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Implant Tribune Italian Edition

19Speciale RegenerationImplant Tribune Italian Edition - Marzo 2013 SR di fagocitabilità, influenzano nega- tivamente la neoformazione ossea, che può venir disturbata, ritardata o esser mancante, e possono favo- rire l’infiammazione cronica7 o il sequestro8 . Al contrario, il biomate- riale qui utilizzato è una ceramica altamente porosa non sinterizzata prodotta con la tecnica sol-gel, dove i nanocristalli di HA si aggregano con le molecole di biossido di silicio, nel processo di transizione da sol in gel, formando un SO con struttura nanoporosa, caratterizzato da tre tipi di pori interconnessi7 . I macro- pori (100 µm-1 mm) consentono l’invasione di tessuto vascolare per un corretto supporto sanguigno di elementi cellulari e fibrillari già dalle fasi iniziali. I micropori (5- 100 µm) permettono la crescita al loro interno di osteoblasti e fibre di tessuto connettivo per una forma- zione ossea multicentrica all’inter- no delle particelle. I nanopori (2-10 nm) favoriscono l’entrata del siero e del plasma, e la successiva bio- degradazione. L’ampia superficie interna (84 m2 /g) è dovuta alla ma- trice di silicio che viene degradata e sostituita da una matrice organica, che contiene trombociti, fibrinoge- no, fattori del complemento, e gli- coproteine. La degradazione del gel di SiO2 espone le particelle di HA alle cellule osteogeniche e angioge- netiche che migrano all’interno del difetto osseo. Il biossido di silicio stimola la for- mazione di collagene e osso, stimo- lando la proliferazione osteoblasti- ca5 . Angiogenesi e osteogenesi sono strettamente legate9 . Il supporto sanguigno è un fattore cruciale quando si usano i SO dal momento che una non corretta vascolarizzazione può ostacolare l’osteogenesi a causa di una ridotta conduzione dei nutrienti. Quindi, un’adeguata vascolarizzazione è di vitale importanza per la colonizza- zione cellulare e l’osteogenesi per apposizione8 . L’angiogenesi è coinvolta nel suc- cesso della guarigione e dell’oste- ogenesi, perché i vasi sanguigni di nuova formazione, che originano dai preesistenti vasi attorno al di- fetto, entrano all’interno delle po- rosità dei granuli di NB per creare una rete inter-granulare che tra- sporta i precursori degli osteoblasti all’interno dei granuli10 . La densità dei vasi e il numero degli osteocla- sti all’interno dell’area rigenerata sono stati riscontrati essere signi- ficativamente superiori rispetto all’osso maturo residuo5 . La biodegradazione del materiale avviene con la stessa velocità con cui viene a formarsi il nuovo osso7 e sembra coinvolgere un riassorbi- mento cellulare piuttosto che una degradazione enzimatica5 , attraver- so cellule mononucleari di riassor- bimento (macrofagi e istiociti) nelle fasi iniziali8 e cellule multinucleate come i macrofagi e i loro precursori11 . Le particelle di NB vengono incor- porate dall’organismo e inserite nel processo di rimodellamento, essen- do riassorbite dagli osteoclasti, sen- za alcun segno di infiammazione. > pagina 20 < pagina 18 L’analisi istologica ha rivelato una neoformazione ossea in tutte le parti del campione (Fig. 16), con una presenza omogenea di strut- ture ossee trabecolari in intimo contatto con la superficie dei gra- nuli di NB, e spazi midollari con tessuto connettivo altamente va- scolarizzato (Fig. 17). Non è stata osservata alcuna evidenza di in- fiammazione né una reazione da corpo estraneo attorno ai residui di NB, che erano parzialmente o totalmente inclusi da nuovo osso formatosi attorno. La struttura ossea era prevalente- mente di tipo lamellare, un osso maturo con i sistemi haversiani, le linee cementizie e gli osteociti, a sottolineare la vitalità del tessuto osseo (Fig. 18). I granuli di NB non degradati apparivano struttural- mente porosi e inomogenei, ed erano parzialmente circondati da tessuto osteoide o da osso imma- turo a fibre intrecciate e contorna- ti da strati di osteoblasti. È stato possibile osservare infiltra- zioni ed estensioni di tessuto oste- oide all’interno della nanostruttu- ra del granulo (Fig. 19). Discussione La struttura fisicochimica dei bio- materiali può compromettere il loro comportamento biologico e i risultati clinici. Sebbene l’uso di osso autologo venga ancora con- siderato come il gold standard dei materiali da innesto, il suo utilizzo viene limitato dalla disponibili- tà di un sito donatore adeguato e dalla morbilità ad esso associata. Gli innesti omologhi ed eterolo- ghi sono considerati validi SO per le loro proprietà osteoconduttive. Tuttavia, per rimuovere le proteine immunogeniche, questi materiali vengono processati con tecniche di irradiazione o liofilizzazione, che ne diminuiscono le qualità rigene- rative5 . La maggior parte dei SO alloplastici sono materiali a base di fosfato di calcio. Molti dei b-TCP o delle HA sintetiche vengono sinterizzati du- rante la fase produttiva, risultando in materiali meno porosi e più com- patti, con una superficie specifica inferiore ai 2 m2 /g, e un’inferiore osteoconduttività6,7 . Caratteristiche quali una bassa solubilità, una ri- dotta biodegradabilità e mancanza Fig. 7 - Le cross mostrano il volume rigenerato. Fig. 8 - Riapertura per inserimento implantare. Fig. 10 - La carota ossea per la valutazione istologica. Fig. 12 - Follow-up radiografico a 3 mesi. Fig. 9 - Prelievo di una biopsia ossea. Fig. 11 - Inserimento di 3 impianti Straumann Tissue Level. Fig. 13 - Follow-up clinico a 3 mesi.