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DTIT1212

21SpecialeHygiene Tribune Italian Edition - Dicembre 2012 DALLA RICERCA LISTERINE® NASCE ZERO Elevata efficacia senza alcol per un gusto più delicato 1. Data on file 2011, McNEIL-PPC, Inc. Dalla ricerca Listerine nascono Zero e Total Care Zero, gli innovativi collutori senz’alcol, che uniscono all’efficacia battericida degli oli essenziali Listerine, la sensazione di un gusto più delicato e di un alito fresco a lungo. La nuova tecnologia Zero permette di eliminare fino al 99% dei batteri del cavo orale (in test di laboratorio) ed il 49% in più rispetto ad un collutorio senz’alcol contenente cetil-piridinio allo 0,05%.1 Inoltre, aiuta a ridurre la placca e a limitare la proliferazione dei batteri causa di disturbi gengivali. Grazie all’elevata concentrazione di fluoruro di sodio (220ppm - 0,05%), le nuove formulazioni rinforzano lo smalto1 e aiutano a ridurre il rischio di carie. Il nuovo Listerine Total Care Zero, grazie allo zinco cloruro aiuta a rallentare la formazione del tartaro e contribuisce a mantenere il bianco naturale dei denti. L’EFFICACIA DEI 4 OLI ESSENZIALI LISTERINE 220 ppm DI FLUORURO DI SODIO ppm220 ppmppm ® www.listerine.it La presenza di alcool nei collutori antiplacca: sicurezza confermata Giuseppe Pizzo, ricercatore confermato e professore aggregato - Sezione di Scienze stomatologiche “G. Messina”, Università degli Studi di Palermo Un recente articolo di revisione del- la letteratura, pubblicato sulla rivi- sta Australian Dental Journal (2008; 53:302-305), ha riacceso i riflettori della stampa medica nazionale e internazionale su un tema ampia- mente dibattuto negli ultimi decen- ni: il rapporto tra presenza di alcol nei collutori antiplacca e rischio di carcinoma orale. La review, pubblicata da Michael J. McCullough e Camile S. Farah, con- clude che «alla luce dell’evidenza at- tualmente disponibile è sconsiglia- bile per i professionisti prescrivere collutori a base alcolica per lunghi periodi di tempo». A sostegno di tale conclusione, gli Autori australiani riportano i risul- tati di alcuni studi in vitro, alla luce dei quali propongono un model- lo di carcinogenesi orale che vede come primum movens l’acetaldei- de (metabolita dell’etanolo), la cui produzione è sostenuta in loco dal metabolismo batterico, in presenza appunto di etanolo; secondo tale modello, peraltro, l’alcol presente nei collutori aumenterebbe il ri- schio di carcinoma orale inducen- do, a sua volta, un aumento della permeabilità della mucosa orale agli agenti carcinogenetici. Inoltre, fra gli studi epidemiologici pubbli- cati sul rapporto tra alcol presente nei collutori e carcinoma orale, Mc- Cullough e Farah focalizzano la loro attenzione su quello di Guha et al., pubblicato nel 2007 da American Journal of Epidemiology (166:1159- 1173), che sosterrebbe l’associazione tra presenza di alcol nei collutori e aumento del rischio di insorgenza del carcinoma. Alla pubblicazione degli Autori australiani, che non è strutturata come una meta-analisi o una re- visione sistematica, ma piuttosto come una revisione critica della letteratura, fa da contraltare la review di Carlo La Vecchia, pub- blicata nel 2009 da Oral Oncology (45:198-200). La Vecchia ribadisce quanto comunemente accettato dalla comunità scientifica interna- zionale, e cioè che, sulla base delle evidenze epidemiologiche dispo- nibili, non è possibile correlare la presenza di alcol nei collutori an- tiplacca con un aumentato rischio di insorgenza del carcinoma orale. Inoltre, citando in modo completo ed esaustivo la letteratura degli ul- timi trent’anni sull’argomento (al contrario di McCullough e Farah, che citano soltanto alcuni lavori epidemiologici, concentrando la propria atten- zione sui lavori in vitro e su quelli che indaga- no il ruolo dell’acetaldeide come carcinogeno orale ad attività locale), La Vecchia mette in evi- denza i bias di molti studi epidemiologici pub- blicati, compreso quello di Guha et al. (2007), che non avevano indagato il tipo di collutorio usato dai soggetti studiati né il contenuto al- colico, così come il periodo di tempo durante il quale i soggetti avevano utilizzato il collutorio. > pagina 22 Giuseppe Pizzo