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Lab Tribune Italian Edition

7Lab Tribune Italian Edition - Settembre 2014 News & Commenti Nobel Biocare Symposium Riccione, 23/25 ottobre 2014 Registratevi su www.simposionobel2014.it Domenico Massironi Stefano Panigatti Davide Riva Eugenio Romeo Enrico Agliardi Giancarlo Barducci Roberto Bonfiglioli Luca Francetti Comitato Scientifico: Chairman Mauro Merli Luigi Galasso Stefano Gracis Federico Gualini Giuseppe Luongo AD Simposio 210x297 +5 CS5 finale.indd 1 29/04/2014 18.02.53 WEB ARTICLE WWW.DENTAL-TRIBUNE.COM Do you speak English? Quando non basta rispondere “yes” oppure “ok” << pagina 1 Però, l’inglese, forse per un malinteso complesso di inferiorità, pochi ammettono di non saperlo. E alla domanda classica «Do you speak english» tutti rispondono in- variabilmente «Yeees». Ma non basta rispondere «sì», annuire con la testa ripetendo «ok», per padroneggiare una lingua che facile non è, checché se ne dica, anche se la grammatica è relativamente semplice. Ma di chi è la colpa di un’ignoranza così dif- fusa? Naturalmente della scuola, di un metodo di insegnamento a pappagallo, con la cosiddetta “total immersion”. Per imparare l’inglese (o altra lingua), si dice, basta mandare a memoria un po’ di frasi fatte (classica “The cat is on the table”), riempire i puntini dei quiz, inserire le crocette, come in una settimana enigmistica, aggiungere una bella (e costosa) “total immersion” in un paese di lingua inglese e voilà, il gioco è fatto: «Yes, I speak English». Il problema riemerge però quando si deve telefonare o quando si affrontano dei dia- loghi approfonditi, un congresso, una conferenza, dove gli “yes”, gli “ok” e le frasi fatte tipo “The cat is on the table” chiaramente non bastano. Ed ecco al- lora affiorare, tra mugolii, schiarimenti imbarazzati di voce, pause penose e ri- cerca affannosa di termini che vengono goffamente italianizzati, il divario tra la propria buona cultura professionale e le capacità di espressione in una lingua che, piaccia o no, è sempre più presente, sempre più necessaria e invasiva. Con la triste, amara, conseguenza che chi non la sa, è “out”, candidato a un sottile (ma neanche tanto) complesso di inferiori- tà. Un po’ come non saper maneggiare un computer o un telefonino d’ultima generazione. La premessa per dire che forse sarebbe giunto il momento di “fill the gap”, ossia riempire la lacuna, col- mando il divario tra l’essere (un colto e stimato) professionista e un parlare inglese “ragionato”, che non si basi solo sulla memoria pappagallesca, ma su formule quasi matematiche che spie- ghino una buona volta perché si dice «I don’t speak English» e non «I not speak English» o simili. Per impadronirsi di un linguaggio che non faccia più sorridere l’interlocutore straniero (anche se, per cortesia, egli non lo darà a vedere) e av- viare un dialogo più facile e proficuo, occorrerà quindi abbandonare l’ap- proccio pappagallesco, consapevoli che la mente è fatta più per ragionare che per ritenere. In termini più filosofici occorre passa- re dall’universale al particolare, e non l’inverso, come si fa ora. Occorre, cioè, partire dalla regola e arrivare alla sua applicazione, e non dalla applicazione alla regola, secondo un processo che solo apparentemente è più facile ed im- mediato. In realtà, imparare una lingua con questo secondo sistema è come pre- tendere, ad esempio, che la segretaria di unavvocatomettainsiemeunamemo- riadifensivasoloperché,sottodettatura ne ha scritte tante, o che un’assistente allapoltronacuriunacarieavendolovi- stofarecentinaiadivolte.Nulladinuovo sotto il sole, ovviamente, perché è il me- todochesiseguivaannifa,primadiuna riforma che di fatto ha contribuito ad aumentare l’ignoranza della lingua e a impoverire tante famiglie, arricchendo nel contempo tante scuole. Perquantoriguardainparticolareipro- fessionisti della sanità (medici e odon- toiatri), va da sé che all’apprendimento di base, tradizionale, ragionato, si ag- giunga in un secondo momento quello dei termini medico-odontoiatrici corri- spondenti. A questo punto e solo a que- sto punto la permanenza in un Paese di lingua inglese sarà utile per far pratica di quel che si è imparato. Andarci prima per fare la famosa total immersion, è solo lo spunto di una costosa vacanza all’estero. Massimo

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