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Implant Tribune Italian Edition No. 2, 2015

4 Lab Tribune Italian Edition - Maggio 2015Il Consulente Fiscale La Legge di stabilità 2015 nasconde un mini condono? Un condono… Molti lo bramano e altrettan- ti lo disdegnano. Diverse la ragioni, spesso frutto di esperienze personali. Talvolta di preconcetti. C’è da dire che la tradizione del- le sanatorie in Italia è antica e radicata. I soli condoni fiscali – per tacere di quelli edilizi, previdenziali o valutari – si sono alternati periodicamente sin dagli anni Settanta. Ne abbiamo avuti nel 1973 su iniziativa di Emilio Colombo, nel 1982 e nel 1991 con Rino Formi- ca, nel 1995 con Augusto Fantozzi, nel 2003 e 2009 con Giulio Tremonti. La maggior parte delle sanatorie, perché di questo si tratta, sono state proposte dal legi- slatore in sordina. Senza particolare clamore, affinché i soli “addetti ai lavori” ne avessero il sentore e operassero di conseguenza. Si par- la, appunto, di mini condoni. L’ultimo caso particolarmente noto si è avuto con la pub- blicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29/12/2012 della Legge n. 228 del 24/12/2012 (la cosiddetta “Legge di stabilità 2013”). Si trattava di un colpo di coda del Governo Monti, che nella sostanza mirava all’annul- lamento automatico delle “mini” cartelle esattoriali. Ossia, nello specifico, di tutte le cartelle esattoriali il cui ammontare non su- perava i 2.000 euro e che derivavano da ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999. Per questioni di rilevanza degli importi e di obsolescenza dei ruoli, la notizia non ha det- tato particolare clamore. Ora però la musica cambia. Nella Legge di stabilità 2015, all’arti- colo 2 comma 52, si legge infatti che «le quo- te inesigibili di valore inferiore o pari a 300 euro non sono assoggettate al controllo». La dizione non richiama in alcun modo la sta- gione dei condoni, ma va da sé che il mancato assoggettamento a controlli comporti un’im- punità di fatto per l’evasore o presunto tale. Ma vediamo perché questa rinnovata inizia- tiva, peraltro racchiusa solo in una frase si- billina, sia ora tanto significativa. È vero che la cifra sanata è in sé esigua, ma è altrettan- to vero che parliamo del 70% delle posizioni ancora aperte nella riscossione locale. Una ri- voluzione epocale. Questa sanatoria copre il periodo che va dal 2000 al 2013 (il pregresso risulta infatti già sanato dalla manovra Mon- ti) e permette a Equitalia di concentrarsi sul recupero di somme più cospicue. All’origine non vi è certo un intento pre- miante in favore dell’evasore, quanto piut- tosto un tentativo di ridimensionare l’opera- to di Equitalia. Sempre più invisa al grande pubblico e, soprattutto, sempre meno red- ditizia nel suo operato. Valgono circa 474,5 miliardi di euro che l’agente di riscossione deve ancora recuperare relativamente all’ar- co temporale proposto dal condono. Quasi un quinto del PIL. Una cifra sbandierata op- portunamente dai vari premier nell’intento di illudere le masse che la lotta all’evasione si sarebbe rivelata il miglior sistema per rim- pinguare le casse erariali. In realtà non parliamo di sole imposte evase. La somma affidata a Equitalia assume quel- la portata abnorme in virtù di un sistema sanzionatorio estremamente gravoso che non distingue tra errore ed evasione, che in- dulge molto sull’errore erariale, ma punisce con determinazione quello del contribuente, e che contempla a suo onere fino al 240% di maggiorazioni in caso di ritardi o omissioni nei versamenti. Percentuali cui si aggiungo- no oneri di riscossioni e interessi. Accade così che circa la metà di quei 474,5 miliardi sia in realtà composta di sanzioni e interessi. Si aggiunga che buona parte delle cifre con- testate è in realtà frutto di accertamenti pre- suntivi piuttosto lontani dal reale operato del contribuente e, spes- so, dalle sue possibilità economiche. Cifre non evase, di fatto, non pos- sono essere state teso- rizzate e quindi non po- tranno essere restituite. Una volta pignorati tutti i beni del malcapitato, Equitalia non potrà ane- lare a null’altro. Infine, come ha avuto modo di sottolineare il sottosegretario all’Eco- nomia, Enrico Zanetti, nel question time in Commissione Finanze alla Camera, un quarto dei debiti con il fi- sco – oltre 120 miliardi – è sostanzialmente irrecuperabile, in quanto a carico di soggetti falliti. Nel tentativo di razionalizzare il recu- pero delle somme, si è perciò optato per que- sta nuova soluzione il cui fine ultimo è quello di snellire il carico lavorativo degli addetti ai lavori. Una scelta grave, poiché – come è stato fatto rilevare – premia «migliaia di evasori seriali di multe e tributi comunali, che avevano ac- cumulato decine di cartelle, ciascuna, però, sotto i 300 euro». Sarebbe invece opportuno che a queste scelte ne fossero preferite altre, più consone al principio di giustizia tributa- ria e finalmente tese a rispettare il tanto vi- lipeso “statuto del contribuente”. Riaprire le posizioni scadute per decorrenza dei termi- ni, permettere al contribuente di circostan- ziare gli eventi e dimostrare la reale portata del proprio operato e concentrarsi sul recu- pero delle somme – fosse anche in misura ra- teale – anziché sulla punizione in sé. Sovente è la tempistica dei recuperi, unita all’esosità delle sanzioni, che impedisce ai contribuenti di onorare le richieste erariali. Un atteggiamento similare gioverebbe all’E- rario più che a chiunque altro, in quanto incasserebbe cifre reali anziché accumulare crediti fittizi. Ma in tempo di crisi, il legisla- tore è interessato ai numeri da produrre sul bilancio più di quanto non lo sia al merito, perché i crediti accantonati sul bilancio di Stato potranno essere mostrati con successo, e ritiene che i maggiori costi derivanti dalla rinuncia alle piccole cartelle saranno amplia- mente compensati dalla riduzione dei costi stimati per il loro recupero. Una scelta, però, discutibile. Alfredo Piccaluga, commercialista in Torino Procedura di esdebitazione Pagando a rate si evitano le ire di Equitalia La novità è semplice quanto significativa, ed è stata pro- posta per la prima volta in Italia tramite il tribunale di Bu- sto Arsizio che l’ha accolta. Il debitore che non è soggetto al fallimento (e, quindi, il privato, il piccolo imprenditore, l’artigiano, il consumatore in generale) può presentare in tribunale un programma volto a liquidare i propri creditori in percentuale, attraverso una procedura apposita gestita da un organismo o da un professionista come un avvocato o un commercialista. La novità (spiegata con la sentenza di cui sopra) è questa: si può presentare il piano del consuma- tore anche se il debitore è uno solo, ed è Equitalia, che van- ta un credito particolarmente elevato. Risultato: in questo modo, se il tribunale convalida il piano di esdebitazione del privato, quest’ultimo può dire addio a una parte consi- stente del proprio debito con l’Erario. L’importante, ovvia- mente, è che il piano sia credibile e che venga rispettato. Così, per esempio, se il consumatore ha una quota di com- proprietà insieme ad altri parenti su un immobile (ad esempio, un quinto), ben potrebbe vendere a questi ultimi la propria quota, e con il ricavato soddisfare in percentua- le Equitalia, evitando così che gli venga pignorato lo sti- pendio o bloccato il conto corrente. Il provvedimento del Tribunale di Busto Arsizio, che qui stiamo commentando, dice proprio questo: è omologabile il piano del consuma- tore che riduce in modo rilevante il debito nei confronti di Equitalia, qualora venga rispettato il contenuto della pro- posta iniziale e la conseguente esdebitazione non necessiti di un’ulteriore pronuncia da parte del giudice (rif. Tribunale Busto Arsizio, decreto del 15.09.2014, l. n. 3/2012., art. 12-bis e 12-ter l. 3/2012, art. 12-bis comma 3, pri- mo periodo della l. 3/2012). Il nuovo ravvedimento operoso lungo Come era già stato anticipato con le informative di fine anno, la legge di stabilità 2015 ha portato una vera rivolu- zione, stabilendo che il contribuente può ricorrere al rav- vedimento operoso fino alla scadenza del termine di de- cadenza del potere di accertamento da parte dell’Ufficio. Può “spontaneamente” ravvedersi, beneficiando di sanzio- ni ridotte, fino a quando l’Agenzia delle Entrate non abbia emesso nei suoi confronti un atto di rettifica e irrogazione di sanzioni. Viene specificamente chiarito, poi, che la noti- fica di un processo verbale di constatazione non impedisce il ravvedimento operoso: il contribuente può certamente ravvedersi, presentando una dichiarazione integrativa a sfavore, anche in corso di accertamento da parte degli Uf- fici finanziari, e anche quando un accertamento da parte della GdF si è concluso con l’emissione di un verbale di con- statazione delle violazioni. Con queste modifiche perdono completamente interesse i cosiddetti “istituti deflattivi del contenzioso” (adesione al verbale di contestazione e invito al contraddittorio), che, infatti, sono abrogati. Alfredo Piccaluga, commercialista in Torino

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