7Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Ortho Advanced La fotopolimerizzazione è un passaggio fondamentale per garantire il successo dei trattamenti nella moderna odontoiatria restaurativa. Obiettivo di questo corso è quello di illustrare le reazioni chimiche che avvengono nel materiale sottoposto alla fonte di luce al fine di evidenziare quali devono essere le caratteristiche di una lampada fotopolimerizzatrice, analizzando le diverse lampade ora in commercio. Attenzione infine viene posta anche sulle modalità di utilizzo della lampada da parte del medico e del suo staff. L’importanza della fotopolimerizzazione nella moderna odontoiatria restaurativa Prof. Lorenzo Breschi WEBINAR REGISTRATO CORSO GRATUITO CORSO SPONSORIZZATO DA HOME EVENTSCORSI ONLINE Restorative www.dtstudyclub.it << pagina 6 Sempre nello stesso editoriale si leg- gono le seguenti raccomandazioni della British Orthodontics Society: - una radiografia dovrebbe essere effettuata solo dopo un accurato esame clinico e quando consen- te un effettivo vantaggio dia- gnostico per il paziente; - generalmente i benefici di un’in- dagine radiologica superano i rischi; - il livello di rischio è giustificato solo quando il paziente riceve un beneficio in salute dalla dose più bassa possibile (ALARA: A Low As Reasonably Achievable) (si veda Am J Orthod Dentofacial Orthop, 2008, n. 134, pp. 597-598). In un articolo di revisione del- la letteratura dell’Università di Oporto, Portogallo, pubblicato su Progress in Orthodontics nel 2013, intitolato “Validity of 2D lateral cephalometry in orthodontics: a systematic review”, si conclude: «La letteratura esistente suggeri- sce che la cefalometria laterale del cranio è stata utilizzata ad oggi senza adeguata evidenza scienti- fica, sia relativamente al fatto che sia fondamentale per la diagnosi e l’efficacia terapeutica, sia che non lo sia» (Ana R. Durão, Pisha Pitta- yapat, Maria Ivete B. Rockenbach, Raphael Olszewski, Suk Ng, Afonso P. Ferreira and Reinhilde Jacobs, Progress in Orthodontics, 2013, vol. 14, n. 31, pp. 3-11). Questo lavoro, come molti altri, si conclude dicendo che sono neces- sari studi ulteriori su un campione più ampio per fare chiarezza. Ma il messaggio è piuttosto chiaro. La cefalometria da sempre è utiliz- zata in ortodonzia per fare diagnosi e addestrare generazioni di orto- dontisti a comprendere il significa- to di angoli e piani, e non fa altro che tradurre in numeri quello che la morfologia delle ossa mascellari e del cranio del paziente ci vuole co- municare. Certo, con lo studio e l’e- sperienza, condizioni imprescindi- bili, probabilmente gli ortodontisti tra noi più saggi non hanno bisogno dei numeri. E se potessimo effettuare la cefalo- metria senza radiazioni per il pa- ziente? Nella sua tesi di specializzazione in ortognatodonzia presso l’Uni- versità dell’Insubria, di prossima pubblicazione, il dott. Piero Anto- nio Zecca, ha dimostrato la sovrap- ponibilità tra i dati ottenuti da una cefalometria tradizionale con un’a- nalisi cefalometrica cutanea a par- tire da una scansione 3D del viso del paziente, quindi senza ulteriore radioesposizione. Cosa significa questo? È il momento in cui una nuova tec- nologia origina il cambiamento di una determinata attività e ne mo- difica completamente il modello precedente. La disruption digitale sta profonda- mente cambiando il nostro modo di essere ortodontisti. Clayton Christensen, il professore di Har- vard che ha coniato questo ter- mine, ha dimostrato come ciò sia successo più volte nella storia, ma mentre una volta era un’operazio- ne dai costi molto alti e dai tempi di realizzazione molto lunghi, oggi, con l’avvento del digitale, il proces- so ha subito una forte accelerazio- ne. Disruption e innovazione sono legate a doppio filo: la disruption è l’unica via per innovare? Secondo il prof. Christensen è la migliore, perché quando si innova attraverso strumenti digitali lo si fa in modo più efficiente. Dal 3D al 4D A partire dalla scansione digitale delle arcate dentarie mediante uno scanner intraorale, con l’otteni- mento di modelli virtuali possono essere analizzate e misurate nel dettaglio le caratteristiche occlu- sali del paziente, in un modo fino a poco tempo fa neanche immagina- bile, senza passare da un modello fisico. Su questi modelli può esse- re effettuato un setup digitale dei movimenti ortodontici da ottenere per simulare e definire gli obiettivi di terapia, nonché per progettare l’apparecchiatura necessaria e/o le sue modalità di applicazione. In corso di trattamento, mediante successive scansioni digitali delle arcate dentarie, è possibile ricavare nuovi modelli virtuali da sovrap- porre a quelli iniziali per monito- rare l’andamento della terapia. In casi più complessi, dove la dia- gnosi morfologica è fondamentale, mediante la sovrapposizione tra i modelli digitali e la ricostruzione 3D dei mascellari, ottenuta da una CBCT, da cui si ricava anche l’ana- tomia radicolare, attraverso appo- siti software è possibile effettuare un setup che consideri i reali limiti anatomici del movimento radico- lare (set up bone safe) (Figg. 9, 10). L’ottenimento del modello virtuale del dente del paziente è costituito dalla corona ricavata dalla scansio- ne intraorale e dalla radice ricavata dalla Cone Beam. In questo modo può essere definita anche la posi- zione radicolare all’interno delle ossa mascellari durante o al termi- ne del trattamento, senza effettua- re un ulteriore esame radiografico, ma soltanto una scansione intrao- rale. È quindi, possibile monitorare il reale andamento del trattamento ortodontico, nel rispetto dei limi- ti anatomici del paziente, valuta- re l’aderenza al setup effettuato ed eventualmente rimodularlo. Il follow-up dei nostri casi non è più soltanto relegato ai controlli a di- stanza dalla fine del trattamento, ma diventa un concetto dinamico, dove il tempo non ci dice solo quel- lo che desideriamo possa accadere con la nostra terapia se iniziamo nel momento giusto (il timing), ma cosa sta accadendo oggi, ora, al di là di quello che vedono i nostri occhi e con il massimo rispetto per il pa- ziente. L’ortodonzia 4D definisce e com- prende una quarta dimensione dia- gnostica, ovvero il tempo che scor- re e quello che ci può comunicare. Fig. 7 - Follow-up dopo 2 anni. Fig. 8 - Follow-up dopo 2 anni: si noti la permanenza di gengiva sana e adeguata- mente mantenibile senza chirurgia parodontale Fig. 9 - In rosso il setup ideale di 3.3 senza considerare i reali limiti anatomici: la radice esce dall’osso. Fig. 10 - In azzurro il setup dell’arcata inferiore e di 3.3 nella posizione non ideale, ma nel rispetto dei reali limiti anatomici.