di svolgere un’azione fungicida inibire la crescita delle spore di un certo numero di funghi patogeni. Vedono un uso amplis- simo, in materiali quali piastrelle, vernici, lastre, laminati, piani in marmo e pietre ricostruite, fino ai tessuti e alle membrane. Massimo Tiberio, architetto in Torino Ecco i materiali eco-attivi Per mantenere la pulizia ma anche l’estetica I materiali eco-attivi sono materiali (artefatti dall’uomo) che, sfruttando il fenomeno naturale della fotocata- lisi, permettono di migliorare le con- dizioni dell’aria in ambienti confinati (e non), di regolarne l’umidità, di con- trastare efficacemente la formazione di cattivi odori, di bloccare mirata- mente le radiazioni UV, di neutraliz- zare i batteri, di ridurre significativa- mente molti degli agenti inquinanti presenti nell’aria e di essere repellenti allo sporco, il tutto in maniera conti- nuativa e duratura nel tempo. L’essere “attivo” di questi materiali dipende dal fatto che la loro azione si attiva automaticamente in pre- senza della luce e senza la necessità di un intervento (meccanico o ma- nuale) di terzi. Questo si traduce in un minore impatto ambientale complessivo con consistenti rispar- mi legati ai consumi energetici, alla manutenzione, con buona riduzio- ne delle relative emissioni e con l’ot- tima garanzia di salubrità e igiene degli ambienti e superfici. La fotocatalisi è un fenomeno (simi- lare alla fotosintesi clorofilliana) in cui una sostanza (il fotocatalizzato- re) alla presenza della luce (naturale o artificiale) innesca una reazione chimica, principalmente di natura ossidativa, delle sostanze inquinan- ti e microbiche presenti nell’aria decomponendole in sostanze orga- niche o inorganiche non nocive o utili al miglioramento qualitativo dell’ambiente stesso. Attualmente il fotocatalizzatore più utilizzato per i materiali edili è il biossido di titanio (TiO2) perché agisce solo come attivatore del fe- nomeno senza parteciparvi (questo permette di non degradarsi, di non perdere le proprie proprietà nel tempo), così da restare sempre atti- vo e capace di innescare continua- mente il processo di fotocatalisi. Altra peculiarità del TiO2 è di inne- scare la fotocatalisi in presenza non solo di luce, ma anche di ossigeno. Le proprietà eco-attive, oggigiorno, si possono trovare in diverse tipolo- gie e forme di materiali per esempio in piastrelle, lastre, vernici, rivesti- menti, impasti, cementi, prodotti tessili, membrane, ecc. Ciò che de- termina la qualità dei materiali eco- attivi è la modalità di incorporazio- ne della tecnologia nel prodotto. Il TiO2 deve essere parte integrante della materia dell’elemento (sem- plici trattamenti superficiali a strati sottilissimi rischiano di diventare inefficienti in materiali sottoposti a costante abrasione) e deve avere dimen- sione micrometrica e non nanometrica (escludendo così ogni rischio per la salute dell’uomo e dell’ambiente). Il processo di foto- catalisi attivato dal biossido di titanio decompone e tra- sforma gli elementi inquinanti e tossici (ossidi di azoto, os- sidi di zolfo, fumo di sigaretta, odori, ammoniaca, anidri- de solforosa, benze- ne, etanolo, polveri sottili) in composti innocui come nitrati, solfati, carbo- nati e sali, riducendo fino al 70% gli inquinanti presenti nell’ambiente (per esempio 1000 m2 di piastrelle “eco-attive” equivalgono all’effetto benefico di 300 alberi o a 220 m2 di fogliame). A livello batterico elimina perico- losi ceppi batterici e neutralizza la loro pericolosità decomponendoli e danneggiando irrimediabile le pareti cellulari (Escherichia Coli, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae). Il biossido di titanio esercita sullo sporco che quotidia- namente si deposita sui pavimenti e rivestimenti un duplice effetto: da un lato la sua idrofilia attira e trat- tiene sulla superficie delle molecole d’acqua contenute nell’aria, iniben- do così allo sporco (di natura inorga- nica) e allo smog di aderire; dall’al- tro lato invece lo sporco di natura organica subisce lo stesso processo di degrado che avviene per gli agen- ti inquinanti e i batteri. Questi due aspetti permettono sia l’inalterato mantenimento nel tempo dell’in- tegrità estetica della superficie, sia l’assicurazione di una maggior pu- lizia delle stesse superfici senza l’u- so di detersivi aggressivi, bastando prodotti di origine naturale o sem- plicemente l’acqua. Massimo Tiberio

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