Please activate JavaScript!
Please install Adobe Flash Player, click here for download

Dental Tribune Italian Edition

19Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2014 Teknoscienza < pagina 18 Quindi, l’attuazione di tutta una serie di manovre, atte a ridurre l’e- levata carica batterica presente a livello della cavità orale, sarà cru- ciale per l’ottenimento di culture cellulari adeguate: ad esempio, il dente dovrà essere accuratamente disinfettato con idonei antisettici (clorexidina 0,3%, iodio ed etanolo) prima e dopo l’estrazione. Per facilitare il successivo prelievo della polpa, è fondamentale che il dente estratto sia inciso, utilizzan- do per esempio un’adeguata fresa da turbina, mantenendo il cam- pione a basse temperature e in so- luzione fisiologica (o equivalente) (Fig. 1). Inoltre, la camera pulpare non dovrebbe essere intaccata per garantire una adeguata sterilità. A questo punto, il dente così proces- sato sarà trasportato al laboratorio biologico (preferibilmente a 4-6 °C) nel quale avverranno le successive fasi di isolamento delle cellule sta- minali. Tutte le manovre dovranno essere effettuate in apposite cappe biologiche protettive (Fig. 2), per garantirne la sterilità. Per libera- re le cellule presenti nel tessuto pulpare, esso sarà rimosso dalla corona e dalla radice e sottoposto a digestione enzimatica median- te collagenasi e dispasi a 37 °C per circa un’ora. La sospensione cellu- lare ottenuta sarà centrifugata e il sedimento ricavato risospeso in adeguato terreno di coltura, addi- zionato con siero. Una prima sele- zione per ottenere elementi stami- nali sarà effettuata in base alle loro dimensioni, utilizzando un “setac- cio” cellulare. La sospensione sarà immediatamente posta su piastre da coltura e incubata a 37 °C al 5% di CO2. Il pool di cellule staminali estratte in questo modo ed espanse in vitro sarà comunque costituito da una popolazione eterogenea di cellule, con diverse caratteristiche e potenzialità differenziative. La generazione di popolazioni cel- lulari omogenee e la corretta carat- terizzazione delle stesse sono tra i punti basilari per un’eventuale ap- plicazione a fini terapeutici. È quindi fondamentale ottenere sottopopolazioni di cellule stami- nali il più omogenee possibili e, a tale scopo, le tecniche impiegate possono essere diverse. General- mente, esse sono selezionate sul- la base di antigeni (marcatori) di superficie mediante cell sorting o mediante tecniche immunoma- gnetiche con anticorpi legati a mi- crosfere. Nel primo caso, si utilizza uno strumento definito citofluo- rimetro in cui le cellule sono col- pite da un raggio laser, riflettono la luce e in base alla fluorescenza emessa sono suddivise fisicamente in sottopopolazioni cellulari sepa- rate dalla popolazione eterogenea iniziale. Nella seconda metodica, “micro-biglie magnetiche”, coniu- gate ad anticorpi specifici, sono in grado di riconoscere e legare solo le cellule esprimenti gli antigeni corrispondenti. Mentre esiste un gruppo ben definito di marcatori per discriminare le cellule stami- nali mesenchimali in generale (po- sitività a CD44, CD73, CD90, CD105, CD271, STRO-1, negatività a CD34, CD45, and HLA-DR), non sono an- cora stati riconosciuti marcatori specifici che identifichino esclu- sivamente le DPSC. Spesso queste vengono selezionate per la positivi- tà a combinazioni di vari antigeni, come STRO-1, CD29, CD44, CD73, CD90, CD105, CD117, CD146, CD166 e CD271. Ad esempio, di recente è stato riportato in letteratura che DPSC CD34, STRO-1, CD117 positive sono in grado di differenziare sia in senso mesenchimale che neuroec- todermico, originando precursori osteoblastici, adipocitari, miocita- ri e neurali. Altri autori utilizzano marcatori che indichino l’origine embrionale delle cellule stamina- li della polpa dalla cresta neurale (MSI1, SOX10), oppure tipici marca- tori di staminalità (Oct-4, Nanog). Un’altra possibilità di selezione si basa sull’elevato potenziale proli- ferativo e clonogenico posseduti dalle DPSC: le cellule della polpa sono separate in singole cellule, coltivate, espanse, e si selezionano i cloni con il tasso di crescita più elevato. Una volta ottenute le DPSC, fatte espandere in coltura, verificato che non abbiano subito mutazioni genetiche e che continuino a man- tenere l’espressione dei marcatori specifici, il passo successivo è rap- presentato dalla crioconservazio- ne a lungo termine delle stesse. La crioconservazione è un processo in cui cellule o tessuti sono pre- servati a bassissime temperature (tipicamente in azoto liquido a –196 °C) (Fig. 3). A queste tempera- ture, qualsiasi attività biologica, incluse le reazioni biochimiche che porterebbero alla morte cellulare, è interrotta. Se il congelamento è eseguito nel modo corretto (dimi- nuendo gradualmente e lentamen- te le temperature e utilizzando specifiche soluzioni crioprotettive), le cellule potranno poi essere scon- gelate (questa volta rapidamente per evitare danni alle membrane plasmatiche) e riprendere le loro normali attività di proliferazione e differenziamento. Le DPSC sono criopreservabili an- che per lunghi periodi di tempo, mostrando, una volta scongelate, un alto tasso di sopravvivenza e mantenendo intatte le capacità differenziative. Un’innovativa e recente metodica di crioconserva- zione consentirebbe invece la con- servazione di denti interi, in modo che sia possibile estrarre le stami- nali in una fase successiva, solo al momento di una reale necessità. Affinché quanto qui esposto diventi pratica clinica quotidiana, occorre comunque acquisire ulteriori infor- mazioni scientifiche sia sulla biolo- gia delle DPSC sia sulla standardiz- zazione delle metodiche necessarie al loro isolamento, proliferazione e differenziamento in vitro. Nono- stante negli ultimi anni siano stati fatti enormi passi avanti nel settore della terapia cellulare, troppi sono ancora gli aspetti da chiarire per ottenere colture cellulari sicure, ma soprattutto per identificare il metodo migliore per re-impiantarle nel paziente. Infatti, allo stato at- tuale delle conoscenze scientifiche e mediche, chiunque proponga un utilizzo clinico di cellule staminali adulte, non solo non è in grado di garantire l’esito positivo della tera- pia, ma soprattutto non ne conosce il destino una volta trapiantate. Ad oggi, l’unica terapia cellulare clinicamente accettata e ben conso- lidata è il trapianto di midollo per le patologie del sistema ematopoie- tico, anche se numerosi e promet- tenti sperimentazioni cliniche (che includono le DPSC) sono in corso per il trattamento di svariate pato- logie. Molti soggetti contano sull’a- vanzamento delle terapie cellulari e preferiscono non correre rischi: criopreservano le proprie cellule staminali (incluse quelle prove- nienti dalla polpa dentale), confi- dando in un loro prossimo possibile utilizzo. Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3 Indurisce in ambiente umido e in presenza di fluidi biologici Bioattività con formazione di apatite Biocompatibilità Attività antibatterica Stabilità dimensionale (fillosilicato brevettato) Adeguata espansione Adattamento marginale Non si degrada nel tempo the endodontic cement inducing formation of APATITE Dallaricercaitaliana il cemento endodontico che induce la formazione di apatite Indurisce in ambiente umidoIndurisce in ambiente umido Bioattività con formazione di apatite Biocompatibilità Stabilità dimensionaleStabilità dimensionale 22070 Rovello Porro - CO - tel. 02 96 75 4179 - www.isasan.com - info@isasan.comS.r.l C M Y CM MY CY CMY K BIOSEALER.pdf 1 16/01/14 17:22

Sito