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LAB TRIBUNE Italian Edition

6 Italian EditionAnno II n. 3 - Settembre 2012 Vita Professionale Il ricambio generazionale, un problema sentito nelle aziende e negli studi “A Expodental stiamo raccogliendo i vari attori del dentale per un importan- te convegno sul ricambio generazionale: un problema sentito dagli studi ma anche dalle aziende”, queste le parole del neo Presidente Unidi, Gianfranco Berrut- ti. Il passaggio generazionale in Italia è un “fenomeno” che interessa migliaia di aziende e centinaia di studi professionali, con analogie e differenze che in qualche modo occorre individuare e mettere sot- to la lente di ingrandimento per trovare metodi, soluzioni, strumenti utili a rea- lizzare tale delicato passaggio con suc- cesso. La prima sfida è capire quali sono dei quaranta problemi in capo all’impresa di famiglia (Fig. 1) quelli specifici per le aziende Unidi e per gli studi Andi. La seconda riguarda l’analisi del ciclo di vita dell’impresa di famiglia (Fig. 2) e questo modo di approcciare la realtà ha valore anche per gli studi professionali; in Italia la situazione è rappresentata da una distribuzione dimensionale così cal- colata: il 70% delle imprese sono esclusi- vamente padronali o padronali allargate; il 20% pseudo manageriali o manageria- li evolute; il 10% delle aziende familiari cosiddette manageriali sofisticate. Alcuni dati ci fanno capire che l’improvvisazione e la non programmazione del ricambio generazionale sono da abbandonare al più presto: Oggi (e ancor più domani) ci sono ora- mai tutti gli “ingredienti” per affrontare questo processo di avvicendamento sia nelle aziende dentarie che negli studi pro- fessionali; abbiamo infatti (e ne dobbiamo essere sempre più consapevoli) dieci fatto- ri chiave: 1.un forte orientamento ai mercati esteri (per promuovere sempre più il made in Italy); 2.l’occasione di costruire un’efficace filiera (per ridurre in periodi di crisi, i costi anche dei laboratori e degli stu- di clinici); 3.la necessità di potenziare il servizio al cliente (educare sempre più il pazien- te alla salute dentale); 4.il bisogno di rinnovamento della formula imprenditoriale (reingegne- rizzazione del modello di business dell’impresa familiare e/o dello stu- dio professionale); 5.l’urgenza di rivisitazione degli orga- ni di governo delle imprese familiari (allestendo una macchina organizza- tiva adatta ai nuovi trend di mercato e alle nuove opportunità professionali emergenti); 6.la possibilità di adottare assetti orga- nizzativi (innovativi, snelli, efficienti, pervasi dalle recenti tecnologie digi- tali); 7. la maturazione e l’apertura mentale all’ingresso di capitali esterni (priva- te equity, venture capitalist); 8.la scadenza della divisione delle quo- te societarie (“a-chi-va-che-cosa, per- ché-e-come”); 9.da gestire il rischio collegato alla perdita del fondatore (abituarsi come i colleghi scandinavi ad adottare e simulare la “vulnerability analysis” e svolgere il suo collegato assessment); 10. da neutralizzare il rischio potenziale/ effettivo di rivalità familiari (sia tra parenti che tra familiari e terzi). In conclusione la visione del problema può essere visto in questi due aspetti, complementari e sinergici: a.Il passaggio generazionale è un pro- cesso, suddiviso in fasi. Ognuna ha una serie di attività che devono essere attentamente progettate, realizzate e controllate. Occorre conoscere le proprie variabili critiche dalle qua- li dipende il successo o meno di tale processo, evitare assolutamente l’im- provvisazione e pensare in modo pia- nificato attraverso una formazione ad hoc. Ogni passaggio generazionale sembra essere unico nel suo genere ma nel suo DNA, ha elementi comu- ni a molti altri; utile dunque cono- scere i modelli strategici che stanno alla base delle scelte da compiere. I momenti topici della successione sono tre: il “prima”, il “durante” e il “dopo”. I tempi, gli attori, i conte- nuti, le opzioni e altro sono in questi tre momenti gli elementi cruciali da gestire per rendere vincente tale opportunità. b.Il ricambio generazionale è anche una questione di buon senso. Richiede tempo per essere preparato e realizza- to. Nella sua attuazione il passaggio generazionale prevede due grandi ordini di questioni: economico-mana- geriale e psicologico-organizzati- vo. Nel mondo degli odontoiatri il momento del passaggio, se e quando avviene, pone probabilmente mino- ri problemi economico-manageriali, ma certamente fa emergere le que- stioni gestionali: l’organizzazione aziendale innanzitutto, lo scontro connesso con l’dea di professionalità, la competizione padri/figli, la gestio- ne del team, la linea di comando, le strategie di crescita e sviluppo, la gestione dei micro e macro conflitti, le relazioni con il personale, la scelta dei collaboratori clinici, la delega e il controllo, la distribuzione e l’utilizzo degli spazi di lavoro, l’investimento in aggiornamenti, il mantenimento del pacchetto clienti. Sta al diretto interessato, magari con l’aiuto di esperti delle imprese di fami- glia, costruire la mappa delle criticità, posizionare la sua realtà aziendale nel punto esatto del ciclo di vita, far emer- gere le cause di queste criticità al fine di adottare gli strumenti opportuni alla loro rimozione, identificare il potenziale erede, costruirgli un sentiero di sviluppo, affiancargli un “educatore-precettore”, dargli il giusto spazio aziendale/professio- nale, adottare – se esistono i presupposti- le buone regole del “padre di famiglia”: responsabilità, delega e autonomia. Claudio Devecchi Professore ordinario di Strategia e Politica Aziendale Università Cattolica di Milano Direttore Scientifico dell’Associazione CERIF Centro di Ricerca sulle Imprese di Famiglia Fig. 1 Fig. 2 Ipotesi di sostegno per il settore dentale I dati Key-Stone Riportiamo alcuni dati presentati dall’Istituto Key-Stone lo scorso mese di maggio a Rimini anticipando per conto di Unidi il 6° rapporto sullo stato del settore dentale. Tali dati riguardano le proiezioni del primo quadrimestre 2012: a) per le industrie dentali italiane si prospetta un incremento dell’export e una sofferenza nel mercato interno; b) negli ultimi 2 anni (anni di maggior crisi) l’export delle industrie è aumentato complessivamente del 15,2% con il 7,4% nel 2010 e il 7,8% nel 2011; c) l’export rappresenta in termini di fatturato per le industrie dentali il 61,3% del fatturato totale pari a 422 milioni/euro; d) nel mercato interno, crollano invece letteralmente le vendite per attrezzature nei laboratori odontotecnici; e) nel 1° quadrimestre 2012 si evidenzia: - una diminuzione del 18,6% di vendite per le attrezzature da labo- ratorio; - una diminuzione dell’8% delle attrezzature per gli studi odontoia- trici; - una diminuzione dell’1,7% del materiale da consumo per studi e laboratori; f) analisi su 1.000 studi odontoiatrici nel 1 quadrimestre 2012 stima una diminuzione di presenze di pazienti pari 1.000.000 sull’intera popolazione; g) nei laboratori odontotecnici il 70% lamenta un calo del 29% della produzione di dispositivi medici; il 4% indica un aumento del 18% e il 25% una produzione uguale allo scorso anno. I dati del 1° quadrimestre 2012 da Key-Stone si sommano ai dati pre- sentati lo scorso anno dallo stesso Istituto relativi al 2010 dove si evi- denzia: a) Una diminuzione del 4,3% di accessi di pazienti alle cure che porta nel periodo 2008-2010 una diminuzione di complessivi 5.000.000 accessi; b) Una diminuzione del 14% nel 2010 del giro d’affari dei laboratori odontotecnici che porta la flessione negli ultimi 3 anni a oltre il 25%. Secondo un’indagine condotta da Mannheimer per conto di Andi e presentata nei mesi scorsi a Cernobbio “Il 15% degli italiani prende in considerazione l’eventualità di fare le cure odontoiatriche all’estero per gli alti costi degli studi odontoiatrici italiani” quale conseguenza dell’al- to costo delle prestazioni in Italia ormai largamente incompatibile con larghe fasce di reddito e non solo di quelle una volta definite sociologi- camente dei “non abbienti”. Secondo l’indagine congiunturale condotta da Andi, considerando i dati Istat dal 2008, come conseguenza della crisi economica, si è registrato un deciso calo dei “consumi odontoiatrici” e delle capacità di spesa delle famiglie. Rispetto a tale fenomeno i dentisti intervistati ritengono: a) Di essere costretti a chiudere lo studio per il 28,3%; b) Di cambiare lo studio per avere meno spese per il 15%; c) Di associarsi con altri colleghi per il 53,2%; d) Di rivedere i piani professionali per il 70%; e) Di rivedere i piani di vita per il 69%. II dati presentati in un Convegno CNA-SNO all’inizio del 2009 riportano tra l’altro: a) I risultati di una indagine condotta da Istat su 60.000 famiglie che evidenziano che l’11% della popolazione soffre di edentulia totale con il 60% negli oltre-ottantenni, b) Circa il 40% della popolazione non si è recato dal dentista nel corso dell’anno e il 49% negli anni precedenti; c) Il 19% nel meridione non si è mai recato dal dentista e circa il 7% nel ricco ed evoluto Nord; d) L’87,5% della popolazione ha fatto ricorso a studi odontoiatrici privati e il 12,5% a strutture pubbliche; e) Nella struttura del sistema dentale italiano operavano (dati 2003- 2008) circa 170/180.000 addetti; f) Al “dental day” di luglio 2005 si presentò un dato già allora ritenuto drammatico, ma molto meno drammatico rispetto a quello riscontra- to dal 2008: 1.600.000 pazienti in meno nel periodo 1999/2002 pari all’8% della popolazione. Le stime portano dunque a quantificare in oltre 10.000.000 pazienti in meno per il periodo 2000-2011, con oltre il 60% di popolazione che di norma non si reca dal dentista nel corso dell’anno e il futuro davvero incerto per i circa 170/180.000 addetti stimati nel 2009.