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Dental Tribune Italian Edition

6 Italian EditionAnno VII n. 9 - Settembre 2011 Pratica & Pazienti Il trattamento del paziente diabetico M. Mozzati, R. Pol, G. Gallesio, T. Ruggiero Il diabete è una patologia estremamente diffusa nel- la popolazione mondiale e in particolare in Italia ne sono affetti circa 3 milioni di pazienti. Di grande rilievo sociale siaperlasuanotevolediffusionesiaperlagravitàdellecom- plicanze, è una patologia metabolica che interessa il meta- bolismodelglucosioalteratoperunamancataproduzionedi insulinaadoperadellecellulebetadelpancreas(neldiabete di tipo 1 o giovanile) o per una ridotta produzione di insuli- na o per un insulino-resistenza (nel diabete di tipo 2, il 90% delle forme). Il diabete di tipo 2 è sicuramente la forma più diffusa e si manifesta generalmente dopo i 40 anni. È correlato a una predisposizione genetica e a una certa familiarità, ma concorrono anche fattori ambientali e com- portamentali quali l’obesità e la sedentarietà, oltre all’iper- tensionearteriosa.Questifattorisostengonounmeccanismo dibassogradoinfiammatorioeprocoagulativoresponsabile delle patologie correlate al diabete, ipertensione e ipercole- sterolemia, che compongono la cosiddetta sindrome meta- bolicaerappresentanolacausadialcunepatologieorali.Nel diabete si ha un aumento del glucosio ematico nel circolo sanguigno (iperglicemia), oltre a poliuria, polidipsia (secon- daria alla poliuria) e polifagia. Le complicanze che possono interessare il clinico sono numerose e riguardano diversi organi. Innanzitutto l’arte- riosclerosi causata dalla macroangiopatia può dare proble- mi cardiaci che l’odontoiatra deve tenere in considerazione poichéilpazientepotrebbeassumereunaterapiaantiaggre- gante o anticoagulante, che può portare a un aumento del sanguinamento in sede postestrattiva. Inoltre la microangiopatia diabetica può causare dan- ni renali e oculari, oltre a influenzare negativamente la guarigione, rallentandone i processi anche in ambito ora- le. Spesso gli odontoiatri hanno paura di questa patologia e inviano il paziente diabetico presso una struttura ospe- daliera per il rischio di complicanze, ma bisogna tenere in considerazione che un paziente diabetico ben compensato può essere trattato alla stregua di un paziente sano, anche se con alcune accortezze. Le complicanze possono essere di due tipi intraoperatorie, il coma ipoglicemico, o postopera- torie con ritardo di guarigione. Per ridurre il rischio di ipo- glicemia, gli appuntamenti devono essere brevi per ridurre lo stress e devono essere svolti prevalentemente di mattina circa due ore dopo la colazione e l’assunzione dei farmaci: un appuntamento tra le 8 e le 9 del mattino consente di sfruttare il cosiddetto “fenomeno alba”, cioè lo stato di insu- lino-resistenza dovuto al rilascio notturno di ormone della crescita e di cortisolo. È molto importante chiedere i valori glicemici passati e la frequenza di episodi di ipoglicemia a l’entità di questi episodi, ad esempio se è intercorsa la per- dita di coscienza, e controllare la glicemia con glucometro prima di iniziare l’intervento. Se la glicemia è 200-250 mg/ dl e il paziente è in terapia stabile da più di 3 mesi si pos- sono eseguire manovre semplici e poco invasive, valutando le possibili complicanze. Solo se la glicemia è >250 mg/dl o se il paziente non si sottopone a controlli da oltre 6 mesi o se vi è la necessità di modificare la terapia e/o l’alimenta- zione prima o dopo l’intervento è necessario richiedere una consulenza medica specifica ed eventualmente inviare il paziente presso un centro ospedaliero per il trattamento. In caso contrario, quando la glicemia è ≤70 mg/dl, prima di iniziare è necessario far assumere al paziente carboidrati a rapido assorbimento; nel caso la seduta di cura si prolunghi fino all’ora del pasto, è importante interrompere la stessa per permettergli di mangiare. Se si prevede che vi saranno difficoltà all’alimentazione nelpostoperatorio,bisognaavvisareilpazienteinmodotale chesiprogrammiunadietasostitutivaliquidaosemiliquida eriducaparzialmenteildosaggiodiinsulinaprevistaprima di quel pasto, continuando ad auto monitorare la glicemia. Se l’intervento non richiede adeguamenti della dieta o della terapia, si deve sottolineare al paziente di non modificare la sua alimentazione o l’assunzione dei farmaci per il diabete prima dell’intervento. Importante chiedergli se durante la visita o le cure avverta i primi sintomi di crisi ipoglicemica (<70 mg/dl), oltre a informarsi su “come si sente” prima di iniziare, assicurandosi inoltre che abbia mangiato e assunto tutte le medicine. Il compito dell’odontoiatra è riconoscere immediatamente la complicanza classica come la crisi ipo- glicemica, che normalmente si verifica quando il paziente nonhafattocolazioneohasovradosatol’insulina.Talecom- plicanza si manifesta con ansia, irritabilità, cute pallida e sudata, tachicardia fino alla perdita della coscienza: il que- sti casi la gestione consiste nel somministrare rapidamente una soluzione glucosata o in alternativa acqua e zucchero. La profilassi antibiotica nel paziente diabetico non viene eseguitadiprassi,maènecessariovalutarnel’esigenzavolta per volta: è indicata soprattutto in caso di interventi chi- rurgici complessi in pazienti con scarso controllo glicemico e diabete scompensato oppure in presenza di foci infettivi nella regione da operare (ascessi, granulomi, parodontiti). Lo stato di compenso è utile non solo a definire il rischio intraoperatorio, ma soprattutto quello postoperatorio legato al deficit di guarigione delle ferite dovuto alla ridotta fun- zionalità dei linfociti polimorfonucleati, ad anomalie nel metabolismo del collagene e alla formazione dei prodotti finali della glicazione - AGE (Advanced Glycation End pro- ducts) - che colpiscono la stabilità del collagene e l’integrità vascolare con la formazione di un coagulo che rallenta nel- la sua evoluzione verso un tessuto di granulazione e infine un tessuto osseo e molle ben differenziato. Per prevedere e gestire correttamente i pazienti diabetici che presentano un deficit di guarigione bisogna analizzare i livelli di emoglo- bina glicata (HbA1c) e la presenza di complicanze renali, oculari e della neuropatia periferica. In presenza in anam- nesi di complicanze ascrivibili al diabete e con valori di HbA1c >8 definiremmo un paziente come “scompensato” e pertanto si dovranno attuare delle manovre invasive con tecniche di chirurgia delicata, attuando una buona emosta- si e monitorando con una maggiore frequenza l’andamento della guarigione per intercettare precocemente le compli- canze.Questotipodipazientisonodaindirizzarepressouna struttura ospedaliera, mentre per gli altri la cura ambula- torialepuòconsiderasisicurasecorrettamenteprogramma- ta. È importante inoltre ricordare che nei pazienti affetti da diabete è stata dimostrata una maggior suscettibilità alla malattia parodontale e alle infezioni principalmente micotiche. Da recenti studi condotti presso la nostra strut- turaèstatodimostratocheunabuonasaluteoraleinfluenza positivamente la condizione di salute generale nei pazienti diabetici, e anche per questo motivo risulta fondamentale offrire una buona assistenza presso gli Studi privati basati sull’igiene professionale e follow-up periodici a tali pazienti senza aver paura di incorrere in complicanze gravi. Figg. 4, 5 - Il paziente diabetico è maggiormente esposto alla malattia parodontale per cui è necessaria un’adeguata motivazione all’igiene orale ed eseguire un programma di follow-up ogni 4 mesi: come si osserva nelle foto, nonostante la buona compliance del paziente dopo la detartrasi, già al controllo a 4 mesi si iniziano a vedere nuovi accumuli di placca e di infiammazione gengivale tipici di questa patologia. Figg. 1-3 - Il paziente diabetico, se ben compensato, reagisce alle procedure odontoiatriche in modo simile al paziente normoglicemico. Quando subentra uno scompenso esso induce una serie di alterazioni quali la riduzione del volume capillare, conta di polimorfonucleati e fibroblasti ridotta, sintesi e maturazione di collagene limitata, tendenza all’aumento di edema ed ha una minore neoangiogenesi nel sito di guarigione. Questi fattori, oltre a rallentare i processi riparativi, determinano un indebolimento di resistenza alle infezioni che porta a un rischio elevato di sovrainfezione postchirurgica delle ferite.