Please activate JavaScript!
Please install Adobe Flash Player, click here for download

Dental Tribune Intalian Edition

4 Endo Tribune Italian Edition - Giugno 2012Clinica & Pratica L’irrigazione canalare nell’endodonzia moderna casi semplici F. Santarcangelo, A. Castellucci < pagina 1 In ogni campo della medicina l’o- perato del clinico deve seguire la logica e deve essere supportato dal- la letteratura. Dunque, per operare una scelta razionale degli irriganti bisogna prima rispondere a questa domanda: “che cosa vogliamo ri- muovere dai canali?” Larispostaèsemplice,vogliamosba- razzarci di tessuto organico (polpa), batteri e tossine, e inoltre dei detriti organici e di quelli inorganici che inevitabilmente i nostri strumenti, manuali e rotanti producono. A questo punto la scelta sarà facile e naturale. La letteratura ha ormai evidenziato come l’irrigante cana- lare di elezione sia l’ipoclorito di sodio alla concentrazione consiglia- ta del 5.25% in quanto in grado di dissolvere la sostanza organica ed eliminare la carica batterica e il bio- film all’interno dei canali.5-10 La completa detersione viene rea- lizzata associando una sostanza in grado di eliminare la componente inorganica creatasi dopo la stru- mentazione, pertanto è necessario utilizzare una sostanza chelante del calcio quale l’Edta al 17% o l’Aci- do citrico al 10%.11-14 La clorexidina in soluzione acquosa al 2% è stata suggerita per l’azione irrigante del sistema dei canali radicolari. Essa offre un potere antibatterico, ma è sprovvista di azione solvente del materiale organico e inorganico.15,16 Inoltre mescolare ipoclorito di sodio e clorexidina genera un composto tossico e cancerogeno definito pa- racloroanilina: il suo utilizzo come irrigante canalare pertanto non è raccomandabile.17 Come irrigare? Purtroppo ancora oggi la detersione biochimica è la parte della terapia canalare la cui importanza è meno riconosciuta e sotto-stimata dalla maggior parte dei clinici, e prova ne è il fatto che molti colleghi, per la maggior parte dentisti generi- ci, sono soliti irrigare con comuni siringhe e aghi da iniezione intra- muscolare (Fig. 1). Fig. 1 - Molti tuttora irrigano così. Data la grossa taglia degli aghi, que- sti si affacciano al massimo all’im- bocco canalare e dunque l’irrigazio- ne si riduce a un semplice ricambio di irriganti in camera pulpare. Al contrario le soluzioni irriganti dovrebbero bagnare per intero il sistema dei canali radicolari ed è au- spicabile che detergano quelle aree che i nostri strumenti non sono in grado di raggiungere. Così facendo, nella fase di ottura- zione, la guttaperca resa plastica dal calore può riempire quegli spazi resi pervi dagli irriganti. Come un chirurgo asporta per inte- ro un’area infetta e infiammata, così noi dovremmo trattare per intero il sistema dei canali radicolari e gli irriganti dunque sono il prolunga- mento delle nostre mani e dei nostri strumenti. Se ammettiamo dunque l’importanza della irrigazione, dob- biamo ammettere che essa non può essere improvvisata e necessita di strumenti dedicati e tecnologica- mente avanzati. Esistono essenzialmente due filoso- fie. La prima si basa su sistemi tra- dizionali a pressione positiva, che spingono gli irriganti nei canali a mezzo di siringhe e aghi dedicati dai design più svariati.18 La seconda, al contrario, impiega i nuovi sistemi a pressione negativa in cui l’irrigan- te rilasciato in camera pulpare vie- ne richiamato all’interno del canale per aspirazione grazie a una micro- cannula aspirante.19-21 Qualsiasi sia la tecnica adoperata, tanto più pros- simo al forame apicale è il rilascio degli irriganti tanto maggiore sarà la qualità della detersione. Per quanto tempo irrigare? Con l’avvento del NI-TI in endodon- zia è ormai possibile sagomare un canale in pochi minuti ma questo non significa che i canali siano già pronti per essere otturati e sbaglia- no tutti coloro che frettolosamente otturano al termine della sagoma- tura, by-passando la fase di irriga- zione canalare o praticandola senza dedicarvi tempo a sufficienza. Numerosi fallimenti attualmente sono dovuti paradossalmente alla velocità della sagomatura, al termi- ne della quale non segue un tempo adeguato di irrigazione. Al contrario è ragionevole e proficuo investire il tempo risparmiato gra- zie alle veloci sagomature eseguite con strumenti in nickel-titanio, in manovre di detersione biochimica che innalzeranno la qualità del trat- tamento canalare. Probabilmente in virtù delle mol- teplici variabili legate all’operatore, all’anatomia canalare e alle proprie- tà fisico-chimiche dell’irrigante in letteratura non abbiamo indica- zioni precise sui tempi da dedicare all’irrigazione.22 Piuttosto a guidarci sono i pareri dei clinici più illuminati. Il dott. Buchanan ci ricorda che: “Perchè l’ipoclorito di sodio sia effi- cace è richiesto un contatto diretto dello stesso con le pareti canalari al termine della sagomatura di circa 20-40 minuti al fine di disinfetta- re e dissolvere il tessuto organico ancora presente”.23 Mi piace in con- clusione ripetere questo concetto: anche se è venerdì pomeriggio, stai trattando l’ultimo paziente, hai la mente rivolta al week-end e la sa- gomatura è stata particolarmente facile e veloce, resisti alla tentazio- ne di otturare immediatamente i canali se prima non li hai irrigati a sufficienza. Perciò passeggia per lo studio, fai un po’ di stretching, gu- sta un buon espresso, oppure per- ché no, telefona a colleghi e amici, rispondi alle mail….e stai sereno che gli irriganti stanno lavorando per te all’interno dei canali! Dai fallimenti si impara! Dieci anni fa uno fra i miei amici più cari accusò un forte dolore loca- lizzato all’incisivo laterale superio- re sinistro, così lo ricevetti in studio in urgenza. Si trattava di una perio- dontite apicale acuta e l’esame ra- diografico evidenziò un precedente trattamento canalare incongruo che raggiungeva a stento la metà della radice e una piccola radiotra- sparenza periapicale. Decidemmo di programmare il ri- trattamento per il giorno successi- vo. Fin dall’inizio mi resi conto che Il canale era molto largo e fortu- natamente pervio sotto la vecchia otturazione perciò determinare la corretta lunghezza di lavoro e sago- mare per intero il canale risultò es- sere molto semplice e veloce. Si trattava probabilmente di uno dei casi più facili mai capitatimi fino ad allora, così irrigai frettolosamente con ipoclorito di sodio nella convin- zione, errata, che l’irrigante in un canale così ampio potesse esplicare la sua azione di disinfettante con al- trettanta rapidità. Dopodiché, otturai verticalmente a caldo con guttaperca e cemento. Sei anni dopo il mio amico si pre- sentò un mattino in studio con viso gonfio e dolorante a causa di un ascesso a carico dello stesso incisivo, il quale all’esame rx mostrava una radiotrasparenza 5 volte più grande rispetto a quella presente prima del mio trattamento (Fig. 2). Nonostante la mia otturazione ca- nalare sembrasse perfettamente in apice, il caso era miseramente fallito e allora, cosa poteva essere accaduto? Poco il tempo dedicato all’irrigazione? Deficitaria la pe- netrazione degli irriganti nel terzo apicale? Enormemente deluso e dispiaciuto gli prescrissi antibiotici e una setti- mana dopo ritrattai nuovamente il dente. Una volta rimossa la guttaperca vidi che i miei strumenti rotanti rimuo- vevano dalle pareti canalari detriti di colore grigio scuro a dimostra- zione della inadeguata precedente detersione. (Fig. 3). Questi detriti probabilmente im- pedivano a guttaperca e cemento di sigillare tridimensionalmente il canale. Fig. 2 - RX pre-operatoria in cui si evidenzia, nonostante l’otturazione sembri correttamente eseguita, una grossa lesione periapicale e di dimensioni maggiori rispetto a sei anni prima. Fig. 3 - Gt rotary 40-08 con spire cariche di detriti infetti. Fig. 4 - Determinazione della lunghezza di lavoro. Come verificatore è stata adoperata una microcannula in acciaio (essendo cava è meno radio-opaca di un k-file) a dimostrazione del fatto che l’irrigazione è stata praticata fino al forame e in modo sicuro(safe), tattandosi di una tecnica a pressione negativa. Data la precedente esperienza que- sta volta dedicai alla detersione biochimica gran parte del tempo del ritrattamento ma soprattutto veicolai e rinnovai gli irriganti fino al forame grazie a una microcannu- la aspirante posizionata alla piena lunghezza di lavoro e dunque pra- ticando una tecnica di irrigazione a pressione negativa (Fig. 4). In questo tipo di tecnica l’irrigante depositato in camera pulpare vie- ne richiamato dalla microcannula all’interno del canale e fino alla punta della stessa microcannula. Il caso fu poi concluso con ottura- zione verticale a caldo. Il controllo rx effettuato a un anno mostrò un netto miglioramento e il controllo a tre anni la guarigio- ne (Figg. 5-7). Questo caso dimostra come sia una strategia intelligen- te investire un tempo adeguato nell’irrigazione e inoltre sia impor- tante arricchire l’armamentario en- dodontico con le nuove tecnologie dedicate all’irrigazione. Mi piace definire l’irrigazione endodontica “tempo e tecnologia-dipendente”! > pagina 5 web article www.dental-tribune.com