21speciale regenerationImplant Tribune Italian Edition - Marzo 2015 sr Innesti ossei di idrossiapatite prodotti tramite CAD/CAM in difetti ossei intraorali Revisione sistematica della letteratura Umberto Garagiola, Gianluca Bassi, Rachele Roncucci, Marco Bacchini, Rossano Soldo, Sandro De nardi Introduzione Gli innesti ossei sono una procedura chirurgica che permette di ristabilire un volume osseo adeguato prima di una terapia implantare, utilizzando materiali di riempimento provenienti dal paziente stesso, oppure sostituti artificiali, sintetici o naturali. L’osso è un tessuto metabolicamente atti- vo, capace di adattare la sua struttura agli stimoli meccanici e di riparare le strutture danneggiate attraverso il processo di rimodellamento. Tuttavia, difetti ossei estesi o una scarsa guari- gione ossea richiedono procedure di rigenerazione ossea. La neoformazio- ne dell’osso attraverso gli innesti è ca- ratterizzata da tre tipi di crescita ossea: osteogenesi, osteoinduzione e oste- oconduzione. L’osteogenesi avviene quando gli osteoblasti vitali originano direttamente dal materiale da innesto e contribuiscono alla crescita di nuovo tessuto osseo. L’osteoinduzione induce la differenziazione di cellule staminali totipotenti in osteoblasti, per iniziare la formazione di nuovo osso. L’osteo- conduzionesiverificainvecequandoil materiale da innesto funge da scaffold per guidare la crescita dei precursori degli osteoblasti dentro il difetto. Gli osteoblasti al margine del difetto os- seo sfruttano il materiale da innesto come impalcatura per generare nuovo tessuto osseo. Un materiale da innesto è osteoconduttivo e osteoinduttivo poiché servirà non solo come impal- catura per gli osteoblasti preesistenti, ma anche per innescare la formazio- ne di nuovi osteoblasti, dunque, teo- ricamente, promuove una più veloce integrazione dell'innesto. Vi sono nu- merose procedure utilizzate nella ri- generazione ossea guidata (GBR). Una delle metodiche più comuni implica il prelievo e l’impianto di materiale da innesto autogeno, prelevato dal paziente stesso. Tuttavia, questa è una procedura dispendiosa, che richiede l’ospedalizzazione per il potenziale rischio di morbilità del sito donatore. Altri tipi di innesto utilizzabili per il mascellare superiore e la mandibola sono quelli omologo, eterologo e allo- plastici.Imaterialidainnestoautogeni sono gli unici ad avere caratteristiche osteoinduttive; sfortunatamente, però,presentanoalcunisvantaggi,trai quali il riassorbimento non calcolabile, la morbilità del sito donatore e la limi- tatadisponibilità,chehannoindottola ricerca a nuove e differenti soluzioni. Gli innesti eterologhi, come l’osso bo- vino deproteinizzato (DBB), possono mantenere l’originale geometria e le naturali caratteristiche superficiali dell’ossonativo,asecondadelprocesso di produzione applicato. La parte orga- nica,invece,deveessererimossaalfine di prevenire reazioni immunitarie e la trasmissione di patologie. Allo stato attuale, i requisiti di sicurezza sanita- ria relativi al rischio di trasmissione di malattie, in particolare quella legata alla proteina prionica, sono stati spe- cificamente certificati e dimostrati in letteratura solo per un tipo di innesto eterologo. Nel caso si scelga questa ti- pologia di innesto, è essenziale assicu- rarsichetalirequisitidisicurezzasiano rispettati e documentati1-3 . In uno studio, Maiorana e collabora- tori4 hanno confrontato la guarigione dell’innesto di osso autologo a blocchi, coperto con osso bovino deproteiniz- zato, con la guarigione di innesto di osso autologo a blocchi senza tale co- pertura. Lo scopo era una valutazione clinica della capacità dell’osso bovino deproteinizzato di ridurre il naturale riassorbimento dell’innesto autologo. I risultati indicano come il DBB, ap- plicato sopra la sede di osso autologo innestato, grazie alle sue proprietà osteoconduttive riesca a rallentare il naturale riassorbimento causato dal rimodellamento osseo. Il principale vantaggio dei materiali alloplastici è la mancanza di rischio di trasmissione di patologie, grazie alla loro composi- zione totalmente di origine sintetica. Inoltre, un altro motivo per cui questi materialisinteticihannoacquisitouna crescente attenzione scientifica, è la possibilità teorica di progettare ogni singola caratteristica (composizione chimica, dimensioni e interconnetti- vità dei macropori, specifica morfo- logia dei blocchi o granuli), al fine di adattare il materiale ad ogni specifica situazione clinica. Vi sono tre diffe- renti gruppi di materiale allogenico, utilizzati attualmente nella rigenera- zione ossea: fosfati di calcio, biovetri e polimeri. Il primo di questi gruppi – in particolare l’idrossiapatite (HA) e il b-fosfato tricalcico (b-TCP) – è il più studiato, a causa della simile compo- sizione alla fase inorganica dell’osso. Szabò e collaboratori5 , in uno studio sul rialzo di seno mascellare, conclu- sero che l’innesto di b-fosfato trical- cico dà risultati simili, per quantità e qualità di tessuto osseo neoformato, a quelli ottenuti con innesto di osso autologo. Confronti con altri studi, ri- velano come il b-fosfato tricalcico sia un ottimo materiale da innesto, anche senza l’innesto autogeno. Suba e colle- ghi6 hanno comparato gli effetti del b- fosfato tricalcico a quelli di un innesto autologo sulla rigenerazione ossea. Il b-fosfato tricalcico si è dimostrato un materialemoltoefficace,capacediuna graduale disintegrazione, fornendo lo spazio per la rigenerazione del tessuto osseo. La densità dell’osso neoformato è simile nei siti rigenerati con (b-TCP) e in quelli con innesto autogeno. Simu- nek et al.7 , in uno studio prospettico su pazienti, hanno eseguito 48 rialzi di seno con innesto di b-fosfato trical- cico o con osso bovino deproteinizzato (puro o miscelato al 10-20% con osso autogeno) o con osso autologo. Quan- do è stato usato osso autogeno, la per- centuale di nuovo tessuto osseo (49,2% +/- 3,1%) è risultata essere significativa- mente superiore a tutti gli altri gruppi. Una proporzione più elevata (34,2% +/- 13,1%) di nuovo osso è stata trovata nel gruppo osso bovino deproteinizzato, in confronto al gruppo b-fosfato trical- cico (21,4% +/- 8,1%). Sono state eviden- ziate differenze significative tra inne- sti monocomponenti e corrispondenti innesti compositi. In tutti i casi i rialzi del seno mascellare con i materiali da innesto di cui sopra sono stati ben ac- cettati. Tuttavia, la procedura con solo osso autogeno è risultata essere quella che forniva migliori garanzie. È stata evidenziata maggior formazione di nuovo osso utilizzando osso bovino deproteinizzato rispetto al b-fosfato tricalcico; mentre l’aggiunta del 10 % al 20% di osso autogeno al sostituto osseo non ha influenzato significati- vamente la formazione di nuovo osso. In generale, l’HA è considerata oste- oconduttiva ma non riassorbibile, mentre il b-TCP presenta proprietà osteoconduttive ma si riassorbe rapi- damente8-10 . La spiegazione di ciò sta nel fatto che gli ioni calcio e fosfato, ri- lasciatidalb-TCPduranteilprocessodi degradazione, sono utilizzati poi per la formazione di nuovo tessuto osseo. In difettiosseipocoestesi,isostitutiossei a base di b-TCP presentano una guari- gione ossea più rapida rispetto ai ma- teriali a base di HA; tuttavia, nei difetti conmorfologiapiùsfavorevole,iltasso di riassorbimento del b-TCP è troppo elevato per consentire la formazione di nuovo osso. La capacità di manteni- mento dello spazio del b-TCP svanisce prima che l’osso neoformato abbia stabilizzato il volume aumentato11 . Pertanto si sono studiate delle combi- nazioni di b-TCP e HA per adattarsi alle differenti situazioni cliniche12 . Recen- temente alcuni studi hanno valutato la possibilità di utilizzare la zirconia come impalcatura, ma i risultati non sono così soddisfacente come gli scaf- fold di HA. Idrossiapatite (HA) L’idrossiapatite (HA), Ca10(PO4)6(OH)2, è il principale componente inorganico dell’osso e costituisce il 60-70% del- lo scheletro calcificato e il 98% dello smalto dentario. Ha un rapporto cal- cio/fosforo di 10:6. È biocompatibile, si legarapidamenteaitessutiduriemolli adiacenti e possiede una spiccata ca- pacità osteoconduttiva. Le indicazioni cliniche all’utilizzo di questo materia- le dipendono dalle proprietà fisiche e chimiche del tipo di innesto usato. È disponibile in forma porosa (micro o macro) e non porosa, riassorbibile e non riassorbibile, in blocchi e partico- lato. Le proprietà chimiche dipendo- no dal rapporto calcio-fosfato, dal pH dell’area circostante, dalla sostituzione ionica e dalle impurità elementari13 . La natura della struttura cristallina del materiale determina il grado di riassorbimento; infatti, le particelle cristalline di grandi dimensioni sono assorbite molto lentamente e sono chiamate non riassorbibili, mentre quelle di piccole dimensioni e l’idros- siapatite amorfa sono sostituite molto più rapidamente14 . La porosità, invece, determina l’estensione della penetra- zione ematica e della proliferazione vasale nell’innesto. Pori di dimensioni di 250-350 µm sono risultati l’idea- le15-18 ; sfortunatamente, però, la resi- stenza diminuisce esponenzialmente con l’aumento della porosità. Blocchi solidi e densi hanno un’alta resisten- za alla compressione, ma sono fragili, migrano se sottoposti a stress duran- te il periodo di guarigione e non sono utilizzabili per il “load bearing” (resi- stenzaalcarico).Appenalecelluleinfil- trano lo scaffold e proliferano, questo si degrada, liberando più spazio per la crescita cellulare e la nuova forma- zione di tessuto. Alla fine, lo scaffold è parzialmenteriassorbitoeincorporato nell’osso adiacente rimodellato. In vivo la degradazione dell’HA avviene per dissoluzione acquosa da parte degli osteoclasti e cellule multinucleate e per fagocitosi di particelle da parte dei macrofagi. Appena gli scaffold di HA degradano, viene progressi- vamente persa solidità a causa della perdita di massa. Per i load bearing, il neo tessuto osseo dovrà fornire sufficiente forza compensatoria per supportare il carico meccanico del sito di innesto. L’idrossiapatite frequen- temente è utilizzata insieme all’osso autologo, allo scopo di aumentare il volume dell’innesto con un materiale osteoconduttivo che agisce da sup- porto. Tuttavia, il più grande difetto di questo materiale è che l’idrossiapatite rende difficile o impossibile il posizio- namento implantare e attualmente il loro utilizzo è limitato al riempimen- to di difetti ossei. Per questa ragione viene solitamente associata a solfato di calcio (CaSO4), che si riassorbe com- pletamente. In associazione all’idros- siapatite, il solfato di calcio previene la perditaprecocediparticellediHA,evi- tando l’invasione da parte delle cellule deitessutimolliduranteilprimomese di guarigione19 . Tecnica CAD/CAM Le immagini ricavate dalla CT, combi- nate con la tecnica CAD/CAM, possono essere utilizzate come strumento per produrredirettamentedabiomateriali scaffold adatti ad ogni situazione cli- nica, offrendo una valida alternativa all’utilizzo di innesti autologhi. La tec- nica CAD/CAM ha segnato l’inizio di una nuova era in odontoiatria. Lo svi- luppo dei software CAD/CAM, imple- mentato nelle procedure radiologiche e dalla facile acquisizione e trasferi- mento dei dati DICOM 3 (Digital Ima- ging Communications Medicine), con- sente al chirurgo di analizzare il caso attraverso l’esecuzione di misurazioni in3Dediinserireneldeficitosseoscaf- fold di forma ideale. La tecnica CAD/ CAM può essere applicata in campo maxilllo-facciale per incrementare la precisione nella ricostruzione cranio- facciale. Il metodo attuale consiste nel- la stampa dei dati rilevati attraverso la scansione con la CT, al fine di produrre un modello stereolitografico in tre di- mensioni della mascella o mandibola, sul quale il materiale da innesto possa essere manualmente adattato preope- ratoriamente. Grazie ai recenti miglio- ramenti nella tecnologia multimedia- le, combinata alle tecniche avanzate di taglio di blocchi di materiale, è ora possibile tagliare preoperatoriamente direttamenteunbloccodisostitutoos- seo nella forma più appropriata, grazie all’utilizzo della simulazione informa- tica in 3D. > pagina 22 Figg. 1, 2 - Cone Beam CT del mascellare superiore con difetto osseo in zona 25. WEB ARTICLE WWW.DENTAL-TRIBUNE.COM L’articolo – già pubblicato su CAD/CAM Italian Edition, dicembre 2014 – presenta alcune modifiche di testo apportate dagli autori.