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Dental Tribune Italian Edition

4 Dental Tribune Italian Edition - Maggio 2013Dentisti & Società «Siamo i medici dei nostri pazienti» Per Barone la risposta al low cost è scientifica, culturale e soprattutto emotiva La comunicazione secondo Guastamacchia Personalizzare, ossia “cordializzare”, anche mediante il linguaggio del corpo Una delle sessioni più intense del Collegio dedicata al “Ruo- lo delle istituzioni nella pro- mozione della salute orale” si è svolta in Sala Fellini la mattina di sabato 20 ed era articola- ta in due momenti assai dissimili tra di loro per problematiche ed esperienze collegate, ma fondamentali entrambi: nel primo si sono prese in esame la prevenzione e la gestione dei traumi dentali, argomento specifico in sé, ben presto allargatosi fino a investire il ben più va- sto tema della qualificazione e certificazione degli odontologi forensi. Tema decisamente in divenire, sul quale torneremo ben presto. Il secondo momento della mattinata, intito- lato gli “Aspetti comunicativi della professio- ne odontoiatrica”, tema quanto mai attuale, affrontato da quasi tutti i congressi odonto- iatrici. Ma quella mattina, oltre che dal tema in sé, l’uditorio più che qualificato presente in sala è stato attirato anche dalla personalità e dalla verve di un opinion leader, antesigna- no di un’arte (o meglio di una tecnica) che si basa sulla convinzione che la comunicazione in odontoiatria non è un optional, bensì un must, specie in tempi calamitosi come que- sti. Tecnica vitale dalla cui applicazione può dipendere addirittura la sopravvivenza dello studio. In una Sala Fellini, dove erano ancora freschi gli echi delle traversie legali connesse alle all’esercizio della professione, è risuonata infatti chiara l’affermazione di un relatore autorevole come Carlo Guastamacchia, se- condo cui «la maggior parte delle cause non vengono intentate per un errore tecnico, ma per nulla o per difettosa comunicazione». Con queste due puntualizzazioni che magari a qualcuno suoneranno enfatiche, il relatore è passato a illustrare che cosa significa, nei fatti, “comunicare” per un dentista, corredan- do le sue spiegazioni con diapositive scritte a caratteri cubitali e corredate da abbondanti punti esclamativi. Si comunica infatti con i collaboratori, con i colleghi, con i fornitori, e last but not least, con i pazienti, usando (al- tro obbligo, non optional) una videocamera durante i trattamenti «per chiudere la bocca a qualsiasi giudice», in caso di contestazione sul trattamento e sul consenso più o meno informato e probante. Per Guastamacchia comunicazione s’identifica in realtà con la «cordializzazione» o personalizzazione effet- tuata mediante linguaggio del corpo, non solo con le parole o tramite collaboratori, per dare la sensazione al paziente di essere al centro dell’attenzione: «Il paziente – ha detto scan- dendo bene le parole – pretende me, non il mio delegato, perché vuole che io gli dimostri di lavorare per lui». Guastamacchia, quindi, è per una «impollinazione personale», come la chiama lui, contro i messaggi collettivi su scala, così frequenti oggi con la progressiva diffusione delle società di capitali e di quella (prossima) delle Stp, le Società tra professio- nisti [vedi articolo pagina 14, NdR], entrate in vigore il 21 aprile. Nel dibattito apertosi subito dopo, Laura Strohmenger ha ricordato all’im- petuoso relatore che la sua è una posizione de- cisamente controcorrente. In una società dove l’unico giudizio imperante sui dentisti è ancor oggi quello paolino dei «carissimi», gli ha ri- cordato il dovere di riaffermare l’appartenen- za della categoria alla comunità dei sanitari, non corpo separato, il dovere di «essere coesi» per combattere il vieto e tradizionale giudizio di esosità ma soprattutto per il recupero dei pazienti, in forte rarefazione nel privato ma in ascesa nel pubblico. m.boc Qualcuno scrive che il nostro è il tempo della confusione e del disagio, delle crisi profonde, del postmoderno, in cui tutto ha perso col- locazione, dimensione, spazio. Uno sguardo attento alla realtà non smentisce tale suppo- sizione, soprattutto se si considera il degrado e l’assoluta perdita di direzione dei valori più saldi nell’intera umanità. In un’epoca come la nostra, povera di valori, sogni, speranze, qual è il ruolo che assume un medico nel suo obiet- tivo di realizzatore del bene comune? E come può svolgere la propria missione, il proprio lavoro? E ancora, nell’ambito delle professioni sanitarie, del low cost e della cor- sa alla concorrenza onesta/disonesta, come può una branca altamente specialistica come l’odontoiatria conservare dignità e deontolo- gia professionale rispondendo alle numero- se richieste del mercato e dell’economia? Da ultimo, come possono qualità, ricerca, fame di sapere, voglia di aggiornarsi, amore per la conoscenza e studio, dare prestigio e valore a una professione troppo colpita da tutti i punti di vista nell’immaginario collettivo? Ovvio che non possiamo non accorgerci del mondo che cambia, delle dinamiche e della deriva. Il mondo cambia e rivoluziona spazi, tempi e modalità relazionali tra le persone; in questo mondo sono sicuramente cambiati gli obietti- vi, sia quelli della collettività sia quelli dell’in- dividuo. L’assenza degli insegnamenti su quanto le emozioni e i sogni di vita siano importanti ha deviato le nostre abitudini e consuetudini e hanno determinato nei giovani una caduta delle speranze. L’uomo moderno oggi viene visto e propagandato come un accumulatore di successi, prestigio, denaro e beni materiali, anche se a una più attenta osservazione ap- pare piuttosto come un collezionista del su- perfluo, affetto da un’inquietudine dilagante. In questo mondo di stress e successi, hi-tech e apparenze, forse abbiamo dimenticato di insegnare ai più giovani il ruolo delle espe- rienze, la cultura del contatto umano e dello scambio e, soprattutto, la cultura della costru- zione per le nuove generazioni. Quel che facciamo oggi ha un inevitabile in- flusso per tutti coloro che verranno; e que- sto vale per la vita comune, professionale ed emozionale. Non voglio fare un’analisi sociale spicciola che, infine, non mi compete, ma solo dire che l’unico modo di reagire, nella vita come nella professione, è attraverso un com- portamento semplice e pratico. Poniamo attenzione ai principi deontologici che dovrebbero guidare il nostro lavoro, mo- striamo ai colleghi la passione e la ricerca del- la qualità assoluta, trasferiamo ai giovani col- leghi l’amore per il proprio lavoro. Il paziente non può essere considerato come il risultato ultimo di un processo di marketing e comu- nicazione, non possiamo pensare di trasferire un’idea di qualità e di attenzione attraverso le strategie di commercio. L’unico modo che abbiamo di distinguerci e salvare la nostra professione è attraverso la conoscenza e l’ap- profondimento della professione attraverso lo studio e l’amore per la ricerca. Il paziente come storia umana e come singolo individuo. Proviamo a trasferire la cultura dell’odontoia- tria come medicina, come cura del paziente. A mostrare attenzione per i minimi dettagli, a mostrare interesse per ciò che è bello, che nel- la maggior parte dei casi corrisponde a ciò che funziona ed è predicibile. La risoluzione sta nel rimboccarsi le maniche e perseguire gli obiettivi di onestà, studio e scelta passionale del lavoro. La risposta al low cost è scientifica, culturale e soprattutto emo- tiva: siamo, prima di tutto, i medici dei nostri pazienti, non offriamo business o prodotti come al supermarket. Se così agiremo, i nostri pazienti saranno educati… Non troveranno mai il sorriso e la dedizione di un medico appassionato in una catena di montaggio, la tranquillità trasmessa da équi- pe di persone che si conoscono e sanno quel che fanno in un una struttura low cost! In quest’epoca, l’unico modo di reagire è con un rilancio delle competenze e delle conoscenze, più che con offerte da mercato e con pubbli- cità scontate. Perché, come dice John Ruskin, filantropo ed economista politico (1819-1900): «Non è saggio pagare troppo, ma nemmeno pagare troppo poco. Quando paghi troppo perdi qualche soldo ed è tutto, ma quando paghi troppo poco, spesso non ti rimane niente, perché la cosa comprata non dà il risultato per il quale è stata acqui- stata. La norma comune esclude del tutto la possibilità di ricevere molto pagando poco. È semplicemente impossibile. Se tratti con il più basso offerente è opportuno aggiungere qualche cosa per il rischio che si corre… Se fai questo, troverai che hai già abbastanza per comprare qualcosa di meglio». Antonio Barone, Presidente SICOI Dall’articolo delle pagine seguenti dedicato a Vanini traiamo una frase significativa “...L’idea di un nuovo odontoiatra medico (e non un tappabuchi) che torna a visitare le persone, guardando intorno a una bocca non scollegata dal resto del corpo…”. In questa direzione sono anche le indicazioni dell’articolo a pagina 3 e di importanti conferenze (vedi prossimi articoli su Osteology), che mettono in luce la salute orale, con le malattie sistemiche, e l’opportunità del dentista di intercettarle. Valorizzare dunque il dentista come un medico che a 360° si prende cura della salute della persona. L’espressione usata da Vanini porta a una riflessione più ampia sull’essere e il professare del medico odontoiatra, e a sua volta, rimanda al nodo centrale della professione che è il rapporto medico/paziente. Ad esso si rifanno i due articoli sottostanti apparentemente lontani come “taglio”, ma in realtà accomunati da una caratteristica ben visibile, la centralità del ruolo dell’assistito. Scritti da mani diverse e in circostanze dissimili, si soffermano sui contenuti di questo aspetto fondamentale delle professioni sanitarie. Risulta pertanto indispensabile la formazione del professionista e un ritorno all’etica, come ci suggerisce Antonio Barone “Proviamo a trasferire la cultura dell’odontoiatria come medicina, come cura del paziente.” Leggi il programma del “XXIII Congresso SICOI 2013” nella brochure allegata.