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Dental Tribune Italian edition

13 Italian Edition Anno VII n. 11 - Novembre 2011 Pratica & Clinica Figg. 12, 13 - Visione frontale e palatina di un vecchio restauro in composito. Figg. 14, 15 - La preparazione della cavità: minichamfer vestibolare e butt margin interprossimale e palatino. Fig. 16 - Le pareti palatina e interprossimali creano il box di smalto che accoglierà il corpo dentinale. Fig. 17 - Il corpo dentinale completato con tre incrementi di dentina: UD5, UD3 e UD2; la cromaticità base rilevata è ibrida 2,5 quindi si impiega come primo strato UD5 invece di UD4 per alzare la aromaticità di mezzo punto. Figg. 20a, 20b - La ricostruzione ultimata dopo la lucidatura. Fig. 21 - Sottoesponendo l’immagine e aumentandone il contrasto è possibile evidenziare meglio le dimensioni del colore e amplificare le tonalità ambra e azzurre dell’aureola incisale. Fig. 19 - Sottoesponendo l’immagine e aumentandone il contrasto è possibile evidenziare meglio le dimensioni del colore e amplificare le tonalità ambra e azzurre dell’aureola incisale. Fig. 18 - La caratterizzazione del margine con IW e OA. opalescenze e delle caratterizza- zioni. Ogni dimensione fa riferi- mento ai biotipi per età, ognuno dei quali prevede dimensioni ricorrenti per forma e saturazio- ne cromatica. La prima dimensione da rile- vare è la cromaticità di base (BC). La cromaticità di base esprime la media delle croma- ticità del corpo dentinale che di norma presenta una desa- turazione dal terzo cervicale a quello incisale. La BC viene rilevata a livello del terzo medio del dente con l’aiuto di una scala colori fatta con lo stesso compo- sito che si utilizzerà per la stra- tificazione. Nella parte sinistra della cartella viene registrata la cromaticità di base rileva- ta, mentre nella parte destra le masse dentina che verranno usate nella stratificazione del corpo dentinale. Ogni biotipo presenta 3 cromaticità di base, due pure e una ibrida: il bioti- po giovane prevede cromaticità da uno a due (1-1,5-2), l’adulto da due a tre (2-2,5-3) e l’anzia- no da tre a quattro (3-3,5-4). In questa fase bisogna anche iden- tificare la forma del corpo den- tinale e capire bene il contorno dei mammelloni incisali per poi poterli riprodurre fedelmente nella stratificazione. La secon- da dimensione da registrare è il valore (o luminosità dello smal- to) che è alto nel biotipo giovane (3), medio in quello adulto (2) e basso in quello anziano (1); il valore può essere ben valutato analizzando una foto del dente in bianco e nero. Per determina- re gli intensivi, le opalescenze e le caratterizzazioni ci avvalia- mo dei disegni presenti nel retro della cartella e può essere utile valutare una foto del dente sot- toesposta e ipercontrastata. Gli intensivi sono maggior- mente rappresentati nel biotipo giovane dove sono ricorrenti il tipo 1 (a macchia) e il 3 (a fioc- chi di neve) Nei biotipi adulto e anziano invece ricorrono più frequentemente gli intensivi di tipo 2 (a nuvoletta) e di tipo 4 (a bande orizzontali). Le opalescenze nel biotipo giovane appaiono come sfuma- ture grigiobluastre di tipo 1 (a mammellone) e 2 (a mammello- ne sdoppiato), nel biotipo adulto come sfumature grigio-bluastre di tipo 3 (a pettine) e 4 (a fine- stra), e nel biotipo anziano come una sfumatura ambrata di tipo 5 (a macchia). Le caratterizzazioni più ricorrenti nel biotipo giova- ne sono quelle dei mammelloni (tipo 1) che possono apparire biancastri o ambrati creando un limite netto con l’opalescenza, e quella del margine incisale (tipo 3) che può avere un bordi- no bianco o ambra. Nel biotipo adulto ricorre frequentemente la caratterizzazione di tipo 2 che si presenta come una fascia oriz- zontale bianca sfumata o ambra- ta che si estende verticalmente nelle zone interprossimali e le caratterizzazioni a macchia (tipo 4) di colore ambra o marrone che si trova prevalentemente a livello del terzo incisale, e quel- la a crepa (tipo 5) a livello dello smalto, data dalle fessure, che si pigmentano e appaiono scure, e dalle incrinature che appaiono invece bianche opache. Nel bio- tipo anziano possiamo trovare tutte e cinque i tipi di caratte- rizzazione (Fig. 8). In cosa consiste la sua tecnica di stratificazione anatomica del dott. Vanini e quali materiali vengono usati? La tecnica di stratificazione anatomica che ho elaborato con- siste nell’imitare l’anatomia del dente, ripristinando lo smalto e la dentina nelle sedi anato- miche e negli spessori naturali allo scopo di ottenere un rap- porto luce-composito-colore simile a quello dei tessuti del dentela tecnica di stratificazioni delle IV classi prevede pertan- to nell’ordine la ricostruzione dello smalto palatino e inter- prossimale, del corpo dentinale ed infine dello smalto vestibo- lare (Figg. 10a-10b, 11a-11b). La stratificazione è guidata dalla cartella colori dove sono state annotate le caratteristiche delle cinque dimensioni del colore e le masse dedicate a tale tecni- ca con cui riprodurle; solo così è possibile raggiungere gli scopi della stratificazione anatomica che sono la desaturazione gra- duale e armonica della tinta da cervicale a incisale e da palatale a vestibolare, la creazione di un contrasto nella regione incisale tra corpo dentinale, smalto libe- ro e buio della bocca, e la dif- fusione della luce all’interno del dente per dare tridimensionali- tà al restauro. Per ricostruire nella giusta posizione anatomica la parete di smalto palatina, nelle IV classi è importante avere una mascheri- na-matrice in silicone che funge da supporto durante l’applica- zione della massa smalto. La mascherina in silicone viene realizzata in laborato- rio, previa presa dell’impronta ed esecuzione di una ceratura diagnostica, o direttamente in bocca utilizzando del silicone a media viscosità dopo avere ricostruito provvisoriamente la parte mancante del dente con del composito sul dente asciut- to modellato ed aggiustato nel-