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Dental Tribune Italian Edition

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Dietro l’espressione «risarcimento del danno», nella prassi giudiziaria si cela un microcosmo giuridico che, a rigore, è un qualcosa d’“altro” ri- spetto alla responsabilità professio- nale in senso stretto. Primo punto è la distinzione, sottile, ma frequente, tra “danno-evento” e “danno-conse- guenza”. Il primo, il “danno-evento”, è la lesione, nuda e cruda, arrecata al paziente dall’errore medico: ad esem- pio, si è estratto il dente sbagliato o si è procurata un’infezione. Il secondo, invece, il “danno-conseguenza”, è l’in- sieme delle conseguenze lesive che ne discendono. Noi tratteremo questo secondo caso. Innanzitutto, una nota positiva: non esiste nell’ordinamento il cosiddet- to “risarcimento punitivo”. In altri ordinamenti (Common law e negli USA in particolare) una volta che il giudice ha stimato un danno gli è anche data facoltà di aggiungere una sanzione: se il professionista deve ri- sarcire al cliente 10, viene condanna- to a risarcire 15, per punirlo e dare un monito (general-preventivo) agli altri professionisti. Questo risarcimento “punitivo”, tipico della responsabilità extra-contrattuale (ad esempio pena- le). seppur raramente viene applicato anche dinanzi alla responsabilità con- trattuale con il punitive (negli USA) o exemplary damage (nel Regno Unito). L’entrata in vigore del decreto legge “Balduzzi” sulla “Responsabilità pro- fessionale dell’esercente le professio- ni sanitarie” (art. 3, comma 1) ha in- trodotto un riferimento all’art. 2043, norma cardine della responsabilità extra-contrattuale, che sembrerebbe far rientrare la responsabilità dell’o- peratore sanitario nella sfera aquilia- na (o extra-contrattuale). Il dentista che commette un errore può star certo, tuttavia, di non dover subire la “gogna” di un obolo ulteriore a titolo di punitive damage, perché la Cassa- zione, nella sentenza 1183/2007, ha stabilito essere in contrasto con l’ordi- ne pubblico interno. Scampato tale pericolo, ci si potrebbe chiedere se la catena dei “danni-con- seguenza”, cui un sanitario potrebbe essere chiamato a rispondere, sia po- tenzialmente infinita (come vorreb- be, spesso, il paziente danneggiato) o no. La risposta, anche in questo caso, è favorevole al professionista, per via di due cardini giuridici, che pongono un limite al “danno-conseguenza”: una conseguenza è risarcibile, se in astratto mediamente prevedibile «al momento in cui l’obbligazione è sor- ta» (art. 1225 c.c.). Il risultato pratico della norma, di fondamento incerto, è escludere dai danni risarcibili quelli di portata straordinaria rispetto all’e- vento lesivo, che il dentista non era in grado di valutare prima dell’inadem- pimento. La giurisprudenza parla di “regolarità causale”: quindi non i danni inusuali ma quelli discendenti da un fatto normalmente adeguato a produrlo. Tornando all’espressione «al momen- to in cui l’obbligazione è sorta» ossia al tempo in cui dev’essere effettuato il giudizio di prevedibilità, se un den- tista ha fatto un preventivo di cura con quattro sessioni a un mese l’una dall’altra e se tale preventivo viene ac- cettato, ma l’errore è commesso in oc- casione del terzo intervento, qual è il momento in cui l’obbligazione è sor- ta? Oggi oppure tra tre mesi? Tende a farsi strada l’interpretazione antilet- terale per cui si deve fare riferimento non al momento della costituzione delrapportocontrattuale,maaquello dell’esecuzione. Una volta messi questi “paletti”, il dentista può eccepire che, se il clien- te si fosse comportato correttamente dopo il sinistro, alcuni aspetti pre- giudizievoli si sarebbero potuti evi- tare. Secondo l’art. 1227, comma 2, c.c.: il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe po- tuto evitare con l’ordinaria diligenza. Il contegno del danneggiato non ha certo contribuito alla causa ma ha co- munque prodotto un aggravamento del danno. Il principio è eccezionalmente riba- dito dal citato comma 1 dell’art. 3: «Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno tiene de- bitamente conto della condotta di cui al primo periodo», ossia quella tenuta dall’esercente la professione sanitaria chesiattienealineeguidaebuonepra- tiche accreditate dalla comunità scien- tifica. È presto, però, per cantar vittoria, perché il principio va coordinato con quello costituzionale di libertà del sog- getto di non sottoporsi a trattamenti sanitari se non per disposizione di leg- ge(art.32,comma2,Cost.). Il dentista, quindi, difficilmente po- trebbe pretendere di non risarcire il danno che il paziente avrebbe potuto evitare mediante interventi chirurgi- ci, l’adozione di protesi, ecc. Inoltre, il dentista non può dedurre dal risarci- mento dovuto quanto il paziente ri- ceva da assicurazioni pubbliche e pri- vate. Tale indennizzo, infatti, ha una fonte – il rapporto assicurativo o pre- videnziale di cui l’episodio colposo è “una” condizione per l’attribuzione – diversa da cui deriva il risarcimento. Una volta superati questi filtri, i dan- ni-conseguenza “superstiti” si posso- no dividere in 2 gruppi (a loro volta suscettibili di suddistinzioni). A livel- lo sistematico, la materia si è assestata solo di recente, dopo le sentenze della Suprema Corte (11 novembre 2008) che distingue il danno non patrimo- niale in biologico, morale, esistenzia- le. Il primo è la lesione all’integrità fisio-psichica di un soggetto, tutelata dagli artt. 2 e (soprattutto) 32 della Costituzione, distinto a sua volta in due diverse tipologie: «invalidità per- manente» («micropermanente», se il punteggio percentuale è fino al 9%, «macropermanente», se si va oltre tale punteggio e, dunque, dal 10% fino al 100% di invalidità) e «inabilità bio- logica temporanea». Con il danno morale (pecunia doloris) si tende a riparare il pregiudizio che una persona ha subito per la violazio- ne della dignità, la cosiddetta «dignità umana» (art. 2 Cost.) nonché da fonti extra-nazionali. Comprende sostan- zialmente due aspetti: l’afflizione (ossia lo spavento, lo scoramento) che colpisce l’animo del paziente resosi consapevole dell’errore dentistico. Secondariamente, vi è il dolore fisico passeggero prodotto, per esempio per una fastidiosa infezione. In presenza di colpa medica il giudice non può meccanicamente riconoscere all’in- fortunato il risarcimento del danno morale, essendo egli tenuto a provare le circostanze negative prodottesi a seguito della di prostrazione e/o del dolore fisico. Quanto al danno esistenziale, si tratta della proiezione “dinamica” della me- nomazione fisio-psichica su diritti co- stituzionali. Esempio, se una persona perdel’usodellaparolapererroreme- dico, potrà essere danneggiato il suo rapporto parentale con la famiglia (vedi art. 29 Cost.) Dato che la sfera del “danno-conseguenza” è alquanto frastagliata, il consiglio è di verificare che la propria polizza professionale sia atta a coprire tutte le varie fatti- specie di danno, patrimoniale e non. La vera novità, in materia di danno non patrimoniale, però, è rappresen- tata dall’ art. 3 del decreto legge “Bal- duzzi”, il cui comma 3 dispone che «il danno biologico conseguente all’atti- vità dell’esercente della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, eventualmente integrate con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per te- ner conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all’attività di cui al presente articolo». Il DL 7/9/2005 n. 209 cui fa riferimen- to l’articolo è il cosiddetto “Codice del- le assicurazioni private” e gli artt. 138 “Danno biologico per lesioni di non lieve entità” e 139 “…per lesioni di lie- ve entità”, che però si occupano delle lesioni da circolazione dei veicoli a motore e dei natanti! Trapiantando la normativa al settore della colpa medi- ca, ecco due buone notizie per i medi- ci. Il legislatore con la legge 24/3/2012 n. 27 per le lesioni di lieve entità (vedi citato art. 138) ha ridotto lo spazio di emersione del danno biologico e nel maggio di quest’anno la Cassazio- ne ha “compattato” il danno morale puro in quello non patrimoniale di cui all’art. 138 del Codice delle assicu- razioni private. Enrico