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Dental Tribune Italian Edition

11Dental Tribune Italian Edition - Aprile 2014 L’Intervista << pagina 10 Quindi che preoccupazioni ci sono di fronte al lavoro che ho voluto fortemente nel Gruppo di lavoro Prevenzione dell’ERO. Prima di voler ini- ziare un dialogo fra le professioni coinvolte nel collaborative approach bisogna chiedere che cosa ne pensano gli altri specialisti (cardiologi e diabetologi nel caso specifico) e dove vedono i vantaggi e gli svantaggi di un tale approccio. Questa iniziativa è partita per merito degli odontoiatri e fu realizzata in ERO. E posso dire che ha prodotto dei risultati inaspettati. La ca- valcata è meno difficile del previsto in quanto i cardiologi erano molto più entusiasti di una collaborazione mirata a produrre migliori ri- sposte alla soluzione ai problemi dei nostri co- muni pazienti rispetto agli odontoiatri e ai dia- betologi. Da lì è nata la Carta della Salute da me presentata – ammetto, a sorpresa, ma senza quella non si svegliava nessu- no – il 20 aprile dell’anno scorso in ERO e il giorno dopo in Aio come prima as- sociazione nazionale d’odontoiatria in Europa. Mi scuserà se con un poco di superbia posso dire che il mio contributo all’approccio collaborativo fra le profes- sioni mediche, ma – quello che ritengo più importante – fra la figura medica e il paziente, l’ho dato. Il resto sarà storia… o non lo sarà proprio. Considerando che i livelli di cura e prevenzione odontoiatrica sono strettamente legati alle dinamiche dell’economia, lei giudica utopico considerarli una cd. “variabile indipendente” dai suoi alti e bassi? Alle dinamiche dell’economia si aggiun- gono anche gli umori delle persone. Rendersi immuni a questi ultimi non è più un discorso business driven, ma è legato a una cultura e a una forma mentis che se non si eredita, si acquisisce. In tempi di vacche magre questi valori sono utili per non dover piangersi addosso e farsi prendere dalla malinconia. Que- sto vale grossolanamente per tutti i cittadini di una società. Per il medico rimane la scelta tra medical business e medical humanities. Quale ritiene sarà (o saranno) i “punti caldi” che verranno (o dovrebbero essere) trattati all’assemblea dell’FDI di Nuova Delhi del prossimo settembre? Per me i punti caldi sono quelli che in un pros- simo futuro costringeranno l’odontoiatria a rispondere ai fabbisogni di cura. Già adesso possiamo dare una risposta parziale in termini di misure di prevenzione. La qualità della vita, se non proprio la vita, non sarà sostenibile sen- za la prevenzione. Un déjà vu nella storia della medicina considerando anche l’ayurveda? È stata proprio lei a far sopravvivere gli indiani nonostante le difficili condizioni socio-sanita- rie? Potremmo forse imparare qualcosa da una delle più antiche discipline mediche del mondo di provenienza indiana che cura corpo e mente? Mi permetta la debolezza di rispondere a una domanda con qualche altra. Guarda caso però, l’India è il terzo paese al mondo nella statistica del cancro orale e questo non è solo legato alla crescita della popolazio- ne, ma anche e proprio perché ci si può permet- tere di cambiare lo stile di vita; consumare più alcol e tabacco per esempio. Infatti, la FDI avrà una sezione scientifica dedicata a questo argo- mento durante il Congresso mondiale a Nuova Delhi. L’odontoiatria sostenibile è per me un altro punto caldo. Che risposta potevo dare nel 2011 ad un collega quando ero in Afghanistan e mi ha raccontato che era responsabile per circa 200.000 cittadini? Ma allo stesso tempo mi chiedo che risposta darò al mio collega nell’I- glesiente che ha lo studio vuoto ma fuori dalla porta gli si presenta un fenomeno di una neo- povertà che non trova cura e nemmeno pre- venzione né negli ambulatori del SSN né nello studio privato. Un’ultima domanda, un po’ personale: lei è di origine tedesca ma vive in Italia e parla e pensa come un italiano. Nella sua rappresentanza internazionale e come dentista di che nazione si sente? Visto che la domanda è personale – il un po’ per- sonale non lo posso accettare quantomeno pos- so accettare un po’ corretto – le rispondo come persona. Sono nato in territorio tedesco. Ho due genitori con origini diverse l’uno dall’altro, eppure en- trambi hanno un passaporto tedesco. Ho rice- vuto da loro e dai miei insegnanti tedeschi fino alla maturità un’educazione che ha messo da- vanti a tutto la libertà della persona e il rispetto della società. Il principio della libertà nell’accet- tare i pazienti come persone, nella formulazio- ne della diagnosi e nella definizione della tera- pia fu un forte elemento della mia formazione, sia in medicina in Italia che in odontoiatria in Germania. E a questo punto devo già contare tre influenze nazionali nel mio curriculum vitae. Se, poi, devo anche considerare tutte quelle nazioni che mi hanno accettato come membro onorario nelle loro rappresentanze odontoiatriche, allora il discorso diventa veramente quello di un “ba- stardo”. Questo basta per essere meno credibile? Ringra- zio tutti i colleghi italiani che hanno avuto fidu- cia in me e che mi hanno onorato con la carica più alta nell’Associazione Italiana Odontoiatri, l’Aio. E dovrei essere grato anche agli europei di tutta la regione definita dall’OMS per avermi voluto come Presidente ERO e a quelli nel mon- do che mi vedevano bene nella veste di Consi- gliere della FDI. La persona conta; che essa sia un cittadino tedesco in qualità di odontoiatra italiano per l’interesse della gente dove pratica o nel mondo tramite la professione odontoiatrica c’entra poco. Se la premissis per essere attivo per gli italiani è essere italiano allora mi permetta di esserlo per scelta e non per nascita. Tanto, un outsider sono e lo rimango anche quando inte- ressandomi per il mio paese di scelta ricevo il complimento dagli ascoltatori italiani: “Questo è più italiano di noi!”. m.boc