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Dental Tribune Italian Edition

8 Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2014Odontoiatria Forense Via Roma 45 • 21057 Olgiate Olona (VA) • ITALIA Tel + 39 0331.376760 • Fax + 39 0331.376763 E-mail : info.italia@acteongroup.com • www.acteongroup.com L’importanza dell’odontologo forense nell’analisi dei “bitemarks” per riconoscere le fattispecie di reato associate a maltrattamenti e/o abusi Fra le competenze dell’odontologo forense vi è l’analisi dell’impronta di morsicatura, i cosiddetti “bite- marks”: lesioni configurate, che in modo più o meno chiaro riporta- no su un supporto alcune caratte- ristiche del mezzo che le ha pro- dotte, ossia le arcate dentali. Tale substrato può essere la cute della vittima che ha subito il morso, così come quella dell’aggressore dal quale la vittima si è difesa. Ciò ine- vitabilmente mette in relazione i due soggetti. Inoltre, l’impronta di morsicatura può essere impressa anche su un oggetto presente sulla scena correlando oltre che gli atto- ri anche il luogo. Ma non necessariamente di ag- gressione vera e propria può trat- tarsi. Non di rado sulla cute di bambini, ad esempio, si possono riscontrare lesioni di questo gene- re a opera di compagni di giochi, così come morsi di animali su ca- davere e su vivente. Fra i casi più famosi in tema di bitemarks, vi è quello del serial killer Ted Bundy, che ne gli anni Settanta e Ottanta compì più di trenta omicidi: l’i- dentificazione dei segni delle sue arcate dentali sul corpo di una del- le vittime contribuì alla condanna definitiva. Solo successivamente all’attribuzione del morso a Bun- dy, egli confessò, consacrando l’a- nalisi dei bitemarks come impor- tante fonte di prova. Le arcate dentali sono uniche per ogni individuo e le loro caratteri- pretazione si debba tenere conto delle caratteristiche di elasticità che quest’ultima possiede. Rico- noscere e analizzare un’impronta di morsicatura significa valutar- ne i diversi aspetti anche quando non si presenta nelle forme più classiche. Essa, infatti, può varia- re configurazione a seconda della superficie corporea interessata e a seconda di altri fattori quali la dinamica dell’evento o l’intensità del morso stesso. La lettura di que- sto tipo di lesività, infatti, non è sempre semplice ed è influenzata anche da altri fattori: ad esempio il tempo trascorso dall’apposizio- ne del morso, edema, ecchimosi, escoriazioni o lacerazioni della cute, oltre all’elasticità della cute già menzionata. Nel cadavere, inoltre, bisogna tener conto anche delle trasformazioni post-mortali. Nella conferenza-corso tenutasi a Torino nel marzo di quest’anno, è stata messa in luce l’importanza dell’odontologo forense nella ri- levazione e valutazione di queste lesioni nel riconoscimento di fat- tispecie di reato associate a mal- trattamento e abuso. Il tempestivo intervento è determinante per po- ter documentare la lesione per poi analizzarla nel modo più corretto. I primi a riscontrare questo tipo di lesioni nel vivente sono general- mente parenti, pediatri, medici di base o medici di pronto soccorso (si ricorda l’obbligo di denuncia da parte degli incaricati di pubblico servizio per i reati di cui siano ve- nuti a conoscenza a causa o nell’e- sercizio delle proprie funzioni). Sebbene una iniziale documen- tazione fotografica possa essere eseguita da chiunque, magari con l’ausilio di un riferimento metri- co, a vantaggio della tempestività di acquisizione di una lesione mol- to mutevole nel tempo, è bene che ogni step successivo sia eseguito altrettanto tempestivamente da un odontologo forense con espe- rienza nello specifico settore, poi- ché un’errata registrazione della lesione e una sua mal interpreta- zione reca con sé responsabilità non indifferenti. Situazione simile accade per il cadavere. L’odontologo forense, per forma- zione, ha la capacità di “interpre- tare” quella lesione in un modo diverso da qualsiasi altra figura professionale. Già l’odontoiatra clinico sin dai tempi dell’univer- sità acquisisce la capacità di no- tare caratteristiche minime nella dentatura di ogni soggetto. Basti pensare che egli non necessita di leggere i nominativi dei propri pa- zienti apposti sulle impronte in gesso custodite nel proprio studio, anche quando queste sono parzia- li: spesso gli basta uno sguardo per riconoscerne il “proprietario”. In modo analogo, l’esperienza e la pratica portano l’odontologo forense a vedere ciò che altri non vedono anche in lesioni alterate da diversi fattori e a saper inserire le proprie valutazioni in un contesto medico-legale. Questo, ovviamente, con tutte le cautele del caso: ciò infatti signi- fica saper riconoscere altresì una eventuale impossibilità a proce- dere a un’analisi attendibile, nel caso di lesioni poco indicative o molto alterate. Ricordiamo però che anche un’esclusione certa dell’attribuzione di un morso a un sospettato/indagato, dovuta ad esempio alla presenza di ca- ratteristiche certamente incom- patibili con la sua dentatura, è un elemento di notevole importanza per le indagini. Chantal Milani, antropologa e odontologa forense stiche si possono trasferire sulla cute, sebbene nella loro inter-

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