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Dental Tribune Italian Edition

30 Dental Tribune Italian Edition - Luglio+Agosto 2014Speciale Giovani Una sentenza del Consiglio di Stato mette freno al rientro dei bocciati al test d’accesso Con sentenza n. 2829 del 30 maggio 2014, il Consiglio di Stato ha annul- lato le decisioni del TAR Lazio con cui si ammetteva il rientro degli stu- denti che avessero fatto domanda di re-iscrizione all’università italiana, pur essendo stati respinti al test di accesso in Italia. Il Consiglio di Stato, si legge nella sentenza, «legittima infatti l’esclusione da un qualsiasi anno di corso degli studenti di univer- sità estere, che non superino la prova selettiva di primo accesso, eludendo, con corsi di studio avviati all’estero, la normativa nazio- nale […]. Né in con- trario può valere l’accordo di collabo- razione sottoscritto dall’Ateneo di Roma Tor Vergata con l’Università “Nostra Signora del Buon Consiglio” di Tirana – continua la sentenza – cui va riconosciuto valore di intesa per favorire lo sviluppo della formazio- ne universitaria in Albania, ma non produce parificazione tra i rispettivi percorsi di studi». Nata dalla convenzione di tre atenei italiani, la Statale di Milano, Roma Tor Vergata e l’Università di Bari, con programmi di studio, libri, docenti e lingua di insegnamento analoghi a quelli di Tor Vergata e con costi assai elevati (10 mila euro per l’iscrizione più spese di soggiorno), l’Università di Tirana è l’approdo di molti giova- ni respinti ai test in Italia, dal quale far “legittimamente” rientro all’uni- versità italiana. Ma a interrompere il “giro vizioso” – quella che appa- riva come una furbizia di studenti e famiglie – è stato il rettore di Tor Vergata, Giuseppe Novelli, il quale ha rifiutato il trasferimento di una studentessa a Roma, avallato da un ricorso (vinto) al TAR del Lazio, fa- cendo ricorso a sua volta al Consiglio di Stato assieme al Ministero dell’I- struzione. «A Tirana non voglio una Tor Verga- ta di serie B né scorciatoie per aspi- ranti camici bianchi», ha dichiarato il rettore. Di qui il nuovo protocollo d’intesa, con nuove regole per stu- denti e docenti, su cui sta lavorando con i vertici dell’Università di Tira- na. A commento della sentenza e a nome di migliaia di genitori, medi- ci e odontoiatri che si trovano nella sua stessa situazione, riportiamo di seguito le considerazioni di Patrizia Biancucci (in foto, in basso), ortodon- tista a Torino e collaboratrice di Den- tal Tribune e Torino medica, la quale aveva accarezzato l’idea del piano B. Ossia iscrivere il figlio Alberto, respinto ai test in Italai, ai corsi di Odontoiatria dell’Università “Nostra Signora del Buon Consiglio” a Tirana. Speranze e delusioni di una dentista madre di un giovane respinto ai test “Basterebbero le lettere dell’alfabeto per trovare un ‘piano x’ che realmen- te funzioni per i nostri figli?”. Questa domanda serpeggiava nel- la mia mente da quando mio figlio aveva iniziato l’ultimo anno di liceo e bisognava proiettarlo in un futuro professionale “concreto”. Io, madre e medico odontoiatra, mi sono accol- lata angosce e indecisioni che non potevano essere solo sue: a 18 anni si diventa maggiorenni, si prende la patente, si riceve la scheda elettorale, si risponde in prima persona di atti legali e non, si diventa indipendenti dalle volontà dei genitori e, infine, si può anche andare via da casa senza chiedere il permesso. Ma si rischia di rimanere intrappolati in quel grovi- glio di incertezze che rendono diffi- coltose le decisioni importanti, quel- le che determineranno il resto della vita. Gli ultimi dati ISTAT parlano di 26 mila giovani partiti per paesi esteri che in gran numero non torne- ranno in Italia. L’espressione “disoc- cupazione giovanile” fa parte ormai del quotidiano, ripetuta all’infinito, alla stregua di un mantra dal triste presagio, e i nostri ragazzi se ne sono inconsapevolmente appropriati. Pro- prio come nell’antica Grecia in cui le colpe dei padri ricadevano sui figli. Ricordo frasi del tipo: «Mamma, cosa mi consigli? Mi piacerebbe continua- re a far teatro, ma poi faccio la fame: se entro a Odontoiatria invece potrò lavorare». Il conflitto aumentava e Alberto, mio figlio, era sempre più disorientato. Il corso intensivo di pre- parazione al test per Odontoiatria, in parallelo all’ultimo anno di liceo e all’esame di maturità, è cominciato a gennaio 2013, per continuare fino a settembre con l’improbabile prospet- tiva di superare una prova – a mio parere inutile e cervellotica – nella quale tutto si fa tranne che indivi- duare la reale attitudine a svolgere una professione dai contorni ben de- finiti come Medicina e Odontoiatria. Il test va male e ricomincia il calva- rio dei punti interrogativi, finché un amico ci parla di Tirana, Università “Nostra Signora del Buon Consiglio”. «Come essere a Tor Vergata», dice, «poi magari fate il trasferimento». Prendo subito contatto con un’ami- ca che da anni vive e lavora lì, anche perché i termini di iscrizione stanno per scadere. Ma il mio fiuto di madre e una certa conoscenza del problema “laureati all’estero” mi fanno sentire puzza di bruciato, senza sottovaluta- re l’aspetto economico in tempi in cui la crisi morde anche il settore odon- toiatrico. Fatte tutte le nostre consi- derazioni, alla fine Alberto non parte per il vagheggiato Eldorado, anche perché arriva la notizia che il test si terrà nuovamente nell’aprile 2014: perché non ripeterlo? Alberto ci spera ancora, anche se appare combattuto tra la sua “passionaccia” per il teatro e la ragione che lo spinge a tentare Odontoiatria. Una matassa sempre più ingarbugliata, una tela di ragno. Ma anche la seconda prova va male, altra delusione! Nel frattempo il mi- nistro dell’Istruzione Stefania Gian- nini comincia a ventilare la possibi- lità di introdurre una selezione “alla francese”, come una volta, quando al primo anno di Medicina erava- mo 1.000 iscritti e 300 al secondo, e tanti compagni dovettero cambiar facoltà senza troppi patemi e sen- za dover vagare da un test all’altro, perdendo tempo prezioso. La Gian- nini si è espressa con dichiarazioni quantomeno sibilline: «I quiz intesi nel vecchio modo sono un capitolo del passato», oppure: «Penso che il numero programmato sia necessa- rio e resterà tale. Valuteremo i modi più adeguati per dare spazio a tutti gli studenti meritevoli», mentre il mi- nistro Beatrice Lorenzin confermava il sì al numero chiuso. Insomma: una storia infinita. Quella di Alberto sembra invece es- sersi (per ora) conclusa con la mia accorata raccomandazione: «Fai ciò che ti piace, asseconda la tua indole, coltiva la tua passione», perché ha ripreso a fare l’attore di teatro classi- co. Ma le mie preoccupazioni di ma- dre, ovviamente, non sono finite. Per fortuna (o sfortuna?) non possiedo un mio studio, perché sarebbe stato ancor più triste non solo vedere mio figlio non seguire le mie orme pro- fessionali, ma nemmeno subentrare nella mia attività. In quella che, per molti colleghi, è una ragione di vita, non solo di professione. E se quando passi la mano ti manca l’erede, ti pare di disperderla. Patrizia

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