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Dental Tribune Italian Edition

10 Ortho Tribune Italian Edition - Marzo 2012Scienza & Storia In ricordo di Ben Addiego, maestro e pioniere, a cura di Domenico Arnone e Damaso Caprioglio Due fratelli, una vera manna dal cielo per un progresso ortodontico in Italia pagina 1< Quasi sempre occorreva fare ricor- so a quel modo di lavorare che più tardi R. Ricketts chiamò terapia bio- progressiva: in realtà si trattava di un’esigenza determinata dall’uso di fili di acciaio che costringevano ad aumentare la distanza fra gli at- tacchi. Si evitava il coinvolgimento iniziale dei denti troppo malposi- zionati o si doveva aumentare la lunghezza del filo, interponendo fra gli attacchi le anse da modella- re nella forma più adatta per creare una forza che portasse al progres- sivo allineamento. Non esistevano archi preformati, non si aveva idea di cosa fosse il nichel-titanio o la superelasticità. Fermentava però un interessamento per l’ortodonzia in generale e soprattutto per quella che consentiva di controllare lo spo- stamento corporeo degli elementi, mediante la creazione di coppie di forze. I fratelli Addiego fecero 14 cor- si in Italia fra gli anni ’60 e ’70 in va- rie città. Intercalavano sempre una stringata parte teorica a una seduta di modellazione di archi e anse o alla costruzione di un apparecchio sul paziente. Ben si dedicava soprattut- to alla parte teorica, mentre Antony lavorava per bandare e posizionare gli archi. Ben mi diceva spesso che non capiva come potesse definirsi ortodontista chi non sapeva piegare un filo o curvare un’arco con l’aiuto della torretta. Noi siamo debitori ai due fratelli per le tante cose inse- gnate. Non tanto e non soltanto sul piano professionale ma anche – e forse soprattutto – su quello umano e affettivo. L’ultima volta che sen- tii Ben fu l’anno scorso quando mi chiamò per comunicarmi che era morto Tony Gianelli. Anche per te- lefono si percepiva la commozione e il dolore. Un figlio di Ben si chiama Mimmo per dimostrarmi il suo af- fetto e la sua amicizia. Per me Ben era come un fratello. Quando sog- giornai nel New Jersey, ad Haddon- field, presso la famiglia dei genitori, mi portava alla Temple University dove insegnava, mentre il padre andava per vongole veraci lungo la Long Beach per condire gli spaghetti in mio onore. Sono profondamente amareggiato per aver appreso della “Sono venuto in Italia per dare ai bambini un sorriso e una buona masticazione” Con Mimmo Arnone, al quale sin dal 1960 mi lega una fraterna e profonda amicizia, ho vissuto qua- si tutta l’avventura italiana dei fra- telli Addiego. Infatti, dopo il corso alla Torre Velasca a metà maggio 1967 vennero alla Clinica Odon- toiatrica dell’Università di Pavia, ove allora ero assistente ordinario e dirigevo i reparti di ortodonzia e odontoiatria infantile. Credo sia stato il primo corso tenuto presso una clinica universitaria sulla tec- nica Edgewise. Mi colpì subito una frase di Ben: “Sono venuto in Italia non solo per insegnare l’ortodon- ziamapervederridurrelecarienei bambini e solo dopo, per ridar loro un sorriso e una buona mastica- zione!” I fratelli Addiego non erano mai mossi da interessi economici, avevano il piacere di ritornare nel- la terra dei loro avi e di diffonde- re l’ortodonzia coi concetti prima esposti. Ci fu subito un feeling epi- dermico. Parlava “un suo” italia- no, schietto, che andava al cuore: di qui un’amicizia che durò tutta la vita. Si era laureato col fratello alla Temple University di Philadel- phia, ove Ben continuò a insegna- re part time. La sua didattica era semplice immediata ma precisa e meticolosa. Nell’aprile del ’70 lo invitai a tenere un corso di tecnica Edgewise nel mio studio a Milano in Via Tadino (presso quella Dental Children che oggi celebra i 52 anni, nella stessa sede). Vi confluirono una ventina tra i migliori ortodon- tisti italiani (fu un onore ospitare Giannì, Bracco, Tenti, Continolo, Scozzaro, Miclavez, Bacchin, Sier- vo, La Rocca, Mancini, Cattaneo, De Mola e Calderone). Fu un corso pratico e di grande utilità. Sapeva infondere grande empatia verso il paziente curando l’approccio psicologico e trasmettendo gioia e un entusiasmo contagioso. For- mai con pochi altri il Giso (Gruppo Italiano di Ortodonzia): Giuse Coz- zani invitò Tony Gianelly e spostai il centro dei miei studi all’Univer- sità di Boston. Con Ben tuttavia non persi i contatti e l’ultima vol- ta trascorremmo una “tre giorni” bellissima. Vi era pure Mimmo Arnone al Congresso dell’Europe- an Orthodontic Society (Eos) a Sor- rento e con Roberto Martina, che era presente, trascorremmo una serata di luna piena, con chitarre, mandolini e canzoni napoletane che Ben adorava. Ora certamente riposa nel sabato senza tramonto e avrà ricevuto il premio dei buoni e dei giusti che han saputo dona- re a piene mani la loro scienza per ridare un sorriso e serenità a tanti bambini. Damaso Caprioglio Foto del corso tenuto da Ben e Anthony Addiego alla Dental Children nel 1970. In primo piano, da sinistra Anthony Addiego, Siervo, Ben, Caprioglio, La Rocca. Sul retro, in centro, Scozzaro e Bracco. In piedi a destra, Giannì e Tenti. sua dipartita con molto ritardo: ho scritto alla moglie Karen per espri- merle tutto il mio dolore. Voglio concludere il mio ricordo lasciando un po’ di spazio a Maso Caprioglio che ha condiviso con me tale tristezza e che nel suo studio ha ospitato l’ultimo corso tenuto in Ita- lia dai fratelli Addiego dal 26 al 30 Aprile 1970. Quanto tempo è passa- to da allora! Domenico arnone L’iniziatore di una moderna concezione ortodontica in Italia può essere conside- rato Oscar Hoffer. Nato a Trieste il 12 luglio 1907, iscritto al corso di laurea in Medicina all’Uni- versità di Milano, si laureò nel 1933 con una tesi sull’impor- tanza delle malattie orofaringee nella pa- tologia generale. Nel 1935 conseguì il titolo di specialista alla Scuola di perfezionamento in odontoiatria e protesi denta- le attiva presso l’Istituto Stomatologico Italiano e divenne allievo di Gaetano Fasoli presso la Cinica odontoiatrica dell’ateneo milanese, dove percor- se tutti i gradini della carriera universitaria: assi- stente incaricato nel ’36, aiuto nel ’38, nel ’39 libe- ra docenza in Odontoiatria e Protesi Dentaria. Nel 1947, terminata la guerra, divenne docente di Ortodonzia presso la Scuola di specializzazione in Odontoiatria e Protesi dentaria dell’Università milanese, assumendo la direzione dell’omonimo reparto presso l’Istituto Stomatologico Italiano, di cui divenne direttore nel ’54 e presidente nel ’66. In questo periodo iniziò la sua opera di or- todontista; si distinse infatti per l’introduzione della gnatologia e dell’ortopedia funzionale. In collaborazione con Silvio Palazzi introdusse in Italia il metodo biomeccanico di Andresen e Hau- pl. Nel ’49 diede alle stampe il trattato “Ortopedia dell’organo della masticazione”, che riscosse en- tusiastici consensi a livello internazionale. Ecco quanto scrive Hoffer nella prefazione: “I con- tributi clinici dei risultati ottenuti con il sistema delle placche mobili secondo Schwarz e soprat- tutto l’orientamento funzionale dei principi di Andresen-Haupl costituiscono oggi la più moder- na e scientifica conquista nel campo terapeutico dell’ortodonzia. L’impiego nella terapia ortodon- tica delle capacità di stimoli funzionali provoca- ti e trasmessi dall’attività muscolare sul tessuto parodontale costituisce l’essenza di questo nuovo concetto terapeutico. Scientificamente il sistema è saldamente soste- nuto dalle ricerche istologiche di Haupl, dalle quali risulta che le modificazioni tissutali posso- no esplicarsi solamente in seguito all’attività di stimoli funzionali”. È doveroso però ricordare che tale metodica era già stata proposta sin dal 1937 presso la Clinica Odontoiatrica dell’Università di Pavia con Silvio Palazzi, il quale divenne, nel ’47, anche direttore dell’Istituto Stomatologico Italiano e condusse, con Hoffer, dirigente del reparto di Ortodonzia, ricerche di ordine clinico con l’utilizzo di questo sistema. Certamente per l’epoca una metodica innovativa, che non mancò di sollevare critiche da parte di esponenti del mondo accademico na- zionale (Muzj, Armenio) ma che successivamente si affermò in modo deciso. Nel ’55 Hoffer venne nominato Professore incaricato di Clinica Odon- toiatrica presso l’Ateneo Milanese: vincitore del concorso per ordinario a Cagliari nel ’63; venne chiamato in quello stesso anno come straordina- rio a Milano dove insegnò sino all’82, anno del collocamento a riposo. Autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche a stampa, di 4 trattati su temi odontoiatrici, si distinse soprattutto nei filoni clinici preferiti, cioè l’ortodonzia e la gnatologia, con contributi originali di natura sperimentale sullo sviluppo dell’apparato masticatorio e dei distretti cervi- co-facciali, a orientamento etiopatogenetico e clinico-terapeutico, tra cui meritano di essere ricordati gli studi sulle modifiche istologiche in- dotte da terapia funzionale ortodontica sull’ATM del Macacus Rhesus. Ulteriori sviluppi alla disci- plina vennero forniti dagli studi, con indagini teleradiografiche, sulla possibilità di accresci- mento di una mandibola iposviluppata mediante le stimolazioni indotte dalla terapia ortopedica funzionale. Autore di due classificazioni; quella sintomatologica e quella biogenetica, nel campo delle anomalie ortodontiche, la scuola di ortope- dia dento-facciale da lui impostata fu senza dub- bio fra le migliori al mondo: il suo trattato “Orto- pedia dell’organo della masticazione”, pubblicato nel ’49 riscosse consensi a livello internazionale. Fu anche membro di prestigiose società scientifi- che italiane e straniere (europee e statunitensi), presidente della Siocmf, dell’Associazione italia- na di implantoprotesi orale e della Società italia- na di studi e prevenzione della carie. Morì a Milano il 28 gennaio 1984. Paolo Zampetti Damaso Caprioglio Il contributo di Oscar Hoffer (1907-1984) all’Ortognatodonzia