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Dental Tribune Italian Edition

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Una situazione drammatica, tanto più che la morbilità e la mortalità precoci, nonché la percentuale dei suicidi in questo gruppo professionale sono più alte rispetto al resto della popolazione. La sindrome compromette la qualità del servizio medico: la deteriorata comunicazione con i pazienti, l’alto tasso di errori e la riduzione del rendimento sono esempi evidenti delle conseguenze del logoramento, dell’esaurimento e della frustrazione. Questi dati allarmanti richie- dono una maggiore attenzione nel riconoscimento dei primi sintomi, sia nella sfera privata sia in quella professionale, e l’adozione di misure preventive, i cui effetti durino nel tempo. Perché il burnout è pericoloso? I have done too much for too many for too long with too little regardformyself.Nellemieconfe- renze a Princeton (USA), ho sen- tito più volte pronunciare questa frase dai soggetti colpiti. Basandosi sulle sue esperienze e osservazioni, lo psicanalista new- yorkese Herbert Freudenberger è stato il primo a usare la defi- nizione di burnout e a descrivere l’esaurimento emotivo di persone impegnate in professioni sociali. Altre componenti caratteristiche del burnout sono la depersonaliz- zazione (freddezza, indifferenza) e il peggioramento delle prestazio- ni professionali. Il burnout è ormai inserito, come “surmenage” o “stato di esaurimento vitale”, nella “Inter- national Classification of Diseases and Health related Problems” (ICD 10), con il codice Z73.0. La genesi della sindrome è un processo molto individuale, e così anche le forme in cui si manife- sta. Nella letteratura specializzata si elencano circa 130 sintomi col- legati al burnout. Dal mio punto di vista, si tratta di uno squilibrio estremo tra l’energia che si assi- mila e l’energia che si consuma. È una sindrome psicovegetativa di sovraffaticamento, molto com- Gisela Hruzek. plessa, che si manifesta in for- me diverse e colpisce l’individuo a tutti i livelli (nel corpo, nella mente e nell’anima). Fino a oggi non è stata data una definizione scientifica unica e univoca della malattia, cosa che rende ancora più difficile la diagnosi e rallenta notevolmente i tempi di un inter- vento adeguato ed efficace: spesso non s’individuano le vere cause, il paziente è sottoposto a lunghi esami che non producono una diagnosi chiara, si procede con tentativi terapeutici che mirano a curare i singoli sintomi e non risolvono il problema. Oltre alla complessità della patologia e al suo sviluppo subdo- lo, anche la scarsa considerazione dei sintomi da parte della perso- na colpita e della società intor- no a lei - che si accontenta di un generico “stacca un po’ e vedrai che passa” - contribuisce a ritar- dare il riconoscimento e quindi la cura del burnout. Chi ne è colpito “scoppia” proprio perché non può staccare. Il burnout è una trap- pola interiore in cui l’individuo cade prigioniero: spesso si tratta di un soggetto con un alto livello di pretese rispetto alle prestazio- ni che deve fornire, ai guadagni, agli obiettivi e anche allo status. Cerca di raggiungere mete troppo alte e di rispondere ad aspettative pretenziose con un impegno per- sonale eccessivo e sproporzionato. Si crea una forza distrutti- va, quando per troppo tempo si dimenticano i propri bisogni, le fasi di rigenerazione sono troppo brevi e si rimane in uno stato di pressione che si presume sia di poca durata, ricorrendo a tutte le riserve d’energia e risorse. Le persone affette da burnout hanno in genere più paura di fermarsi e di riposarsi che di continuare a correre. Sopravvalutano se stesse pagando un prezzo altissimo in termini di salute. Sento spesso: “soltanto quest’al- tro progetto …” o “soltanto quest’altro incarico …”. Questa lista di “soltanto” può allungarsi a piacere, secondo le priorità indi- viduali.Lepause,dicuisiavrebbe bisogno per ricaricare le batterie, sono rimandate di continuo, fino al punto che non si riesce più a fare nulla. Il mancato riconosci- mento della limitatezza delle pro- prie forze gioca in questo senso un ruolo centrale. Fattori di rischio In base all’esperienza accumu- lata in anni di lavoro con persone colpite dalla sindrome, riscontro una stretta correlazione tra una particolare struttura della perso- nalità e alcune condizioni genera- li che la favoriscono. Sono fattori di predisposizione, ben radicati nella personalità: - perfezionismo/coazione - idealismo/iperidentificazione - orgoglio/forte impegno - competitività - scarsa autostima - forte esigenza di riconosci- mento - difficoltà nel darsi un limite/ dire no - spiccata forza di volontà - difficoltà ad ammettere le proprie debolezze e di avere bisogno d’aiuto. Le condizioni generali e i fat- tori di stress sul posto di lavoro che aumentano in modo rilevan- te il rischio di burnout, in una personalità già predisposta, e che portano a “bruciarla” completa- mente, sono: - forte pressione dovuta a rit- mi incalzanti di lavoro e alla richiesta di un rendimento sempre maggiore - sovraccarico lavorativo per quantità e qualità - spazio di manovra troppo ristretto - mancanza di riconoscimento - retribuzione troppo bassa - pressione di carattere econo- mico e concorrenziale - conflittinell’ambientesociale. Perlosviluppodelburnoutsono spesso meno decisive le richieste effettive rispetto all’atteggiamen- to interiore e alla valutazione sog- gettiva della situazione. In genere la sindrome del bur- nout si presenta inizialmente in modo subdolo e silenzioso. Ad un primo momento in cui l’attività e il rendimento s’intensificano, segue una fase di stanchezza, malessere diffuso e tensione cre- scente, in cui si ha la sensazione di restare fermi pur andando a tutto gas. Il corpo si trova in uno stato di allarme permanente e perde sempre più il suo equilibrio. Tramite una reazione neuro- logica, biochimica e ormonale è messa a disposizione energia, per far fronte alla minaccia percepita, fino a quando tutte le riserve ven- gonoesaurite.Siverificanocosìsia un aumento del rilascio di ormoni dello stress e di adrenalina e nora- drenalina che di cortisolo, il più potente immunodepressivo del corpo umano. Recentemente, i risultati di una ricerca dell’University of Western Ontario a London, in Canada, hanno riscontrato, per la prima volta, depositi di cortisolo nel fusto del capello, in casi di stress cronico e non curato, un indica- tore di complicazioni legate allo stress (come il rischio d’infarto). I segnali d’allarme del corpo L’organismo invia, all’inizio, segnali discreti, transitori e poi sempre più forti. La negazione ostinata della propria situazione critica e la rimozione dei segnali d’allarmecompromettonoalungo andarelasalute,finoatrasformar- si in una vera e propria patologia. Per ridurre il rischio di burnout e tutelare la salute, è quindi essen- ziale accrescere la consapevolezza e riconoscere i primi segnali. DT pagina 8