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today Amici di Brugg

14 56° Amici di Brugg • Rimini Digora Optime UV L’eccellenza nella radiologia intraorale! Con Digora Optime Plus UV, ultima evoluzione nel campo dell’imaging digitale ai fosfori, Soredex introduce ulterio- ri miglioramenti alle già eccellenti prestazioni del sistema Digora Optime. Innanzitutto la qualità dell'immagine: 14,3 coppie di linee per millimetro effettive, abbinate all’elevato range dinamico, garantiscono immagini precise, nitide e di elevato valore diagnostico. Le nuove funzioni di ottimiz- zazione automatica dell’immagine poi, consentono radio- grafie perfettamente calibrate nella scala di grigi senza l’intervento dell’operatore. Digora Optime Plus UV, completamente automatico, in soli 4,5 secondi, esegue tutte le funzioni, dall’acquisizio- ne della lastrina, alla scelta del formato, alla lettura, alla cancellazione ed espulsione. Il pannello frontale integra un visore in grado di mostrare, in tempo reale, l’immagine radiografica e di controllarne la qualità (funzione partico- larmente utile nelle installazioni in multi utenza), mentre il sistema di decontaminazione “Opticlean”, brevettato da Soredex, consente di decontaminare al 99,9% le piastri- ne digitali ai fosfori durante la fase di lettura. Opticlean debella virus e batteri − quali HIV, epatite, herpes e molti altri − garantendo un’ampia sicurezza sia ai pazienti ma soprattutto al personale di studio, fortemente esposto alle contaminazioni crociate. Il sistema, attraverso una particolare tecnica brevettata e certificata da enti universitari accreditati, utilizza la luce ultravioletta per decontaminare l’intera superficie della pia- strina resti- t uendola , dopo la let- tura, sicura e perfettamente decontaminata. Per garantire inoltre il controllo della contaminazione crociata tra piastrine, lettore e protezioni esterne, le pia- strine sono protette con copripiastre e protezioni igieniche. Digora Optime Plus UV utilizza 4 diversi formati di lastrine: formato 0 (22 x 31 mm); formato 1 (24 x 40 mm); formato 2 (31 x 41 mm); formato 3 (37 x 54 mm). Le nuove genera- zioni di piastrine garantiscono resistenza ed efficienza nel tempo, consentendo di riprodurre migliaia e migliaia d'im- magini senza perdita di qualità. Digora Optime Plus UV può essere implementato con “Comfort Occlusal 4C”, il nuovo formato di piastra digitale per l’acquisizione delle proiezioni occlusali (formato 4C). Il nuovo formato d'immagine 48 x 54 mm, garantisce inoltre l’estensione dell’uso del sistema Digora anche nel campo ortodontico dove l’analisi della pro- iezione occlusale viene particolar- mente apprezzata per la valutazione e l’identificazione dell’orientamento dei denti inclusi. Per informazioni: DL Medica Spa Via Pietro Calvi 2 20129 Milano Tel.: 02.762751 Fax: 02.76275300 E-mail: dlmedica@dlmedica.it Web: www.dlmedica.it Lo spazzolino arma contro batteri e criminali Vincenzo Agostini*, Laura Antonia Marino** *Biologo molecolare, esperto in Scienze forensi, Eviden Collector Specialist, test DNA, test di paternità **Igienista Dentale coordinatore attività professionalizzante e Prof. a.c. presso l’Università di Milano Utilizzo forense dello spazzolino Lo spazzolino ha assunto oggi- giorno una nuova ed innovativa valen- za, entrando a far parte di quel pool di prove scientifiche che possono essere utilizzate durante procedimen- ti giudiziari per ricercare e identificare l’autore materiale di un crimine o, più semplicemente, per stabilire rappor- ti di parentela/filiazione tra individui (Bandhaya, Panvisavas, 2008) (Fig. 1). Il suo impiego nelle indagini forensi riguarda la sua insita caratteristica di penetrare nel cavo orale e venire a contatto con saliva, gengive e sangue, ovvero tutti distretti organici composti da cellule da cui è possibile ricavare il DNA. La cellula è, infatti, l’unità strutturale del nostro organismo. Ogni essere umano è formato all’incirca da diecimila miliardi di cellule (1 x 1013), diverse tra loro per forma e dimen- sione, aventi un diametro medio di 3 mm (micrometri) (Russell, 2002). Ogni cellula del nostro organismo (fatta eccezione per i globuli rossi anucleati) contiene nel suo nucleo il DNA (2-DeoxyriboNucleic Acid), macromolecola biologica depositaria dell’informazione genetica di ciascun essere vivente. All’interno di ogni cel- lula dello stesso organismo il DNA è identico (eccetto forme patologiche): infatti una cellula del fegato contiene lo stesso DNA presente nelle cellule della pelle. Questa caratteristica è di fondamentale importanza per l’i- dentificazione genetica di ciascun individuo, dal momento che consen- te di comparare il DNA proveniente da tracce biologiche diverse, come ad esempio un campione di sangue rinvenuto sulla scena del crimine con tracce di saliva presenti tra le setole dello spazzolino di un sospettato (Ric- ci, 2001). Grazie al suo uso quotidia- no, lo spazzolino rappresenta, infatti, una preziosa fonte cellulare poiché con la sua azione di spazzolamento delle strutture del cavo orale viene a contatto con saliva, che contiene cel- lule desquamanti delle mucose orali, gengive, formate da cellule dell’epite- lio gengivale, e talvolta con sangue e la sua componente cellulare leucoci- taria nucleata (Imamura et al., 2007). Ma cos’è precisamente il DNA? Nel 1953 gli scienziati Watson e Crick ne ipotizzarono una struttura ad alfa elica, formata da due filamenti che si superavvolgono tra loro, solitamen- te rappresentata come una scala a chiocciola. Srotolando questa scala possiamo vedere che le pareti, ovvero i due filamenti, sono formate dall’al- ternanza di zuccheri e di gruppi fosfa- to, mentre i pioli sono le basi azotate (adenina (A), guanina (G), timina (T) e citosina (C)), i singoli mattoncini la cui disposizione determina l’informazione genetica che viene ereditata (Voet, Voet, 2004) (Fig. 2). Una molecola di DNA umano è for- mata da circa 3.300.000.000 basi (3,3 x 109) e raggiunge la lunghezza di circa 2 metri (Benjamin, 2006). A questo punto sorge spontanea una domanda: come può una molecola così grande essere contenuta all’in- terno di un nucleo cellulare delle dimensioni di pochi micrometri? Nel nucleo il DNA raggiunge livelli di superavvolgimento tali da organiz- zarsi in strutture particolari chiamate cromosomi (Nelson, Cox, 2002). Nella specie umana ogni cellula contiene 46 cromosomi (23 coppie): 44 sono detti autosomi e indicati coi numeri dall’1 al 22 (a formare 22 coppie) e 2 sono detti sessuali perché responsabili del sesso genetico e indicati dalle lette- re X e Y. Così un individuo femmina avrà 22 coppie di autosomi e due cro- mosomi X (XX), mentre un individuo maschio avrà 22 coppie di autosomi e un cromosoma X e uno Y (XY) (Rus- sell, 2002). Durante i processi della fecondazione e riproduzione, 23 cro- mosomi sono ereditati per via pater- na e 23 cromosomi, invece, vengono ereditati per via materna (Houillon, 1992) (Fig. 3). È stato detto che lun- go tutta la struttura del cromosoma si alternano le basi azotate e una ben precisa sequenza di tali basi costitu- isce un gene, ovvero una porzione di cromosoma che determina o influenza un singolo carattere (Watson et al., 2005); il particolare sito o localiz- zazione dove si trova un gene lungo l’estensione di un cromosoma viene detto locus genico. Il concetto fon- damentale è che una stessa coppia di cromosomi contiene gli stessi geni localizzati nella stessa posizione sul DNA (Fig. 4). Esempio: il gene A localizzato sul braccio lungo del cromosoma 1 ere- ditato per via paterna sarà identico al gene A localizzato sul braccio lungo del cromosoma 1 ereditato per via materna. Questi geni, però, non devo- no essere necessariamente identici, ma possono essere simili e presenta- re delle minime differenze (non pato- logiche) nella struttura: queste forme alternative di uno stesso gene vengo- no dette alleli ed è proprio sullo studio delle combinazioni alleliche tipiche di ciascun individuo che si basa l’analisi del DNA a scopo identificativo-forense (Ricci, 2001). L’intero genoma umano è formato da circa 37.000 geni, ma non tutti questi geni sono codifican- ti, ovvero producono proteine: infatti soltanto il 3-4% dell’intero genoma è codificante, mentre il restante 96-97% è totalmente non codifican- te e all’apparenza inutile, tant’è che viene definito junk DNA o DNA spaz- zatura, formato da geni che possono esistere con piccole differenze nella sequenza delle basi A, T, G, C e che sono estremamente variabili da indi- viduo ad individuo. Questi geni vengono definiti poli- morfici e gli esperti forensi (i geneti- sti forensi) sono interessati proprio a queste zone del DNA che presentano variazioni tra individui, localizzate al di fuori delle sequenze codificanti e presenti in più forme alternative (Gill et al., 1985). Così per caratterizzare un indivi- duo dal punto di vista forense o per identificare una traccia lasciata da un individuo è sufficiente studiare solo alcune zone particolari che si presen- tano particolar- mente variabili nella popolazio- ne (Ricci et al., 2006). Il termine “polimorfismo” deriva dal greco polùs = mol- to e morfée = forma e viene utilizzato quan- do, all’interno di una popolazione per uno specifi- co locus genico, si riscontrano delle variazioni nella sequenza del DNA, deter- minando così la presenza di più varianti alleliche a quel locus (Brown, 2003). Condi- zione necessaria e sufficiente deve essere che questi alleli siano frequen- ti nella popolazione. L’essere umano presenta somma- riamente due tipi di polimorfismi che possono essere proteici, ad esempio i gruppi sanguigni A, B, 0, oppure del DNA. Come già accennato i poli- morfismi del DNA riguardano quasi la totalità del genoma umano nel quale sono presenti regioni geniche con un elevato grado di variabilità: que- sta condizione permette a ciascuno individuo di essere unico, ovvero di possedere un proprio e caratteristico profilo genetico (inteso come combi- nazioni alleliche per determinati geni investigati) che lo discrimina da tutti gli altri individui che compongono una popolazione. In questa maniera il genetista forense è in grado di fornire un vali- dissimo supporto alle indagini crimi- nalistiche, riuscendo a determinare, con una certezza pari al 99,9%, che una traccia organica rivenuta sulla scena di un crimine appartiene quasi certamente a una ben precisa perso- na. La percentuale di certezza del test del DNA non è assoluta poiché que- sto tipo di analisi presenta tutt’oggi numerosi limiti e lacune, quali la pre- senza di individui gemelli omozigoti (che condividono il medesimo profilo genetico) o la difficoltà nell’interpre- tazione del profilo genetico ricavato da tracce organiche esigue ed estre- mamente degradate e/o contamina- te, come molto spesso sono i reperti forensi (Ricci, 2001). I polimorfismi del DNA possono essere suddivisi per semplicità in due categorie: polimorfismi di sequenza (SNP) e polimorfismi di lunghezza (RFLP, VNTR, STR) (Ricci et al., 2006). Nel 1997, durante un’apposita riu- nione scientifica, furono scelti 13 geni polimorfici STR che costituiscono tutt’oggi il sistema database del DNA dell’FBI, chiamato CODIS (Combined DNA Index System) (Hammond et al., 1994); questi sistemi vengono utiliz- zati anche da buona parte della comu- nità genetico-forense mondiale e oggigiorno ne vengono investigati 15, in aggiunta al polimorfismo Ameloge- nina per la determinazione del sesso genetico. Tuttavia già l’analisi dei 13 loci utilizzati dal CODIS consente di identificare una persona su tutta la popolazione mondiale. Analizzando 13 loci polimorfici si ottiene, infatti, un valore di “match probabilità” pari a 1 x 10-15, e ciò significa che, statistica- mente parlando, vi è una sola possibi- lità su un milione di miliardi che due individui posseggano lo stesso profilo genetico (Budowle et al., 2000). » pagina 15 Fig. 1 - Tipologie di spazzolini elettrici (Wilkins, 2001). Fig. 2 - Struttura schematica a elica di un tratto del DNA umano.