Please activate JavaScript!
Please install Adobe Flash Player, click here for download

Lab Tribune Italian Edition

10 Italian EditionAnno II n. 2 - Maggio 2012 Tecnologia & Materiali Interazioni tra i materiali di rivestimento per fusioni e leghe M. Busardò, Odontotecnico La realizzazione di strutture per restauri in metallo-ceramica è oggi un lavoro di routine nel laboratorio odontotecnico. La forma dell’armatura e la sua superficie hanno una grande influenza sulla stabilità dell’adesione tra ceramica e lega impiegata. Una corretta lavorazione della superficie evita insuccessi tecnici che potrebbe- ro verificarsi durante il processo lavorativo. Il rivestimento per fu- sione, vista la sua applicazione, gioca un ruolo fondamentale: nel seguente report verranno riportate e descritte alcune osservazioni sull’argomento. LT pagina 1 È una logica conclusione a cui tutti siamo già arrivati da tempo, in relazione a quanto detto, e cioè che, quando si met- te a punto un rivestimento, ne riconosciamo ogni oscillazione e sappiamo correre subito ai ripa- ri nel suo utilizzo successivo. Composizione La silice è una sostanza refrat- taria e conferisce questa carat- teristica alla massa: serve a ottenere l’espansione durante il riscaldamento, che compensa la contrazione delle leghe. Esiste in diverse forme allotropiche, tutte composte da tetraedri di silicio e ossigeno. La forma più densa è il quarzo. Scaldando il quarzo oltre gli 870 °C, otteniamo una strut- tura meno densa: la tridimite; con un ulteriore riscaldamento a 1470 °C, otteniamo una forma meno densa: la cristobalite; scal- dando oltre i 1713 °C, si ottiene il quarzo fuso a struttura amor- fa. Queste trasformazioni sono dovute a piccole rotazioni dei tetraedri di silicio e ossigeno e, comportando un allineamento dei legami, sono accompagnate da una diminuzione di densità e, quindi, da un’espansione. Tra i 200 e i 270 °C si ha la tra- sformazione della cristobalite da alfa a beta; sono proprio queste inversioni che vengono sfruttate per ottenere l’espansione termica dei rivestimenti. La trasforma- zione del quarzo comincia a 570 °C, e la sinterizzazione si com- pleta dai 820/870 °C. Chimica- mente è questo il procedimento attraverso il quale si determina all’interno dei nostri cilindri quel delicato processo che nel forno da preriscaldo definisce la formazione della giusta cavità in termini volumetrici. L’esito che distingue la precisione di tutto il procedimento è legato a molte variabili che verranno esamina- te in seguito. Introduzione Nelreportprecedentesonosta- te prese in considerazione alcu- ne tra le cause che pregiudicano le strutture metalliche durante la fusione, rendendole alle volte anche inutilizzabili. Sono state compiute, inoltre – sfruttan- do le immagini al microscopio a scansione elettronica (SEM) – indagini più approfondite, appurando non solo le proble- Fig. 1 - tracciabilità del materiale. Fatto riferimento alle varia- bili, è utile ricordare che i rive- stimenti sono classificati in base alle temperature di impiego e al legante, che può essere gesso o fosfato. Con i rivestimenti a legante gessoso non si possono fondere leghe la cui temperatu- ra superi i 1200 °C: per via del- le reazioni imputabili al gesso e alla silice, si libererebbe SiO3 (anidride solforosa), dannosa per le leghe (causa porosità). Pertan- to, per le leghe ad alta tempera- tura di fusione, come i Cr/Co, si usano i rivestimenti a legante fosfatico. Il fosfato di ammonio, in questo caso, è l’agglomerante, responsabile della fluidità; con- sente lo scivolamento delle par- ticelle di quarzo e cristobalite su una pellicola ideale formata dal fosfato. Nei liquidi troviamo: acqua distillata, sol di silicio, (responsabile dell’espansione di presa) e antigelo. Materiali e Metodi È necessario, prima di tut- to, chiarire che per un corretto uso delle polveri, così come dei liquidi, non si può prescindere da una corretta temperatura di esercizio; la temperatura è un parametro fondamenta- le: i liquidi al di sotto di 5 °C cristallizzano e perdono i loro requisiti, così come temperatu- re superiori ai 30 °C interferi- scono nelle dinamiche di presa e di miscelazione. Lavorare con temperature intorno ai 24 °C rappresenta una buon compro- messo. L’impasto che si genera in queste condizioni ambientali offre un aspetto, in termini di consistenza e fluidità, reputabi- le come ottimale. Basterà una lieve vibrazione per indiriz- zarlo all’interno delle cavità di modellazione in maniera assai agevole. Controllo del pH Prima di procedere con l’im- pasto, è fondamentale controlla- re il pH del liquido. L’operazione è immediata e sufficientemente precisa già con le cartine al tor- nasole (Fig. 2), che ne rivelano una spiccata basicità; se ciò non fosse un viraggio verso l’acidità, suggerirebbe l’idea di cambiare il flacone del liquido, in quanto tutte le reazioni risulterebbero alterate, riflettendosi sull’opera- to con dannose conseguenze. LT pagina 11 matiche, ma anche gli elementi che le generano. Obiettività e riscontro – canoni che stanno alla base di ogni valida osserva- zione ¬– hanno accompagnato questa analisi. L’attenzione è stata sofferma- ta sui materiali da rivestimento: questa analisi può essere consi- derata come seguito e comple- tamento del report precedente, visto il dualismo inscindibile chesiinstauratrailmetallofuso e lo stampo di fusione. L’analisi tende a evidenziare alcuni fattori che interagisco- no, anche a nostra insaputa, tra questo materiale fatto di silicio, quarzo, sostanze leganti, e le leghe. Lo sforzo che si compie in questi casi, è quello di arrivare a stabilire con relativa certezza degli step, o momenti di osser- vazione, per i quali è possibile giungere a risultati utili a ele- vare gli standard produttivi, in termini di qualità e ripetitivi- tà. Per il primo degli aspetti appena citati, ne siamo artefici e responsabili, per il secondo, si apre uno scenario ampio e arti- colato, dove le variabili risulta- no tante e suscettibili (solo per citarne alcune): - volume degli oggetti che intendiamo riprodurre; - materiali usati: cere, resine o plastiche; - riduttore di tensione; - fusione eseguita a espan- sione libera o con cilindro metallico; - temperatura ambiente; - pH dei liquidi; - velocità di miscelazione; - livello del sottovuoto rag- giunto durante la miscela- zione; - tempi e temperature di pre- riscaldo; - forno; - tipologia di fusione (fiam- ma o fonditrice); - stoccaggio del materiale; Fig. 2 - Cartine al tornasole. Fig. 3 - Risultato del rilevamento. Fig. 4 - Sonda termometrica. Fig. 5 - Fase del rilevamento.