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9Dental Tribune Italian Edition - Dicembre 2014 Teknoscienza C O N FEZIO N I A M B U LA TO R IA LI SODIO JALURONATO + AMINOACIDISODIO JALURONATO + AMINOACIDI Medical Device di classe IIa CE 0373 Gel coadiuvante nei processi di rigenerazione della mucosa orale C O N FEZIO N I C O N FEZIO N I A M B U LA TO R IA LI A M B U LA TO R IA LI tubo da 5 ml in confezione da 20 pezzi siringhe sterili da 2 ml in confezione da 2 siringhe FabbricanteProfessionalDietetics-ViaCiroMenotti,1/A-20129Milano•ConcessionariodivenditaERREKAPPAEUROTERAPICI–Milano flacone da 15 ml confezione prescrivibile Gel coadiuvanteGel coadiuvanteGel coadiuvanteGel coadiuvante nei processinei processi -ViaCiroMenotti,1/A-20129Milano•ConcessionariodivenditaERREKAPPAEUROTERAPICI–Milano tubo da 15 ml confezione prescrivibile ACQUISTABILIdal sitowww.aminogam.it Uno sguardo al passato per decifrare il futuro << pagina 1 La moderna “endo” inizia con la gut- taperca plasticizzata e gli strumenti in acciaio, manuali e rotanti; tutti hanno visto passare nel proprio ma- gazzino lime di Hedstroem, K file, reamer o frese di Gates Glidden. La rivoluzione 2.0 dei primi file in NiTi – chi non ricorda Profile® o Quan- tec®? – ha prodotto una sterzata così netta e permesso alla professione un salto di qualità talmente impen- sabile da giungere quasi inaspet- tato. Il tempo dedicato a tentare di realizzare un canale tronco conico con le metodiche Step Back o Crown Down, codificate dai carismatici Schilder e Ruddle, venne radical- mente modificato. E ridotto. La preparazione del canale, la sua detersione e l’otturazione successi- va divennero estremamente più ve- loci, affidabili e semplici, oltre a es- sere ripetibili. Il segreto del successo forse sta proprio in questo aspetto fondamentale: la dittatura del NiTi ha prodotto sagomature clonate che permettono a operatori dif- ferenti di stampare sulle pareti di un sistema canalare la forma dello specifico strumento utilizzato. Con sagomature ridotte a preparazioni riproducibili in maniera imbaraz- zante anche da uno studente, i casi complessi si riducevano in maniera sensibile, così come le complicanze. Che dire poi dei sistemi di ottu- razione tridimensionale? Facenti riferimento in massima parte a metodiche warm gutta based, fino all’ultimo decennio del secolo scor- so necessitavano di tempo, abilità non comuni e dell’esasperante sen- so del masochismo che da sempre contraddistingue l’endodontista. E poi è arrivata la luce: l’uso del NiTi a conicità aumentata permise di ri- spolverare i sistemi di otturazione che sfruttavano una gutta veicolata da carrier di plastica – a oggi una delle metodiche di elezione – salvo plaudere a stretto giro Steven Bu- chanan, in grado di proporre un ap- parecchio, il System B®, che permi- se di sostituire alla condensazione verticale di Schilder (che sfruttava apporti di calore a poussez) un’onda continua di condensazione. Di qualche anno dopo il Mineral Trioxide Aggregate (MTA), prepo- tentemente alla ribalta, grazie al gruppo di Torabinejad, per le sue caratteristiche di biocompatibilità e idrofilia che l’hanno reso insosti- tuibile nelle sigillature complesse di sistemi canalari alterati natural- mente o per cause iatrogene. L’evoluzione nel settore ha rag- giunto ora l’upgrade 3.0 con l’in- troduzione di strumenti NiTi dalle caratteristiche della lega differenti e innovative, che hanno permesso di aumentare elasticità e resistenza agli stress torsionali e flessivi. Inoltre, disegno e conicità più favo- revoli e la razionalizzazione del nu- mero – alcune metodiche permet- tono di realizzare un trattamento anche solo con 2 o 3 strumenti – consentono di entrare appieno nel capitolo dell’endodonzia cosiddet- ta mininvasiva. E poi ancora, sono stati introdotti strumenti per sago- mare realizzati in plastica. Sì, in pla- stica! Con indubbi vantaggi in caso di rientro nel canale per eventuali separazioni. Con lo stesso criterio i carrier di pla- stica per veicolare la gutta termo- plasticizzata sono diventati di gut- taperca, per rendere più semplice un ritrattamento. Per non parlare del progresso nel concetto di ricostruzione immedia- ta post-endo e i miglioramenti espo- nenziali nelle metodiche di adesio- ne, che raggiungono il massimo della performance con la diga mon- tata. La diga resta invece sempre una nota dolente. A 150 anni dall’in- troduzione, la sua diffusione fra la totalità dei colleghi resta ancora un’utopia. Per assurdo, il commer- cio riesce a coinvolgere gli operatori con disarmante facilità nell’acqui- sto di Cone Beam da alcune decine di migliaia di euro, piuttosto che diffondere alcuni fondamentali foglietti di gomma da pochi cente- simi. La CBCT, non raccomandabile nella diagnostica ordinaria, diven- ta un valido ausilio nella soluzione diagnostica di casi complessi, ma andrebbe riservata solo a questi. Cosa aspettarci dal prossimo futu- ro? Ad esempio l’evoluzione affa- scinante e la standardizzazione nei protocolli di una metodica miraco- losa, tesa a ricostruire la biologia di un’endodonto caduto precocemen- te in necrosi e che abbia residuato apici talmente aperti da non potersi giovare di un trattamento conven- zionale. Sto parlando delle procedu- re di rivascolarizzazione di elementi necrotici ad apice beante che, attra- verso trattamenti locali tesi alla ste- rilizzazione dell’area contaminata, consentono – in caso di successo – di ridare linfa vitale al connettivo endocanalare, rigenerare un tessuto pulpare vero e proprio e conclude- re, attraverso la ripresa dell’attivi- tà proliferativa degli odontoblasti, l’evoluzione strutturale del tessuto mineralizzato del dente, con co- struzione di una parete dentinale di struttura normale. La chiusura dell’apice realizzata in questo modo consente il ripristino in arcata di un elemento di struttu- ra normale, ben diverso dal risulta- to – comunque positivo – ottenibile con l’MTA, in grado di sigillare un elemento che manterrà comunque una prognosi riservata e legata agli evidenti deficit strutturali di pareti dentinali di spessore estremamente ridotto. L’unico appunto di pessimismo per una disciplina vivace e sempre ricca di novità è legato, paradossalmente, più a logiche di mercato che a ri- scontri di tipo biologico. La tecnolo- gia ha velocizzato le procedure, che segnano il passo solo sul versante della detersione. Nonostante ciò i tempi sono comunque importan- ti, soprattutto nei ritrattamenti, e poco vincenti nei confronti di altre metodiche che possono avere mag- giore appeal agli occhi dei pazienti e dei sanitari stessi. Nell’elaborazione di un piano di trat- tamento che preveda, ad esempio, la conservazione di un elemento o la sua sostituzione con un impianto, all’operatore servono grande spin- ta motivazionale, una certa testar- daggine e una smisurata passione per questa disciplina, soprattutto in presenza di uno scenario macroeco- nomico complesso e drammatica- mente negativo come quello attuale. E l’onestà intellettuale e morale di formulare una proposta al paziente come se questo fosse un familiare stretto, ad esempio un figlio. Con questa forma mentis il numero di denti potenzialmente recuperabili non può che aumentare in maniera esponenziale. Giulio Del Mastro Segretario regionale SPE, Sezione piemontese della SIE Clifford J. Ruddle e Giulio Del Mastro.

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