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Dental Tribune Italian Edition

7Endo Tribune Italian Edition - Novembre 2012 Clinica & Pratica < pagina 1 dentale, valutando la variazione di lunghezza d’onda o di frequenza di fotoni che hanno “colpito” dei cor- puscoli in movimento (effetto Dop- pler). Il raggio laser viene trasportato da una sonda a fibre ottiche e viene orientato per attraversare la corona dentale verso i vasi sanguigni all’in- terno della polpa. Il movimento dei globuli rossi all’interno della polpa fa in modo che la frequenza del rag- gio laser sia spostata con una parte della luce laser retrodiffusa fuori dal dente. La luce riflessa viene rac- colta da un fotorilevatore. L’elabo- razione dei dati prodotti dalla luce riflessa, e in particolare della com- ponente che ha subito un effetto Doppler (luce spostata), genera una mappa colorata che rappresenta la distribuzione della perfusione ema- tica. Quella parte della luce in uscita è proporzionale al numero e alla ve- locità media dei globuli rossi. Il maggior vantaggio di questa tec- nica, a confronto con l’esame elet- trico per la verifica della vitalità della polpa o altre prove di vitalità pulpari, è che non si basa sulla pre- senza di una sensazione dolorosa per determinare la vitalità di un dente. Inoltre, un altro importante vantaggio si riscontra nei casi di denti che hanno subito traumi re- centi o che si trovano in una parte dell’arcata dentale dove potrebbero essere danneggiati a seguito di una chirurgia ortognatica: nonostante abbiano perso la sensibilità, l’appor- to di sangue e la vitalità della polpa sono mantenuti. È stato riportato in letteratura che il 21% dei denti dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico di Le Fort I, subito dopo l’intervento, pur non avendo risposto positivamente alla stimolazione elettrica, mostrano invece un apporto sanguigno intat- to; ciò è stato mostrato attraverso il test LDF. La diagnosi della vitalità di tali pol- pe, se fosse stata basata principal- mente sul test elettrico, avrebbe comportato una terapia endodonti- ca inutile. 2. Terapia pulpare nei denti decidui La terapia pulpare è una delle più frequenti terapie dei denti decidui. La laser terapia ha dei vantaggi nel controllo delle emorragie, nella de- contaminazione e nell’effetto sti- molante delle cellule pulpari. Una tecnica atraumatica e asettica è es- senziale per un esito positivo, quan- do la rimozione chirurgica del tes- suto pulpare coronale (pulpotomia) è necessaria. Elliott e collaboratori – che hanno valutato clinicamente e radiografi- camente la risposta della polpa dei denti decidui alla radiazione con il laser CO2, rispetto a quella con la formocresol, per la terapia della polpa vitale – hanno concluso che il trattamento con il laser CO2 era preferibile rispetto al trattamento convenzionale. Salzman e collaboratori hanno in- vece confrontato il trattamento del- la pulpotomia nei denti decidui con il laser a Diodo e con quello di Trios- sido di aggregato minerale (Mineral Trioxide Aggregate, MTA). Un follow-up da 2 a 15 mesi sulla capacità sigillante di questo tratta- mento, basandosi su criteri radiolo- gici e clinici, non ha riscontrato una differenza statistica significativa tra i due gruppi. Liu ha paragonato il tasso di succes- so clinico della pulpotomia nei den- ti decidui trattati con il laser Nd:YAG o con il formocresol. I denti trattati sono stati controllati per un periodo fra 9 e 66 mesi. È stato constatato che il tasso di successo delle pulpec- tomie eseguite con il laser Nd:YAG era significativamente più alto di quanto con la terapia convenzionale con formocresol. 3. Incappucciamento pulpare e pulpotomia con il laser L’incappucciamento pulpare è defi- nito dalla Società Americana di En- dodonzia come una procedura per la quale un materiale dentale viene applicato sopra o vicino a una polpa esposta, con lo scopo di stimolare la formazione di dentina “di irritazio- ne” nel sito della lesione. La pulpotomia richiede la rimozio- ne chirurgica di una piccola porzio- ne della polpa vitale come mezzo per preservare il tessuto pulpare ri- manente, coronale e radicolare. L’incappucciamento pulpare è con- sigliato quando l’esposizione della polpa è molto piccola, uguale o mi- nore di 1 mm nei pazienti giovani. La pulpotomia, invece, è consiglia- bile quando la polpa giovane è già esposta alla carie e le radici non sono ancora del tutto formate (apici aperti). Il materiale più frequentemente utilizzato a coprire l’esposizio- ne pulpare è l’idrossido di Calcio: Ca(OH)2. Applicato sul tessuto pul- pare, si forma al di sotto di esso uno strato necrotico e successivamente un ponte di dentina. Lo stesso acca- de quando per la pulpotomia viene utilizzato l’MTA. Applicandolo sulla polpa esposta, si ottengono migliori risultati che con il Ca(OH)2, poiché produce un ponte dentinale più spesso in un periodo più breve e con inferiore infiammazione. Tuttavia, sono necessarie 3 o 4 ore per la com- pleta fissazione del materiale. Il tas- so di successo dell’incappucciamen- to pulpare, sia diretto che indiretto, varia dal 44% al 97%. Nella pulpoctomia gli agenti chimi- ci vengono utilizzati fino a quando non avviene la completa formazio- ne radicolare. Non è del tutto chiaro se si debba successivamente esegui- re un completo trattamento canala- re. Da quando è avvenuta l’introduzio- ne del laser in Odontoiatria, diversi lavori hanno dimostrato l’effetto delle varie lunghezze d’onda sulla dentina e sul tessuto pulpare. Considerando che il laser a rubino ha causato danni alla polpa, Melcer e collaboratori hanno dimostrato che il trattamento con il laser CO2 porta alla formazione di nuova den- tina mineralizzata senza che vi sia nessuna modifica cellulare del tes- suto pulpare. Shoji e collaboratori hanno applica- to il laser CO2 con una vasta gamma di irradiazione sulla polpa esposta dei denti dei cani, utilizzando mo- dalità focalizzata e defocalizzata con livelli di energia diversi, da 3, 10, 30 fino a 60 W. Si sono riscontrate carbonizzazio- ne, coagulazione e degenerazione dello strato odontoblastico, pur non essendo stato rilevato alcun danno nella porzione della polpa radicola- re. Jukic e collaboratori hanno utilizza- to il laser CO2 e Nd:YAG rispettiva- mente con una fluenza di 4 J/cm2 e 6 J/cm2 sulle polpe esposte. In en- trambi i gruppi sono stati osservati, nel tessuto pulpare, carbonizzazio- ne, necrosi, risposta infiammatoria, edema ed emorragia. In alcuni casi si è formato un ponte dentinale. Nei pazienti ai quali l’incappuc- ciamento diretto è stato indicato, Moritz e collaboratori hanno uti- lizzato un laser CO2 con energia di 1 W e tempo di esposizione di 0,1 sec., con intervalli di 1 secondo tra un’e- sposizione e l’altra, fino a ottenere il completo sigillo pulpare, seguito dall’applicazione di Ca(OH)2. Nel gruppo di controllo l’incappuccia- mento è stato effettuato con l’appli- cazione di Ca(OH)2. Sintomi e vitalità dei denti sono sta- ti controllati a distanza di una setti- mana, con intervalli di un mese per un intero anno. L’89% dei denti del gruppo in cui è stato utilizzato il la- ser con l’idrossido di Calcio non ha presentato alcun sintomo nei vari controlli e ha risposto positivamen- te al test di vitalità pulpare, contro il 68% del gruppo di controllo in cui l’incappucciamento consisteva solo nel condizionamento del Ca(OH)2. In caso di una cavità profonda e ipersensibile, va preso in considera- zione l’incappucciamento indiretto, per ottenere una riduzione della permeabilità della dentina median- te la sigillatura dei tubuli dentinali. I laser Nd:YAG e CO2 9,6 µm possono essere utilizzati per tale trattamen- to. Il laser CO2 della lunghezza d’onda di 9,6 µm è ben assorbito dall’idros- siapatite dello smalto e della denti- na, portando all’ablazione tessutale, alla fusione e alla risolidificazione. Wigdor e collaboratori hanno dimo- strato che l’utilizzo del CO2 9,6 µm non ha comportato nessun danno evidente al tessuto pulpare nei cani. L’effetto del laser Nd:YAG sulla tem- peratura intrapulpare è stato stu- diato da White e collaboratori, che hanno trovato che l’uso del Nd:YAG in modalità pulsata con energia al di sotto di 1 W e frequenza di 10 Hz, per un totale di tempo complessivo di esposizione di 10 sec., non ha ele- vato significativamente la tempe- ratura intrapulpare. I loro risultati possono essere considerati come parametri di sicurezza, dal momen- to che lo spessore dentinale residuo, dopo la preparazione della cavità, non può essere misurato in vivo. Si raccomanda, pertanto, di scegliere, per l’uso clinico del laser, parametri inferiori a tali limiti di sicurezza. 4. Trattamento del canale radicolare con diverse lunghezze d’onda L’obiettivoprimariodeltrattamento endodontico è quello di eliminare i batteri dai canali radicolari. La di- sinfezione endodontica è effettuata da un approccio “chimico-mecca- nico” che abbina una sagomatura meccanica alla disinfezione chimi- ca. Tuttavia, a causa della comples- sità del sistema dei canali radicolari, l’eliminazione completa dei detriti e la realizzazione di un canale radi- colare sterile è molto difficile. Peters e collaboratori hanno chia- ramente dimostrato che oltre il 35% delle superfici dei canali radicolari rimangono invariate dopo la stru- mentazione, utilizzando quattro tecniche di preparazione con stru- mentazione al Ni-Ti. Pashley ha dimostrato che il fango dentinale, contenente batteri o pro- dotti battericidi, potrebbe fornire un serbatoio di sostanze irritanti, per cui la sua completa rimozione sarebbe coerente con l’eliminazione di sostanze irritanti dal canale radi- colare. Nei vari tipi di laser utilizzati in Odontoiatria l’energia emessa può essere trasportata ai canali radico- lari con una fibra ottica (Nd:YAG, Er, YSGG, Argon e Diodo) o da un tubo cavo e braccio articolato (CO2 e Er:YAG). Il potenziale effetto battericida del- la luce laser può essere efficacemen- te utilizzato per la pulizia del canale radicolare a seguito della strumen- tazione biomeccanica. Tale effetto battericida è stato ampliamente studiato utilizzando diversi tipi di laser come a CO2, Nd:YAG, Excimer, a Diodo, Er:YAG. L’evidente consenso è che l’irradia- zione laser emessa da diverse lun- ghezze d’onda utilizzate in Odonto- iatria ha la potenzialità di abbattere i microrganismi. Nella maggior par- te dei casi l’effetto è direttamente correlato alla quantità di irradiazio- ne e al livello di energia. Diversi lavori, che hanno dimostra- to la buona attività antimicrobica della radiazione laser associandola alla strumentazione meccanica e all’uso degli irriganti canalari, po- trebbero garantire una disinfezione one step, in una sola seduta. In lette- ratura troviamo delle opinioni con- trastanti riguardo alla possibilità di completare il trattamento endodon- tico in un’unica seduta. La disinfezione laser, che dovrebbe seguire sempre il trattamento en- dodontico tradizionale (strumen- tazione meccanica, irrigazione con NaOCL 5% e EDTA 17%), consiste nell’introduzione della fibra ottica da 200 micron a 1 mm dalla lun- ghezza di lavoro in un canale en- dodontico bagnato, irradiando in senso apico-coronale con rotazio- ne in senso orario, con parametri e tempi che variano a seconda del laser utilizzato. Di solito si tratta di tre irrigazioni da 5-20 sec. l’una, con energia da 1,5 fino a 3 W. L’utilizzo della terapia fotodinami- ca per l’inattivazione di microrga- nismi è stata dimostrata all’inizio del Novecento da Oscar Raab. Il blu di Metilene è stato impegnato come fotosensibilizzatore per marcare batteri Gram+ e Gram- nei diversi studi sull’effetto del PDT per la di- sinfezione del canale endodontico. La ridotta suscettibilità, invece, del biofilm alla terapia fotodinamica è dovuta fra l’altro alla bassa penetra- zione del materiale, per cui è stato sviluppato un sistema per migliora- re le caratteristiche farmacologiche del blu di Metilene. > pagina 8 Utilizzo del laser per il trattamento endodontico dei denti decidui e permanenti S.