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Dental Tribune Italian Edition

20 Speciale Laser Tribune Italian Edition - Settembre 2012 < pagina 15 La displasia rappresenta l’insieme delle atipie cellulari e delle alterazioni architettoniche del tessuto epiteliale che si verificano con la transi- zione da un epitelio sano, a un epitelio affetto da una lesione epiteliale potenzialmente maligna fino a un carcinoma squamocellulare. Il tasso annuale di trasformazione maligna della leucoplachiaoralesiattestaintornoall’1%5 .Ilcar- cinoma squamoso può svilupparsi sia nella sede della preesistente leucoplachia, sia in una sede differente del cavo orale o delle prime vie aeree. Nei decenni passati, il trattamento delle lesioni leucoplasiche è stato affidato alla chirurgia tra- dizionale a lama fredda, all’elettrocauterizza- zione, alla criochirurgia o alla laser chirurgia. La percentuale di recidiva dopo questi trattamenti chirurgici è variabile dal 10 al 35% dei casi6 . L’e- levata invasività di questi trattamenti, associata anche alla notevole percentuale di recidiva, ha spinto i ricercatori a sperimentare dei tratta- menti non chirurgici della leucoplachia orale utilizzando sostanze come carotenoidi, vitami- ne o agenti chemioterapici come la bleomicina7 . Sebbene questi farmaci, in alcuni studi, abbiano dato buoni risultati, ci sono molti effetti colla- terali associati che ne scoraggiano l’utilizzo di routine. Per questo motivo, l’interesse della ri- cerca si è focalizzato nei confronti di una terapia innovativa che potesse assicurare una minima invasività e l’assenza di effetti avversi in seguito all’intervento: la terapia fotodinamica. La terapia fotodinamica, conosciuta anche come terapia fotoradiante, fototerapia o foto-chemio- terapia è basata sul coinvolgimento di tre ele- menti: la luce, il fotosensibilizzante e l’ossigeno. Il fotosensibilizzante, o un suo precursore me- tabolico, viene somministrato al paziente. A se- condadeltipodicomposto,ilfotosensibilizzante può essere somministrato mediante iniezione endovenosa, per via orale oppure con un’appli- cazione topica a livello della lesione. L’irradiazio- ne a bassa potenza con un laser di una specifica lunghezza d’onda determina il passaggio degli atomi del fotosensibilizzante da uno stato a bas- sa energia a uno ad alta energia. A questo punto il composto può decadere al suo stato preceden- te (a bassa energia) emettendo una fluorescenza, oppure può trasformarsi in uno stato a energia ancora più elevata in grado di reagire con l’os- sigeno endogeno producendo radicali liberi dell’ossigeno che causano una rapida e selettiva distruzione dei tessuti bersaglio, come schema- tizzato nella figura 1. Ci sono due modi in cui il fotosensibilizzante ad alta energia può reagire con le biomolecole. Nel primo caso gli elettroni o gli ioni idrogeno vengono rimossi da una bio- molecola con formazione di composti dell’ossi- geno altamente reattivi (perossidi, ossidrili). Nel secondo caso la reazione produce direttamente una specie estremamente reattiva dell’ossigeno conosciuta come “ossigeno singoletto”. Queste specie chimiche reagiscono con proteine, acidi nucleici, lipidi e altri componenti cellulari dan- neggiandoli irreversibilmente8 . I vantaggi di questo tipo di terapia rispetto alle classiche mo- dalità di trattamento delle lesioni precancerose e cancerose sono ben documentati in vari studi in letteratura9-11 . L’eliminazione della lesione po- tenzialmente maligna può avvenire sia diretta- La terapia fotodinamica Nel trattamento delle leucoplachie omogenee e verrucose proliferative u.>romeo,>g.>Palaia,>r.>lo>giudice,>n.>russo,>g.>Tenore,>r.>Kornblit,>a.>del>vecchio Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-facciali, Sapienza Università di Roma (Direttore: prof. Antonella Polimeni). UOC di Clinica Odontostomatologica (Dirigente di II livello: prof. Massimo De Luca). Master EMDOLA (European Master Degree On Laser Applications) (Direttore: prof. Umberto Romeo). mente, grazie all’attività citotossica della tera- pia, sia in maniera indiretta, mediante processi immuno-mediati9 . In seguito all’attivazione del fotosensibilizzante, infatti, si instaura una flogo- si acuta manifestata dall’infiltrato ricco di neu- trofili, mastcellule, monociti/macrofagi a livello dei tessuti trattati; successivamente si verifica anche l’attivazione dei linfociti T, la produzione dicitochineedelleproteinedellostresscellulare. Numerose sono le sostanze utilizzate come foto- sensibilizzanti. Uno dei primi composti appro- vati dalla Food and Drug Administration (FDA) è stato il Photofrin® (diematoporfirin etere) che viene utilizzato da più di trent’anni come fo- tosensibilizzante per la terapia fotodinamica. Si tratta del composto più studiato e più usato clinicamente per questo scopo dal momento che sono stati trattati oltre 10.000 pazienti con vari tipi di neoplasie. Il farmaco viene sommi- nistrato mediante iniezione endovenosa a una concentrazione di 2 mg/kg e dopo 48 ore la lesio- ne tumorale viene illuminata con una luce con lunghezzad’ondadi630nm.Aquestalunghezza d’onda, la luce penetra nei tessuti fino a una pro- fondità di 1 cm e per questo il Photofrin® viene utilizzato per la terapia di grandi tumori solidi9 . L’effetto avverso più importante di questa tera- Fig. 1 - Rappresentazione schematica dei principi su cui si basa la terapia fotodinamica. Un raggio laser di un’appropriata lunghezza d’onda viene assorbito da un fotosensibilizzante che passa da uno stato a bassa energia a uno ad alta energia. Il fotosensibilizzante attivato reagisce con l’ossigeno molecolare producendo specie reattive dell’ossigeno (ROS) ad elevata energia che hanno un effetto citotossico sulle cellule della lesione; ROS, reactive oxygen species. Fig. 2 - Leucoplachia omogenea (diagnosi istologi- ca: ipercheratosi in assenza di displasia) localizzata a livello del fornice genieno superiore destro ed estesa anche a livello gengivale tra i denti 1.3 e 1.6. A: Aspetto clinico della lesione prima del trattamento. B: Applicazione del gel a base di 5-ALA. C: Irradiazione con laser a diodi. D: Aspetto clinico dopo 4 sedute di terapia fotodinamica. pia, ma in genere di tutte le terapie effettuate con fotosensibilizzanti somministrati per via sistemica, è la fotosensibilità prolungata (fino a 6 settimane) dopo il trattamento che impone un drastico cambiamento dello stile di vita del paziente che non può esporsi direttamente alla luce solare. La seconda generazione di fotosen- sibilizzanti è rappresentata dall’acido amino- levulinico (5-ALA), dalla benzoporfina derivata (BPD), dalla temoporfina (mTHPC - Foscan®). In particolare il Foscan® è il più potente fotosensi- bilizzante tra quelli della seconda generazione ed è stato dimostrato che questo composto ha una attività circa 100 volte superiore rispetto al Photofrin®12 . Questo significa che il Foscan® ha una più elevata capacità nel generare radicali altamente reattivi dell’ossigeno, ma allo stesso tempo può determinare una fotosensibilità cu- tanea più duratura e un maggior grado di dolore durante l’irradiazione. Un altro composto che è stato ampiamente studiato è il 5-ALA12 . Questo composto è un pro- farmaco che viene convertito all’interno delle cellule in protoporfirina IX, un precursore nella sintesi del gruppo eme, che viene attivato dalla lunghezza d’onda di 635 nm del laser a diodi. La somministrazione di 5-ALA esogeno inibisce il primo passaggio nella biosintesi delle porfiri- ne e determina un accumulo intracellulare di protoporfirina IX. Il 5-ALA è stato utilizzato sia tramite somministrazione sistemica che topica, einparticolarequestasecondamodalitàsièrile- vata più efficace e priva di effetti collaterali per il trattamento di lesioni epiteliali potenzialmente maligne. Data la limitata penetrazione nei tes- suti del 5-ALA somministrato per via topica e il basso potenziale di penetrazione della luce di lunghezza d’onda di 635 nm (1-2 mm), questa te- rapia è indicata nel trattamento delle lesioni più superficiali come le leucoplachie omogenee pia- ne, le eritroleucoplachie e le forme verrucose13 . Il 5-ALA, inoltre, ha il vantaggio di essere rimosso molto rapidamente dai tessuti (entro 48 ore) e questo fa sì che la fotosensibilizzazione sia un problema quasi del tutto trascurabile. In letteratura si ritrovano numerosi studi a ri- guardo nei quali sono stati testati diversi pro- tocolli. Il 5-ALA è stato somministrato sotto forma di gel o creme a concentrazioni variabili. La maggior parte degli autori ha scelto una for- mulazione al 20% di 5-ALA somministrata per via topica 1,5 - 2 ore prima dell’irradiazione con il laser a diodi (lunghezza d’onda 635 nm)13 . Le potenze alle quali vengono utilizzati i laser nella terapia fotodinamica sono estremamente basse (circa100mW)percuisisfruttasoltantol’effetto fotochimico del laser, senza avvalersi dell’effetto fototermico. I tessuti, quindi, non vanno incon- tro alla necrosi coagulativa determinata dall’au- mento termico e ciò è alla base della minima invasività di questa terapia. I vantaggi della terapia fotodinamica rispetto alle tecniche convenzionali sono: - La possibilità di trattare pazienti che non vogliono sottoporsi a interventi chirurgici o che presentano alterazioni della coagula- zione. - La minima invasività del trattamento e la selettiva distruzione del tessuto alterato. - La riduzione del dolore sia durante l’inter- vento che nel post-operatorio. - La possibilità di poter essere effettuata ri- petutamente senza il rischio di una tossici- tà cumulativa. Gli svantaggi della terapia fotodinamica rispetto alle tecniche convenzionali sono correlati all’e- levato costo della terapia e alla durata maggiore del trattamento. In conclusione, possiamo dire che la terapia fo- todinamica ha ottenuto risultati incoraggianti in molti studi, consentendo un trattamento minimanente invasivo di alcune lesioni come le leucoplachie omogenee, le eritroleucoplachie e le leucoplachie verrucose. In particolare, la per- centuale di recidiva nel medio periodo è minore per le forme verrucose e per l’eritroleucoplachia rispetto alle forme omogenee piane13 . Sono ne- cessari,tuttavia,ulterioristudicliniciconfollow- up prolungato per confrontare le percentuali di recidiva delle lesioni trattate con la terapia foto- dinamica e quelle trattate con le metodiche clas- siche e per stabilire se questa terapia può essere considerata il futuro del trattamento delle lesio- ni leucoplasiche. La bibliografia è disponibile presso l’Editore. web article www.dental-tribune.com